2023-01-20
I legali della Kaili: «Eva è torturata mentre Panzeri si sta comprando il futuro»
Qatargate, gli avvocati denunciano il trattamento in carcere della greca e la differenza con chi sta negoziando il pentimento.Il segretario di +Europa solo ora ammette di aver incassato il contributo «ideale».Lo speciale contiene due articoliRimarrà in carcere per almeno un altro mese Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento Europeo, arrestata il 9 dicembre scorso nell’ambito del cosiddetto Qataragate. Lo ha deciso ieri Il tribunale di primo grado di Bruxelles che ha respinto la richiesta dei legali dell’europarlamentare greca di concederle i domiciliari col braccialetto elettronico o altre misure alternative. Al termine dell’udienza, l’avvocato Michalis Dimitrakopoulos, che difende in Belgio la Kaili, aveva evidenziato con la stampa che in caso di conferma della detenzione della sua assistita, probabilmente la donna non avrebbe potuto vedere la sua bambina di due anni «fino a febbraio», dopo averla vista finora solo due volte in carcere. Una situazione che secondo il difensore della Kaili scaturirebbe da una sorta di limbo normativo: «In Belgio la sola regola che permette ufficialmente di vedere i propri figli, quando si è in prigione, riguarda i condannati, non chi è in detenzione preventiva. Dunque qui siamo davanti a una situazione non organizzata». Secondo quanto detto da Dimitrakopoulos, ai giornalisti assiepati fuori dal Tribunale della capitale belga, la Kaili sarebbe stata sottoposta in stato di detenzione preventiva a «torture», degne del «Medioevo». Le parole dell’avvocato, tutte da dimostrare e che potrebbero essere parte di una strategia difensiva molto aggressiva hanno pochi precedenti in un paese dell’Unione europea: «Da mercoledì 11 gennaio a venerdì 13 gennaio è stata in isolamento, su ordine del giudice istruttore, Michel Claise. Per 16 ore è stata in una cella di Polizia, non in prigione, al freddo». Per poi aggiungere che alla Kaili «sono stati rifiutati» altri indumenti, «le hanno preso il giubbotto. Questa è tortura. La luce è stata accesa in continuazione, e non ha potuto dormire». «Questa è tortura», ribadisce ancora il legale della donna. Alla quale sarebbe stata negata perfino l’igiene intima: «Era indisposta, con un abbondante sanguinamento, senza potersi lavare. Questa è tortura». Secondo Dimitrakopoulos «questi atti violano la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, questi anni purtroppo sono il Medioevo». L’altro legale della Kaili, Andrè Risopoulos non è stato da meno del collega: «Per il momento la difesa non ha altra pista che dire che le autorità giudiziarie hanno trovato che l’isolamento fosse un buon modo per evitare non so che cosa, mentre Panzeri stava negoziando la sua procedura di pentimento. Non ho altri elementi che il fatto che vedere questi due eventi svolgersi in parallelo. Me ne sono reso conto in seguito. Se è così, lo trovo piuttosto scioccante». Un accordo che però il legale non contesta: «Il signor Panzeri si sta comprando un futuro. Da avvocato lo capisco perfettamente. Lui ora sa quando finirà il suo periodo di detenzione, sa chi sono le persone che ha deciso di proteggere, probabilmente in primis la sua famiglia». Secondo la versione di Risopoulos nelle sedici ore in cui l’ex vicepresidente del Parlamento europeo è stata isolata in una cella esterna al carcere in una stazione di polizia, nemmeno i suoi difensori hanno potuto essere presenti. Per il difensore della donna andrebbe compreso «l’effetto» che l’accordo siglato con la Procura belga da Panzeri «può avere su Eva Kaili, dal momento che lei ha potuto vedere la sua bambina di 23 mesi due volte in sei settimane, in prigione. Per noi c’è una vera rottura delle misure appropriate in rapporto alla situazione». Alla Kaili non sarebbe stato proposto di fare un accordo come quello sottoscritto dall’ex eurodeputato italiano, che proprio ieri ha fornito tramite il suo avvocato Laurent Kennes la sua versione: «Panzeri non ha mai corrotto per sé stesso, ma per altre persone in Qatar e Marocco che gli hanno chiesto di farlo e hanno organizzato tutto. Non è lui la mente dell’organizzazione. Ne ha approfittato? Certo. Ha agito attivamente? È vero. Ma non è lui il principale attore». I legali della Kaili hanno anche evidenziato che dal «suo primo interrogatorio avvenuto sabato 10 dicembre fino all’ultima audizione all’indomani della notte nella cella» dove è stata isolata di recente, la donna avrebbe «sempre risposto in modo specifico e completo alle domande che le sono state poste». Ricordiamo che l’eurodeputata greca era stata arrestata dopo che, a seguito del fermo del compagno Francesco Giorgi (ex assistente di Panzeri), aveva