2022-04-09
I francesi su Banco Bpm apparecchiano il terzo polo: è un «invito» per Mps
Giampiero Maioli (Imagoeconomica)
Crédit Agricole prende il 9% dell’istituto. Nel futuro possibile la scalata, come con Creval. Nella partita potrebbe entrare anche l’accordo con il Mef su Montepaschi.L’alfiere che si muove sullo scacchiere italiano delle fusioni bancarie parla francese e si chiama Crédit agricole. Nel 2017 era arrivato in soccorso delle Casse di risparmio di Rimini, Cesena e San Miniato e oggi opera nel nostro Paese attraverso la spa guidata da Giampiero Maioli cui fanno capo anche Cariparma, Friuladria e Carispezia. L’Italia rappresenta già il secondo mercato dopo la Francia ma il presidio si è rafforzato ulteriormente con l’acquisto del Credito Valtellinese. E ora la banque verte ha decido di puntare sul Banco Bpm. Nella tarda serata di giovedì ha infatti annunciato di aver comprato «sul mercato e in una transazione con una primaria banca d’affari internazionale» il 9,18% del capitale dell’istituto di Piazza Meda. L’operazione, si legge nella nota dei francesi, «consolida la relazione strategica e di lungo termine del gruppo con Banco Bpm, costituita innanzitutto dalla partnership nel credito al consumo attraverso la joint venture Ago». Alleanza che l’Agricole «intende ampliare» anche se - viene aggiunto - non ha presentato «istanza per ottenere l’autorizzazione a superare la soglia del 10% nel capitale». L’approccio della banca francese sembra ricalcare la strategia già portata avanti con il Creval: in quel caso, infatti, all’acquisizione di una quota inferiore al 10% del capitale (nel 2018) era seguito l’annuncio delle volontà di ampliare la partnership commerciale esistente nella bancassicurazione, salvo poi rompere gli indugi nel 2021 con il lancio dell’Opa. Il copione sarà lo stesso? Modalità e tempistiche restano da valutare. Dal canto suo, la banca milanese guidata da Giuseppe Castagna ha sottolineato che la mossa «non è stata preventivamente concordata» e che comunque «la qualità e l’importanza dell’investitore rappresentano un chiaro riconoscimento del valore e delle potenzialità di Banco Bpm». Il dossier dovrebbe comunque approdare sul tavolo del cda del 12 aprile.Un contatto tra i due gruppi c’era già stato nell’autunno 2020 ma i colloqui si arenarono su questioni di governance e di rebranding. Adesso, però, con l’effetto del conflitto in Ucraina, lo shopping di azioni è più conveniente. Non solo. I tempi per le nozze ora potrebbero essere maturi anche perché utili a bloccare altri pretendenti. La mossa, infatti, arriva a pochi mesi dal tentato blitz sul Banco Bpm di Unicredit di febbraio poi abortito in parte per la fuga di notizie (partita, pare, dalle fila dell’esecutivo) che aveva «bruciato» l’operazione. L’ad Andrea Orcel - impegnato a ridurre la sua esposizione in Russia e a realizzare un buyback da 2,6 miliardi - potrebbe decidere di riaprire il dossier sfidando i francesi oppure di lasciarlo definitivamente in un cassetto e spostare il mirino su altri Paesi, aumentando la taglia ma con acquisizioni oltreconfine. Anche perché, se l’Agricole acquisisse nel medio lungo periodo la maggioranza dell’istituto di piazza Meda, non darebbe solo vita al «terzo polo» invocato ormai da tempo anche dalla Bce ma diventerebbe il secondo gruppo bancario italiano. Che potrebbe condizionare anche la strategia sul fronte del business allo sportello dell’Unipol di Carlo Cimbri che nella primavera del 2021 aveva «benedetto» un possibile matrimonio tra Bper (di cui la compagnia bolognese è il primo azionista e che presto prenderà il controllo di Carige) e il Banco Bpm. Non solo, se davvero i francesi vogliono «apparecchiare» un nuovo polo del credito potrebbero decidere in futuro di accogliere al tavolo anche il Monte dei Paschi, agevolando così l’uscita del Mef dal capitale di Rocca Salimbeni, che si aspetta dall’Ue una proroga almeno fino allla fine del 2024. Mef che potrebbe anche, in alternativa, tornare in pressing su Unicredit per fare riaprire il «file» sul Monte quando sarà ricapitalizzato. Fantafinanza? Chissà. Lo scenario forse sarà più chiaro quando si capirà se il governo Draghi (che conosce bene e apprezza il presidente del Banco Bpm, Massimo Tononi) intende lasciare aperta la porta ai francesi o se farà resistenza sfruttando l’opzione del golden power considerando le dimensioni del gruppo di piazza Meda nel mercato italiano. Va in ogni caso ricordato che i transalpini dell’Agricole sono radicati «pacificamente» da anni sul territorio. Anzi, potrebbero essere proprio i «poteri forti» del nostro sistema a fare da garanti affinché la transizione verso il nuovo assetto del sistema avvenga in modo ordinato. I decani di Piazza Affari ricordano, infatti, l’alleanza stretta alla fine degli anni Ottanta tra la banca francese e il grande vecchio della finanza cattolica Giovanni Bazoli, oggi presidente emerito di Intesa: impegnato nel rilancio del Nuovo Banco Ambrosiano, Bazoli chiamò in aiuto proprio les amis dell’Agricole per arginare l’avanzata di Gemina che mirava, sotto la regia di Mediobanca, a portare sotto l’egida della Comit l’istituto rinato dalle ceneri della banca di Roberto Calvi. E nel 2006 Cariparma e Friuladria furono cedute proprio da Intesa all’Agricole in seguito alla fusione con il Sanpaolo di Torino. E gli altri soci? La fotografia aggiornata dell’azionariato di Banco Bpm, in base ai numeri emersi giovedì in assemblea, vede l’Agricole come nuovo primo azionista, con una partecipazione quasi doppia rispetto a Davide Leone (4,697%). Seguono Adar macro fund (4,949%) e Capital research (4,988%). Il fondo Leone considera da tempo sottovalutato il valore del Banco e crede che possa ancora esprimere buona parte del suo potenziale ma poiché l’Agricole non è solo un investitore ma anche un competitor, pur considerando le attuali sinergie, ogni potenziale operazione sulle fabbriche prodotto dovrà essere attentamente valutata. Nel frattempo, il Banco Bpm ieri ha guadagnato in Borsa il 10,24% a 3,015 euro. Acquisti anche per Anima (+7,8% a 4,29 euro), la società di asset management di cui il gruppo di Castagna è primo azionista, che potrebbe essere in qualche modo coinvolta nell’integrazione attraverso Amundi, il gestore del risparmio controllato dai francesi. Ai quali, nel 2026, scadrà l’accordo di distribuzione con Unicredit.
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