
A parte Piero Novelli, finora Euronext ha nominato manager francesi vicini all'Eliseo. Piazza Affari rischia sempre più di subire l'influenza di Parigi. Interrogazione di Adolfo Urso.Non ci sono solo i faldoni Alitalia e Aspi sul tavolo del nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi. Mentre sta per entrare nel vivo l'istruttoria di Consob e Banca d'Italia, a Palazzo Chigi si lavora anche un dossier delicato da punto di vista diplomatico e strategico, cioè quello sulla cessione di Borsa italiana dal London stock exchange al gruppo francolandese Euronext. A occuparsene sarebbero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e il consigliere economico Francesco Giavazzi. La questione è stata proprio ieri oggetto di una mozione di Fratelli D'Italia, firmata dal vicepresidente del Copasir Adolfo Urso, dove si chiede al nuovo esecutivo di «preservare la sovranità economica e la stabilità finanziaria dell'Italia, dei nostri titoli pubblici e la sicurezza degli asset strategici e dei risparmi degli italiani» investiti sui mercati o gestiti da Cdp sotto forma di risparmio postale. Il destino di Borsa italiana (il 40% di Euronext in termini di fatturato e di margini) ruota intorno alla governance: l'obiettivo è che tutto sia chiarito prima dell'approvazione da parte delle autorità di vigilanza.Ma al momento basta guardare lo statuto del mercato azionario francolandese, visibile su Internet, per capire che non ci siano molti margini di manovra per l'Italia. Di documenti scritti sul fatto che il nostro Paese avrà la governance esclusiva di Mts e di Borsa La Verità non ha contezza. Potrebbe essere Cdp in questa tornata a indicare l'amministratore delegato, ma sono solo indiscrezioni. Al momento l'italiano Piero Novelli, banchiere della svizzera Ubs, è entrato nel consiglio di sorveglianza ed è stato designato come futuro presidente, ma il resto delle nomine ha avuto solo matrice transalpina. L'ultima è quella di Nicolas Jégou, che dopo tre anni da consigliere economico del presidente francese Emmanuel Macron diventa il capo di gabinetto di Euronext. A volerlo è stato l'amministratore delegato Stéphane Boujnah, che non meno di due mesi fa aveva promosso anche Anthony Attia direttore dei mercati primari e responsabile dell'integrazione di Borsa italiana. A questo si aggiunge Delphine d'Amarzit, ceo di Euronext Paris, con un'esperienza di governo alle spalle, nel dipartimento del Tesoro francese. Come lei anche Boujnah ha lavorato per Dominique Strauss-Kahn quando era ministro. Tutti fanno parte della famiglia dei socialisti europei, la stessa dell'ex ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che lo sostenne per l'elezione alla presidenza della commissione Ecofin al Parlamento europeo. È stato proprio Gualtieri ad avvallare l'operazione, non spiegando al Copasir perché non sono state prese in considerazione le offerte degli svizzeri di Six o dei tedeschi di Deutsche boerse. La presenza di figure francesi legate al governo transalpino non può passare inosservata in Italia. Nasce da qui la preoccupazione dello stesso Copasir e di chi aveva messo in dubbio la delega sui servizi segreti in mano all'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, uno dei principali sostenitori dell'operazione. Come sottolinea anche Urso nell'interrogazione, a differenza dell'acquisizione della Borsa spagnola dagli svizzeri di Six non ci sono impegni scritti su investimenti e autonomia decisionale della società. Al momento Boujnah ha presentato solo il documento approvato dall'assemblea degli azionisti nel quale si parla di tagli e sinergie a scapito di Piazza Affari. L'assenza di garanzie quindi fa presagire che l'Eliseo punti a rendere Parigi la piazza finanziaria più importante d'Europa. E per riuscirci bisogna prima indebolire l'Italia, come paventa il Copasir. Nel frattempo in Borsa il titolo Euronext il primo ottobre era arrivato a 109 euro e ieri è sceso fino a 83.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





