2019-07-04
I migranti usati come arma politica. Strage in Libia per colpire Salvini
Il colonnello Khalifa Haftar bombarda un centro di detenzione alle porte della capitale, facendo oltre 40 vittime. È un messaggio al vicepremier e all'Italia: non appoggiate il governo Serraj o aggraviamo la crisi dei barconi.Da molto tempo i leader della Cirenaica, guidata dal colonnello Khalifa Haftar, cercano di avviare un contatto con il vicepremier leghista, Matteo Salvini. L'ultimo tentativo di approccio è arrivato addirittura dal generale Al Madani Al Fakhri, responsabile della Military investment authority. Non è andato in porto. Il leader leghista probabilmente ha ritenuto di non aprire un dialogo con Benghazi. A differenza di quanto accaduto lo scorso inverno quando prese un aereo dell'Eni e volò fino in Egitto per incontrare Abdel Fattah Al Sisi. All'epoca l'idea poteva essere quella di aprire un canale (i servizi sono sempre stati contrari) verso Haftar ma sempre utilizzando la finestra egiziana. Nel primo semestre del 2019 sono successe tante cose. Soprattutto Benghazi ha avviato una campagna militare sostenuta da Arabia Saudita, Francia ed Emirati, senza però sfondare e conquistare Tripoli. Anzi nelle ultime settimane la spinta anti Al Serraj si è affievolita e Haftar almeno psicologicamente è passato in fase calante. Così mentre il suo entourage aspettava una risposta dalla Lega, ha appreso dai giornali che il leader del Carroccio incontrava a Roma il capo del governo di Tripoli, Fayez Al Serraj. Il faccia a faccia è un seguito dell'incontro del 26 giugno scorso a Roma tra Salvini e il ministro dell'Interno del governo di accordo nazionale di Tripoli, Fathi Bashagha, concentrato sui temi dell'immigrazione. Al Serraj martedì ha chiesto al nostro Paese un intervento risoluto per arrivare alla pace in Libia. Sul tavolo anche altri argomenti che legano strettamente Libia e Italia: durante l'incontro i due politici hanno fatto il punto su immigrazione ma anche su energia e temi economici. Da parte di Salvini la promessa di impegno del nostro Paese, lieto del ruolo centrale dell'Italia che si conferma un interlocutore serio. A quanto si apprende Serraj non ha invece mancato di criticare le strategie messe in atto nella regione da altri Paesi, a partire dalla Francia. A Benghazi non devono averla presa bene. E una coincidenza ha portato a un fatto sconcertante. Le truppe di Haftar hanno bombardato martedì notte un centro di detenzione per migranti alla periferia della capitale libica. I morti sono oltre 40. Una carneficina condannata da tutti i governi, a partire da quello di Londra e a finire con l'Onu. In tutta risposta anche Salvini ha stigmatizzato l'accaduto. «Spero che la comunità internazionale si svegli. La responsabilità è di Haftar, è un atto criminale. Mi auguro che non ci sia più nessuno, e non cito i francesi, che per interesse economico e commerciale sostiene qualcuno che bombarda obiettivi civili. Se la comunità internazionale non interviene adesso, a sostegno di un governo legittimamente riconosciuto dall'Onu, mi domando che cos'altro bisogna aspettare», ha concluso il titolare del Viminale. A stretto giro di posta è intervenuto il portavoce del governo di Benghazi, che ha ammesso il ruolo nel raid e semplicemente si è scusato sostenendo di aver scambiato i migranti per mercenari. Insomma, un errore involontario. Che non risolve in alcun modo la questione. Perché le bombe di martedì notte non solo hanno ammazzato persone innocenti, ma hanno avviato un percorso di revisione molto pericoloso per la linea politica di Salvini. Se bombardano i migranti, la Libia non è più un porto sicuro. E se così fosse anche la Lega dovrebbe rivedere una buona quota del Decreto sicurezza bis sul quale ha impostato la campagna elettorale. Basta leggere con la cartina al tornasole le dichiarazioni dei 5 stelle, nemmeno quelle del Pd. «La carneficina di migranti nel centro di detenzione è la tragica dimostrazione che la Libia in guerra non può essere considerata un porto sicuro, finché i migranti rinchiusi in queste strutture non verranno trasferiti in luoghi sicuri al riparo dai combattimenti e sotto la tutela delle Nazioni unite», hanno dichiarato i senatori M5s della commissione Affari esteri. «Onu e Ue si attivino subito per evacuare le migliaia di migranti intrappolati nei centri in zona di guerra e ricollocarli in aree tranquille della Libia, in strutture idonee gestite dall'Unhcr da cui far partire corridoi umanitari non solo verso l'Europa, tutta l'Europa, ma anche verso tutti i Paesi sicuri della regione, a partire da quelli che oggi soffiano sul fuoco del conflitto libico come Emirati Arabi Uniti, Egitto e Arabia Saudita che sostengono militarmente Haftar, ma anche Turchia e Qatar che sostengono Serraj». Paesi sui quali, proseguono i senatori M5s, «Onu e Ue devono esercitare forti pressioni diplomatiche per interrompere questa guerra». Al di là dell'ingenuità diplomatica, la nota grillina spiega benissimo due cose. Prima, Haftar ha bombardato Salvini e l'ha colpito dove può fare veramente male alla Lega e soprattutto all'Italia. Seconda, i migranti vengono usati come una leva politica e la sinistra così come i grillini che assecondano i fini libici si prestano al medesimo gioco. Non è più ammissibile assistere alla debolezza dell'Ue e della sinistra. Il bombardamento di ieri anche se fosse casuale svela il gioco vero. Chi non apre gli occhi e non vuole bloccare i porti ne è partecipe.
Il segretario agli interni britannico Shabana Mahmood (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 18 novembre 2025. Il nostro Maurizio Caverzan commenta la morte delle gemelle Kessler e ci riporta ai tempi della tv di quegli anni.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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