2021-01-31
I frondisti m5s possono fare scherzi ma il richiamo del mutuo resta forte
Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista (Ansa)
Grillini spaccati e in fuga dai talk show per l'imbarazzo. L'ala guidata da Dibba resta con un piede dentro e uno fuori, sapendo di poter essere letale al Senato. L'unica corrente che gode è quella dell'esploratore.Il leader leghista e la Giorgia Meloni ricordano agli alleati di diffidare delle sirene sull'unità nazionale. Giorgio Mulè: «Il governo fotocopia non ce la farà». Mara Carfagna rilancia Mario Draghi.Lo speciale contiene due articoli.«Le tre m», sussurra un grillino spiritoso, sotto tassativa richiesta di anonimato, per illustrare la tripartizione dei 5 stelle: «Mutuo, matassa e madrassa», sorride. Quelli del «mutuo» sono il corpaccione che costituisce gruppi parlamentari enormi e letteralmente irripetibili, frutto del leggendario 33% delle politiche del 2018: 191 deputati e 92 senatori. La grandissima parte di costoro sa bene che non rivincerà più il biglietto della lotteria che porta a Montecitorio e a Palazzo Madama, un po' per il dimezzamento elettorale del Movimento e un po' per il taglio del numero dei parlamentari. Dunque, moltissimi di questi deputati e senatori hanno un solo obiettivo: prolungare la legislatura fino all'ultimo giorno utile. Ergo, appoggeranno qualunque soluzione venga loro imposta alla fine di questi tre-quattro giorni: preferibilmente un Conte ter, ma, se necessario, anche un'altra opzione. Però c'è anche la dimensione della «matassa», cioè del garbuglio inestricabile, delle variabili difficili da intercettare e da quantificare. Le incognite interne al Movimento sono almeno tre. La prima: se Giuseppe Conte saltasse, sarebbe in grado di indurre al sacrificio, a una missione da kamikaze, alcuni parlamentari, convincendoli a non sostenere altre soluzioni? La seconda: se, nel passaggio dal vecchio al nuovo governo, saltassero, com'è inevitabile, alcuni ministri e sottosegretari grillini, sarebbero capaci di metabolizzare il mal di pancia, oppure riuscirebbero a organizzare una fronda pesante in termini di numeri? La terza: circolano ancora leggende metropolitane su un ridotto ma non irrilevante drappello di senatori grillini ipoteticamente pronti a bussare alle porte del centrodestra: esistono, e, se sì, quanti sono? E infine arriva la «madrassa», sarcastico riferimento alle componenti dei pasdaran, dei duri e puri, dei grillini fondamentalisti vicini alle posizioni di Alessandro Di Battista. Se davvero ci fosse una ricomposizione del Movimento con l'odiatissimo Matteo Renzi, Dibba se ne andrebbe o no? E soprattutto, sarebbe o no in grado di convincere una pattuglia di senatori a sfilarsi? Dibba, l'altra sera, aveva sibilato un minaccioso «arrivederci e grazie», che poi ha un po' sfumato nelle ore successive («Non faccio scissioni e non mi metto a creare correnti», ha corretto). Combattiva anche la postura di Nicola Morra («Incomprensibile riaprire a Renzi, valuterò se restare) e di Barbara Lezzi, quest'ultima desiderosa di far esprimere in qualche modo gli attivisti sul cambio di linea pro Renzi. Attenzione, perché i numeri al Senato restano ballerini, sulla carta: se si sommano i 92 M5s, i 35 del Pd, gli 8 delle Autonomie, i 18 renziani, e 10 del Maie, si arriva a 163, a cui potrebbe aggiungersi alla spicciolata qualche senatore del Misto. Ma se per caso, tra fronde e scissioni, emergessero 8-10 dissensi, i numeri tornerebbero a farsi fragili. Non a caso, e questa è una realtà sfuggita a molti, se si eccettuano gli spazi televisivi blindati (interviste comode, dichiarazioni nei tg), i grillini da quasi tre settimane faticano ad accettare confronti tv insidiosi: segno di un imbarazzo palpabile, di una crescente difficoltà a spiegare ciò che è sempre meno spiegabile. Comunque, ieri alle 16 una folta delegazione grillina guidata da Vito Crimi, e composta dai capigruppo parlamentari e dai loro vice, ha varcato le porte di Montecitorio per incontrare l'esploratore Roberto Fico. Al termine, Crimi ha detto sia cose scontate sia una cosa provocatoria verso i renziani. Scontato, l'endorsement senza subordinate a favore di Conte: «Abbiamo ribadito che la scelta del presidente Conte è per noi indiscutibile». Altrettanto scontata la richiesta di un cronoprogramma: «Abbiamo posto un'esigenza: che si lavori a un