2020-01-22
I metodi misteriosi del facilitatore che imbarazza Bonaccini e il Pd
Mirco Ragazzi, indagato per tentata concussione, è stato pedinato dalla Finanza: incontrava il capo di gabinetto del sindaco di Rimini sotto l'acqua, evitando le microspie. Il candidato dem non dà chiarimenti. L'udienza preliminare era già slittata due volte. E anche la terza udienza, fissata per ieri, è saltata. Il giudice che avrebbe dovuto presiederla è in aspettativa e non è ancora stato nominato un sostituto. Bisognerà attendere il 7 aprile per capire se i 18 indagati accusati di aver aggiustato alcune gare d'appalto tra Rimini e Bologna andranno alla sbarra oppure no. Anche se ieri tutto lasciava immaginare che l'udienza si sarebbe tenuta. Sul banchetto del pubblico ministero c'era il corposo fascicolo con gli atti d'accusa (l'inchiesta è stata innescata da un esposto dell'avvocato ed ex assessore del Pd Roberto Biagini). Dove è descritto il metodo di Mirco Ragazzi, la presunta cinghia di trasmissione tra la politica e l'imprenditoria. Oggi Ragazzi, accusato di induzione illecita, tentata concussione, falso ideologico e materiale, è irrintracciabile ma in passato, spavaldo, andava in giro dicendo di essere molto vicino all'attuale governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. Avrà anche millantato ma a Rimini, dove aveva insediato una delle sue basi operative, aveva detto a tutti che delle apparizioni pubbliche di Bonaccini si sarebbe occupato lui e c'è chi lo ricorda a fianco del presidente sul palco di un comizio riminese. Anche ieri né il candidato presidente Bonaccini, né il suo portavoce Stefano Aurighi hanno voluto parlare alla Verità di quei presunti rapporti. Un silenzio che potrebbe tradire imbarazzo. «Il mondo politico e i suoi esponenti più rappresentativi preferiscono sfuggire alle domande», tuonano dal Comitato liberazione Emilia Romagna, quello che sostiene la candidatura della leghista Lucia Borgonzoni, pretendendo «una posizione chiara da Bonaccini, dai suoi assessori e consiglieri e dal Comune di Rimini». tentativiNoi abbiamo provato a sfondare il muro di gomma, stazionando per giorni sotto l'abitazione di Ragazzi, a Modena, e sopportando un crescendo di provocazioni e aspra ostilità. Dalla subdola richiesta di denaro («quanti soldi mi dai?») per ottenere informazioni su di lui, fino alle minacce: «Ti voglio dare un consiglio: vai via», ci dice uno dei vicini del faccendiere modenese, «perché qui nel palazzo sono tutti molto incazzati». Poi, dopo aver parcheggiato la sua station wagon blu, l'affondo minatorio: «Sai come si dice dalle mie parti, chi si fa l'affari sua torna sano a casa sua». Su una cosa non ci sono dubbi, questo signore deve voler un gran bene a Ragazzi. Il «facilitatore» vive nella periferia meridionale della città emiliana, a due passi dal vasto parco urbano Amendola. Risiede in una palazzina con intonaco e mattoncini in vista. Abbiamo suonato al citofono più volte. Ma non ha risposto nessuno. Nell'edificio, con Mirco, risiedono anche la moglie Rosalba De Marco, cinquantaquattrenne funzionaria dell'Inps, originaria di Trebisacce (Cosenza) e i tre figli della coppia. La primogenita, Martina, è una saltatrice in lungo, appassionata di atletica come il padre Mirco. Come testimonia l'unica foto rintracciabile. In questa rara immagine indossa un paio di bermuda, maglietta bianca e tiene in mano il suo cellulare, mentre si trova nella pista di atletica dell'associazione sportiva La Fratellanza 1874. vicinatoNel bar vicino a casa una dipendente ha un ricordo vago di Ragazzi: «Mirco non lo vedo da almeno un anno. Forse farà colazione da un'altra parte». I pochi che hanno voglia di parlare lo descrivono come «un tipo molto discreto». Tanto da non lasciare tracce quasi neanche sul posto di lavoro (dove l'abbiamo cercato a più riprese). La sua Mi.ro consulting srl ha sede nell'area industriale di Modena, in una struttura moderna, con grandi vetrate e tre colori predominanti: grigio, marrone e rosso. Impossibile non notare la differenza con i capannoni circostanti. Gli uffici si trovano al secondo piano, dove, alle proprie scrivanie, lavora una mezza dozzina di dipendenti. All'ingresso c'è un desk e qualche metro più avanti due stanze, forse riservate ai vertici della società di consulenza. La giovane addetta alla segreteria ci dice: «Il signor Ragazzi è fuori Modena e lo sarà per tutta la settimana». Chiediamo di incontrare l'amministratore Roberto Morini, 57 anni, ravennate trapiantato a Medolla (Modena), ma anche lui preferisce non rispondere.incroci Le vicende imprenditoriali di Morini e Ragazzi si incrociano nella società di consulenza Mi.ro, di cui controllano, metà ciascuno, il 100% delle quote. Nel palazzo dove ha la sede questa società si trova anche una cassetta delle lettere di Acea costruzioni spa, di cui Morini è procuratore speciale. In passato l'inafferrabile Ragazzi qualche traccia in giro l'ha lasciata, come dimostrano gli accertamenti della guardia di finanza. Gli investigatori, durante le indagini, hanno piazzato sotto la Mercedes Ml e sotto il Suzuki Burgman di Ragazzi dei localizzatori Gps, così da conoscere ogni suo spostamento e fotografare in presa diretta un incontro ritenuto importante, quello con Sergio Funelli, ex capo di gabinetto del sindaco di Rimini, indagato insieme con Ragazzi. Funelli, il 6 ottobre 2015, aveva mandato questo sms al sodale: «Venerdì mattina ore 9.00 avrei piacere di fare colazione con te a Cattolica. Di qui a quella volta max silenzio». I due sono cauti. Si incontrano in una giornata piovosa. E «nonostante le avverse condizioni meteorologiche», annotano gli investigatori, non si fermano a parlare in auto, dove ci sono già le microspie. Ragazzi prende un ombrello e, sotto la pioggia, passeggia con l'amico per circa un'ora «per appartarsi in un luogo in cui essere certo di non essere né visto né udito da persone che possano aver contezza che fra di loro ci siano accordi di cointeresse privato» scrivono ancora le Fiamme gialle. La foto in bianco e nero dei due con l'ombrello in mano finisce allegata al fascicolo. Una delle rare immagini del compagno R., che con in suo ostinato silenzio, ricorda il mitico compagno G., quel Primo Greganti che durante Tangentopoli andò in carcere senza mai parlare con i magistrati.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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