2022-06-17
I leader spingono per le trattative. Ma resta il rebus della Casa Bianca
La visita in Ucraina per promuovere tavoli di pace. L’inquilino di Chigi: «Il mondo ora vuole diplomazia». Pure gli Usa confermano iniziative per avviare un dialogo. L’atteggiamento di Joe Biden però è ancora ambiguo.Sostegno e solidarietà all’Ucraina: è questo quanto garantito ieri da Mario Draghi, Olaf Scholz ed Emmanuel Macron nel loro viaggio a Kiev. Non è tuttavia detto che si registri una completa unità di vedute tra Volodymyr Zelensky e i leader dell’asse italo-franco-tedesco. Un asse che punta da tempo al rilancio di una linea trattativista non poi così gradita ai vertici del governo ucraino. Non a caso, si erano registrati dei malumori poche ore prima dell’arrivo dei tre leader a Kiev. «Temo che nella loro imminente visita a Kiev, Draghi, Scholz e Macron premano perché il Paese accetti un cessate il fuoco, temo che cercheranno di raggiungere una sorta di Minsk 3», aveva detto il consigliere presidenziale ucraino, Oleskiy Arestovych. È probabilmente anche per questo che ieri i tre leader hanno cercato di muoversi con circospezione. Draghi ha ribadito che «qualsiasi soluzione diplomatica non può prescindere dalla volontà di Kiev», mentre - secondo Cnn - Macron sarebbe favorevole al pieno ripristino dell’integrità territoriale ucraina, compresa la Crimea. Il presidente francese ha tra l’altro promesso l’invio di altri sei obici Caesar. Resta tuttavia il fatto che i tre hanno parlato soprattutto di un sostegno di tipo politico all’Ucraina, aprendo in particolare al suo ingresso nell’Unione europea. Un elemento con cui il terzetto spera probabilmente di spingere Kiev verso un rilancio dei negoziati diplomatici. Pur dicendosi grato per la visita, Zelensky è parso su una lunghezza d’onda differente. Innanzitutto ha focalizzato la propria attenzione sulle armi. «Ci serve aiuto. Ogni arma è una vita umana salvata. Ogni proroga aumenta la possibilità per i russi di uccidere ucraini e distruggere le nostre città», ha detto il presidente ucraino, aggiungendo di aspettarsi sistemi di difesa antiaerea da Berlino. In secondo luogo, Zelensky si è mostrato scettico su un rilancio dei negoziati, affermando: «La Russia non vuole negoziare la pace, non vuole la pace. Il suo scopo è rovinare l’Ucraina e l’intera Europa». «Non è possibile venire a patti con i russi. Sono venuti qui per distruggere tutto», ha aggiunto il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak. Il ministro della Difesa di Kiev, Oleksiy Reznikov, ha inoltre escluso una ripresa delle trattative, se i russi non abbandoneranno prima i territori occupati dopo il 24 febbraio. Che la strada della diplomazia sia in salita è stato riconosciuto dallo stesso Draghi. «La condizione che gli ucraini pongono oggi è l’integrità territoriale. È la premessa per iniziare i negoziati di pace da parte ucraina. Al momento non si vedono margini, ma c’è un atteggiamento che è cambiato molto nelle ultime settimane degli altri Paesi che li devono aiutare a trovare la pace. C’è un’iniziativa diplomatica mondiale che non c’era un mese fa», ha detto il nostro premier, che è intervenuto anche sulla questione delle armi. «Oggi non ci sono state richieste da Zelensky di nuove armi. Ha descritto la situazione com’è: una situazione che sta diventando critica, perché le armi sovietiche stanno finendo le munizioni e le nuove armi necessitano di addestramento», ha detto.Va anche tenuto presente che l’altro ieri il leader ucraino aveva fatto sapere di aver avuto un nuovo colloquio con Boris Johnson. Ora, il premier britannico porta notoriamente avanti una posizione molto più battagliera di Francia, Italia e Germania sul dossier ucraino: una posizione maggiormente gradita a Zelensky, il quale ha sempre mostrato una significativa intesa con l’inquilino di Downing Street. D’altronde, ragionano probabilmente a Kiev, l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue - che pure è fortemente auspicato dal governo ucraino - si configura come una prospettiva di incerta realizzazione. I 27 Stati europei sono infatti divisi sull’opportunità di conferire all’Ucraina lo status di candidato: una situazione difficile, ammessa ieri anche da Draghi. «Ci sono tanti altri Paesi con idee diverse, lo vedremo al prossimo Consiglio», ha detto. Insomma, la linea trattativista di Draghi, Macron e Scholz continua a differenziarsi da quella del Regno Unito. Tutto questo, mentre la posizione statunitense resta ondivaga. È vero: Joe Biden ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari dal valore di un miliardo di dollari. Tuttavia parte di questi armamenti potrebbe non arrivare agli ucraini prima di alcune settimane. Non dimentichiamo poi le recenti scintille tra Zelensky e lo stesso Biden sugli avvertimenti dell’intelligence americana prima dell’invasione russa. Tra l’altro, Nbc News ha rivelato che, lo scorso aprile, il presidente statunitense avrebbe esortato i vertici del Pentagono e del Dipartimento di Stato ad abbassare i toni, dopo che questi ultimi avevano auspicato un indebolimento della Russia. Infine, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, ha reso noto ieri che Washington è in trattative con Kiev in vista della negoziazione di un eventuale accordo con Mosca. L’amministrazione Biden sembra dunque mantenere una posizione oscillante tra la linea proattiva di Londra e quella trattativista di Roma, Parigi e Berlino. In attesa di capire come si svilupperanno gli equilibri all’interno della Nato, è possibile che Draghi, Macron e Scholz abbiano affrontato anche ulteriori questioni nel corso del loro viaggio in treno verso Kiev. Può darsi sia emerso lo spinoso tema di un tetto del gas, oltre all’eventualità che i Paesi dell’Europa orientale possano spingere per un settimo pacchetto di sanzioni proprio sull’import del gas russo: uno scenario che, almeno al momento, Italia e Germania farebbero fatica a sostenere.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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