cronoprogramma dettagliato che dia un'indicazione certa, un percorso che dovrà essere solennemente e pubblicamente sottoscritto da tutte le forze politiche». Prevedibile anche il richiamo ai mitici tavoli tematici della vecchia maggioranza giallorossa: «Vorremmo partire dall'agenda 2021-2023, quella bozza di lavoro che è il frutto del tavolo avviato dal presidente Conte sulle misure economiche e sociali per il periodo post pandemico: un lavoro che ha visto coinvolte tutte le forze di maggioranza», attività a cui Crimi ha collegato anche le riforme istituzionali («una necessaria cornice di leggi intorno al taglio dei parlamentari»). Infine, l'argomento più sexy per i peones grillini: «Questo governo ha 24 mesi di prospettiva», ha scandito. Poco prima, però, è arrivata la provocazione verso Renzi: «Abbiamo chiesto che siano accantonati alcuni temi provocatori, divisivi, penso alla questione del Mes. Crimi ha parlato di «indiscutibilità»: «Non c'è una maggioranza su questo. Quei temi vengano tolti dall'agenda».E a Renzi, mai citato, i grillini hanno concesso il minimo sindacale dell'apertura: «Abbiamo ribadito che siamo pronti ad affrontare questa sfida con tutte le forze che hanno composto la maggioranza». Poi, gran fuga della delegazione, senza accettare le domande dei giornalisti. Da segnalare infine un certo attivismo dell'ala sinistra del Movimento, quella più vicina a Fico: insofferenza verso i potenziali dissidenti, e nessun problema a siglare un'intesa pure con Italia viva.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-frondisti-m5s-possono-fare-scherzi-ma-il-richiamo-del-mutuo-resta-forte-2650186455.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-allontana-il-fantasma-ursula" data-post-id="2650186455" data-published-at="1612049959" data-use-pagination="False"> Salvini allontana il fantasma Ursula «Cronoprogramma con temi e tempi sottoscritto solennemente e pubblicamente, via argomenti divisivi come il Mes e avanti con Conte». Già prima delle dichiarazioni di M5s e Pd dopo l'incontro con l'esploratore Roberto Fico, il leader della Lega, Matteo Salvini, aveva anticipato il suo commento: «Fico? Pur di non mollare la poltrona, ci riprovano. Altri giorni persi, l'Italia che lavora non ne può più. Vogliamo votare». Il centrodestra resta unito sulla necessità di elezioni per evitare un Conte ter, ovvero «un governo fotocopia» come ha detto Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato, «la maggioranza che ha messo il Paese in ginocchio senza un piano vaccini e con l'economia a rotoli ricomincia esattamente da dove aveva lasciato: dalle liti e dalle divisioni. Davanti all'esploratore Fico va in scena una commedia già vista: no Mes, sì Mes, forse Mes. I 5 stelle parlano di “temi divisivi" e addirittura di “temi provocatori": come se l'emergenza sanitaria fosse un tema provocatorio e divisivo. Insomma, niente di nuovo sotto il sole se non la tragica riproposizione dell'immaturità di una maggioranza che non fa il bene del Paese». Ribadisce Mariastella Gelmini, capogruppo Fi alla Camera: «Un “ritenta sarai più fortunato" che è francamente poco comprensibile per gli italiani. Anche perché la domanda sorgerebbe spontanea: ma se dovevano tornare al punto di partenza non potevano telefonarsi prima ed evitare questa irresponsabile perdita di tempo?». Da sempre convinta delle elezioni è Giorgia Meloni, la presidente di Fratelli d'Italia che non sopporta l'alibi del Covid: «In altri Paesi si vota. E poi non è vero che saltano le misure urgenti se si va a votare: siamo disponibili a mettere in sicurezza il Recovery, a lavorare sul piano vaccini, a finanziare i ristori». Eppure nelle ultime righe della nota comune siglata venerdì al Quirinale dai 13 membri della delegazione di centrodestra, dopo la richiesta del voto, si precisa che «tutti i presenti si sono riservati ove non si andasse a elezioni di valutare con il massimo rispetto ogni decisione che spetta costituzionalmente al capo dello Stato». Una posizione più diplomatica che è poi quella che unisce Gaetano Quagliariello a Paolo Romani, all'Udc e a Giovanni Toti, il governatore ligure, leader di Cambiamo, che è andato anche un po' oltre chiedendo «un governo forte con maggioranza ampia». È un po' lo stesso esecutivo di unità nazionale che aveva già descritto la vicepresidente azzurra della Camera Mara Carfagna: «Il