precipitosamente affidato al padre un trolley contenente circa 600.000 euro. L’uno era poi stato fermato dagli investigatori della Polizia belga nei pressi di un albergo di Bruxelles. Il ritrovamento dei soldi, considerato una flagranza di reato, aveva permesso agli inquirenti di perquisire la casa dell’eurodeputata anche in presenza dell’immunità. All’interno dell’abitazione erano stati rinvenuti altri 150.000 euro in contanti e per la politica greca erano scattate le manette. Secondo Risopoulos la Kaili «il giorno del suo arresto, ha reagito in uno stato di panico dovuto all’arresto del suo compagno». Dunque nessun tentativo di inquinamento delle prove o peggio ancora di fuga. Ma a questa versione i giudici di Bruxelles continuano a non credere.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-legali-della-kaili-eva-e-torturata-mentre-panzeri-si-sta-comprando-il-futuro-2659282372.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="della-vedova-e-il-regalino-di-soros-320-000-euro-in-cambio-di-nulla" data-post-id="2659282372" data-published-at="1674157405" data-use-pagination="False"> Della Vedova e il regalino di Soros: «320.000 euro in cambio di nulla» Benedetto sia George Soros: dopo settimane di mezze smentite, ammissioni vaghe, giri di parole, il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova, deputato, ammette finalmente di aver ricevuto la bellezza di 312.000 euro dal miliardario George Soros, figura assai discussa nel panorama politico internazionale. «Ha ricevuto davvero 312.000 euro da Soros?», chiede il Corriere della Sera a Della Vedova, che risponde finalmente in maniera chiara: «Certo. Non c’è nulla di nuovo e nulla di strano». Ad accendere i riflettori su un contributo di un milione e mezzo di euro a +Europa da parte di Soros era stato Carlo Calenda, al momento della rottura con il partitino di Della Vedova, che restò alleato col Pd alle elezioni dello scorso 25 settembre, mentre Azione costituì il Terzo polo con Italia viva presentandosi in solitudine. Calenda, intervistato da Bruno Vespa nel libro La grande tempesta rivelò che Soros aveva sovvenzionato con un milione e mezzo la lista di +Europa, e che tale contributo era alla base delle scelte politiche di Della Vedova. «Dico a Letta», affermò Calenda, «che non può firmare due patti contraddittori (con Azione e con Verdi/Sinistra italiana), salta l’agenda Draghi, diventa un Letta contro Meloni. Vedo che Della Vedova è totalmente schierato con il Pd. D’altra parte ne conosco le ragioni, non ultima quella che il finanziere George Soros ha sovvenzionato con un milione e mezzo di euro +Europa ponendo come condizione imprescindibile che si facesse un listone antifascista. Me lo disse ripetutamente Della Vedova prima della rottura». Appena la notizia diventò pubblica, Della Vedova fece il vago: «Alcuni candidati di +Europa hanno ricevuto un contributo diretto da parte di Soros», disse Benedetto, «per le spese della campagna elettorale. Il filantropo di origini ungheresi da tempo condivide e sostiene i nostri valori europeisti e le nostre battaglie per i diritti umani e lo Stato di diritto». Parlava di sé in terza persona, Della Vedova, visto che tra gli «alcuni candidati» c’era pure lui. «Sono tanti 312.000 euro,» sottolinea il Corriere, solo a lei così tanti?». «Agli altri sono andate cifre equivalenti», risponde Della Vedova, «io, comunque, ero candidato in cinque circoscrizioni». Ha rapporti personali con Soros? «Certo, l’ho incontrato più volte». Soros si aspettava qualcosa in cambio dei soldi? «No, non ci ha mai chiesto nulla. Il suo è un contributo ideale. Sono note le sue battaglie», dice ancora Della Vedova, «che sono le nostre. Ha deciso di spendere la parte finale della sua vita dando contributi a forze che combattono per le sue idee, dall’immigrazione all’antiproibizionismo, alla democrazia». Fa sorridere la risposta di Della Vedova a un’altra osservazione del Corriere. Quando Della Vedova parla di «un contributo elettorale come tanti, pubblico, noto e ipertracciato», gli viene fatto notare che la Camera riporta soltanto la cifra e non il nome dei contribuenti. «E questo», risponde Della Vedova, «mi fa arrabbiare. Già da qualche anno la Camera sbianchetta i nomi. Non so perché e non è colpa nostra. Non c’è nulla di segreto. Qualunque giornalista può fare l’accesso ai dati». Bene, anzi molto male: perché allora, se la elargizione di Soros non lo ha mai imbarazzato, al momento dell’uscita del libro di Vespa, Della Vedova non ha ammesso chiaramente di aver ricevuto personalmente il denaro? Domanda destinata a restare senza risposta, come del resto tantissimi altri interrogativi che circondano la figura di George Soros.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo