
Il Sì all'opera è figlio di un voto in Parlamento, che quindi deve avere l'ultima parola anche sulla marcia indietro. Giuseppe Conte conferma: «Decisione politica tra poche settimane». Sulla carta, il centrodestra ha i numeri per fare proseguire gli scavi: ma sarebbe crisi.Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere. Un mare, anzi un tunnel lungo 57 chilometri, di chiacchiere. Per bloccare i lavori di realizzazione della Tav non basta un'analisi costi-benefici, non ne bastano dieci, e non basterebbe neanche un accordo nel governo: per bloccare tutto e «richiudere il buco» ci vorrebbe il sì del Parlamento, così come è stato il Parlamento a dare il via libera definitivo alla Torino-Lione. L'accordo bilaterale internazionale firmato da Francia e Italia, infatti, è stato ratificato dal Senato e dalla Camera dei deputati, che hanno approvato una apposita legge, promulgata poi dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, il 5 gennaio 2017: «Ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione». Due settimane prima, il 20 dicembre 2016, dopo l'ok del Senato, anche la Camera aveva approvato il relativo ddl, con 285 voti favorevoli, 103 contrari e tre astenuti. A favore avevano votato Pd, Forza Italia, Ap-Ncd, Lega Nord, Civici e Innovatori, Ala-Scelta Civica, Democrazia Solidale-Cd, Fdi. Avevano votato contro il M5s, Sinistra Italiana-Sel e Alternativa Libera. «Noi ci opporremo in ogni modo, ma la maggioranza ha i numeri», si rammaricava l'allora vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio.Dunque, se si vuole annullare tutto, ci vuole una legge, e soprattutto ci vogliono i numeri per approvarla. Si tratta di una scelta politica, non tecnica: l'analisi costi-benefici serve solo e soltanto a dare una indicazione, e in questi lunghi anni di dibattito sulla Tav ne sono state prodotte più di dieci. Ci sarebbero i numeri in parlamento per stoppare la Tav? No, non ci sarebbero: il centrodestra voterebbe compatto a favore dell'opera, e lo stesso farebbe probabilmente anche il Pd. Contro potrebbero schierarsi il M5s e Leu. I senatori del M5s sono 107 su un totale di 318; alla Camera, i pentastellati sono 220 su 628. Nella situazione attuale, basterebbe anche solo un ordine del giorno di un rigo per mandare per aria la maggioranza, visto che i due contraenti del contratto di governo, Lega e M5s, voterebbero in maniera diversa.Lo sanno bene le opposizioni, che ieri hanno tentato il colpo di mano, proponendo l'inversione dell'ordine del giorno dei lavori della Camera con l'esame immediato delle mozioni sulla Tav. La proposta è stata bocciata, con il voto contrario di Lega e M5s. Prima o poi, però, se l'opera dovrà essere bloccata, in Aula si dovrà andare e ci si dovrà contare, e se non si trova un accordo politico tra Lega e M5s saranno dolori: la strada maestra resta quella di un'intesa sulla Tav «low cost», il progetto ridotto nei costi e nell'impatto ambientale che potrebbe rappresentare il punto di equilibrio tra i favorevoli e i contrari. Il progetto prevede il drastico ridimensionamento della mega stazione di Susa, (risparmio previsto circa 200 milioni di euro) e l'eliminazione o il rinvio a data da destinarsi della realizzazione della tratta nazionale, che da Bussoleno va verso Torino con una galleria che attraversa la collina morenica (risparmio previsto 1,4 miliardi di euro).Un punto fermo, a conferma della necessità di un passaggio politico, è arrivata in serata dal premier Giuseppe Conte: «A settimane arriverà una decisione e sarà politica, senza preconcetti». Tornando al dibattito, la giornata di ieri è stata caratterizzata dalla audizione alla commissione Trasporti della Camera del professor Marco Ponti, che ha guidato la commissione che ha redatto lo studio che ha bocciato l'opera. Accusato di essere pregiudizialmente contrario alla Tav, Ponti ha replicato che «nel parere dell'analisi costi-benefici sulla Tav non c'è stato alcun atteggiamento ideologico. La neutralità del gruppo di lavoro è come quella di un medico che vede il quadro clinico di un paziente con radiografie e analisi e lo vede molto ammalato. Se il medico è coscienzioso», ha precisato Ponti, «allora risponde che il paziente è molto ammalato». Sulla vicenda ieri è intervenuto anche il commissario europeo ai Trasporti, Violeta Bulc: «Stiamo analizzando il parere ricevuto la scorsa settimana», ha detto il portavoce della Bulc, «e chiederemo alcuni chiarimenti alle autorità italiane. Non c'è una scadenza fissata sullo stop ai fondi Ue ma certo più passa il tempo e accumuliamo ritardi, più i rischi aumentano». Per fortuna del governo, il check-up dei progetti Ue prioritari è previsto a giugno, dopo le elezioni europee.Ieri il vicepremier Matteo Salvini, interrogato dai cronisti sull'argomento, ha preferito sorvolare: «Riesco ad occuparmi di un problema alla volta», ha detto Salvini, «e quindi ho in testa il problema della Sardegna e i pastori sardi. A quello sto lavorando. Poi da dopodomani mi occuperò del resto». Ha parlato, invece, Gian Marco Centinaio, ministro leghista dell'Agricoltura e del Turismo, in visita a Mosca. «Nel contratto di governo», ha detto Centinaio, «non c'è scritto no alla Tav, e visto che spesso, quando apro bocca, mi trovo un deputato, o della Lega o del M5s, che alza subito la bandierina del contratto di governo, oggi la bandierina la alzo io. Mi attengo a quel contratto e in caso contrario, se non va più bene, non è attuale, ci si siede al tavolo», ha aggiunto Centinaio, «si ragiona e si scrive che la Tav non è indispensabile». «La Tav Torino-Lione», hanno invece ribadito i parlamentari M5s in commissione Trasporti della Camera, «non può essere una priorità per il nostro paese. I costi superano di gran lunga i benefici e pertanto l'opera non deve essere realizzata».
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.
Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?
Ansa
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.
Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.
Getty Images
Dopo il Ponte tocca ai Giochi. Per il gip sarebbe «incostituzionale» il decreto con cui il governo ha reso «ente di diritto privato» la Fondazione Milano-Cortina. Palla alla Consulta. Si rifà viva la Corte dei Conti: la legge sugli affitti brevi favorirà il sommerso.
Da luglio la decisione sembrava bloccata nei cassetti del tribunale. Poi, due giorni dopo l’articolo della Verità che segnalava la paralisi, qualcosa si è sbloccato. E così il giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha accolto la richiesta della Procura di Milano e ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale il decreto legge del governo Meloni che, nell’estate 2024, aveva qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come «ente di diritto privato». La norma era stata pensata per mettere la macchina olimpica al riparo da inchieste e blocchi amministrativi, ma ora finisce sotto la lente della Consulta per possibile incostituzionalità.
Il ministro della giustizia libico Halima Abdel Rahman (Getty Images)
Il ministro della giustizia libico, Halima Abdel Rahman, alla «Verità»: «L’arresto del generale dimostra che il tempo dei gruppi armati fuori controllo è finito e che anche la Rada deve sottostare al governo di Tripoli». Pd e M5s attaccano ancora l’esecutivo. Conte: «Italia umiliata».
Il caso di Osama Almasri Anjim, arrestato e rinviato a giudizio delle autorità libiche ha scatenato una dura polemica politica fra governo e opposizione. L’ex capo di una delle più potenti milizie di Tripoli a gennaio scorso era stato rimpatriato con un volo di Stato dopo essere stato arrestato in esecuzione di un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Il governo aveva motivato il suo allontanamento con la pericolosità del soggetto, che era stato accolto a Tripoli da centinaia dei suoi fedelissimi con bandiere e scariche di kalashnikov.