centrodestra ha fatto bene in questo primo giro a preservare l'unità della coalizione e a ritrovare compattezza sul veto al Conte ter. Dopo, dato che le elezioni si allontanano, credo che il centrodestra compirebbe un grave errore con il chiudersi, arroccarsi sull'Aventino. Il gesto di vero patriottismo sarebbe quello di proporre un governo con il sostegno dei migliori, che poi è la soluzione nella quale si riconosce una parte consistente dell'elettorato di Forza Italia e Lega. Ma anche di Fdi, ne sono certa. E chi meglio di Draghi...?». La Meloni per ora non pare convinta e infatti ha ribadito: «Non entrerò mai in un governo con Pd e M5s. Ho letto e sentito sfumature diverse, ma confido e spero che il centrodestra resti compatto. Un governo di unità nazionale? Le valutazioni le faremo con serenità quando arriverà il momento di farle. È già accaduto che alcune forze prendessero strade diverse, la speranza è che non accada, perché poi è difficile ritrovare la compattezza perduta». Ci pensa Salvini a ricordare che Lega, Fdi e Forza Italia sono il centrodestra che governa la maggioranza dei Comuni e delle Regioni del Paese e che la domanda fondamentale «non è con chi ma per fare cosa». Una mediazione necessaria tra gli irremovibili di Fratelli d'Italia e l'ala governista di Forza Italia alla quale non dispiacerebbe un governo «modello Ursula».
(Arma dei Carabinieri)
Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola , Seclì e presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che operava nella zona ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori «Puglia», dal Nucleo Cinofili di Modugno (Ba), nonché dai militari dell’11° Reggimento «Puglia».
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto è cominciato nel giugno del 2020 con l’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane nato nel 1999. Le successive investigazioni avviate dai militari dell’Arma hanno consentito di individuare l’esistenza di due filoni parallel ed in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della zona ionica del Salento, suddivise tra Nardò e Gallipoli. Quello che sembrava un’attività apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui rispettivi territori, capaci di piazzare gradi quantitativi di droga. In particolare, l’organizzazione che operava sull’area di Nardò è risultata caratterizzata da una struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalla cessione di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
Sono stati alcuni episodi a destare l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando,dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima era stata avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria auto.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere portata in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione della macchina, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima era stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola più volte con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra e causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo di primo piano è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Alcune avevano ruoli centrali, come referenti sia per il rifornimento dei pusher sia per lo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una di loro. Spesso utilizzavano automobili di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna vicina al capo gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, come l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile intercettazione (WhatsApp e Telegram).
Nell’azione delle due strutture è stato determinante l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per ordinare le dosi. In alcuni casi gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del prodotto ceduto, ricontattavano i clienti per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con diversi appellativi che ricordavano cibi o bevande (come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”), veniva prelevata da nascondigli sicuri e preparata in piccole dosi prima di essere smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio. Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti nel Salento ionico, fino all’intervento di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata di oggi.
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