2025-06-19
I dem inglesi sdoganano l’aborto fino al parto
Nel Regno Unito i laburisti approvano un emendamento per depenalizzare l’interruzione di gravidanza anche oltre le 24 settimane. Pur rimanendo formalmente reato, equivale nei fatti a una legittimazione. Così aumenterà il numero di soppressioni post-natali.Aborto senza limiti, anche oltre le 24 settimane di gravidanza: sostanzialmente quindi fino al parto. È quanto ha stabilito martedì un voto della Camera dei comuni del Regno Unito, la camera bassa del Parlamento, che ha così esteso le previsioni di una legge - l’Abortion act del 1967 - che in Inghilterra e Galles resisteva da quasi sei decenni. Il provvedimento che ha sancito tale apertura, approvato con una maggioranza di 379 voti a favore e 137 contrari, è un emendamento della parlamentare Tonia Antoniazzi, secondo la quale, in applicazione della normativa vigente, solo negli ultimi cinque anni 100 donne sarebbero state indagate, incluse alcune che avevano partorito prematuramente o costrette ad abortire da partner violenti.Ad attirare l’attenzione degli inglesi sull’aborto oltre le 24 settimane, negli ultimi anni sono stati soprattutto due casi: quello di Carla Foster - madre di tre figli, nel 2020 condannata a oltre due anni di carcere per aver abortito alla trentaduesima settimana - e quello della londinese Nicola Packer, assolta nelle scorse settimane, dopo un processo di oltre quattro anni, dall’accusa di aver assunto la pillola abortiva a circa 26 settimane dal concepimento, senza essere peraltro consapevole, suo dire, di trovarsi a quel punto della gravidanza. Per evitare simili episodi, che però già sono rari (il 99% degli aborti avviene entro le 20 settimane e quindi essi riguardano solo l’1% delle donne «in circostanze disperate», dice la stessa Antoniazzi), è giunto quindi l’emendamento laburista, intervenuto sull’Offences against the person act del 1861, del quale la citata legge del 1967 era una deroga. Va detto che la nuova norma - di cui servirà ora una approvazione definitiva - non incide nelle disposizioni del 1967 in base alle quali l’aborto è permesso fino alle 24 settimane di gravidanza previa autorizzazione di due medici; solo, non saranno più reato le violazioni della stessa. Benché l’emendamento, si diceva, debba completare il suo iter sia alla Camera dei Comuni sia alla Camera dei Lord, la sua approvazione ha già sollevato reazioni. Da un lato, attivisti come Heidi Stewart del British pregnancy advisory service (Bpas), il quale si batte per questa svolta da quasi dieci anni, hanno parlato di «momento storico per i diritti delle donne» e lo stesso premier, Keir Starmer, parlando ai giornalisti dal Canada dov’è per il G7, ha detto che, se fosse stato in Aula, avrebbe votato il provvedimento in quanto fiero sostenitore dell’aborto libero, sicuro e legale. Dall’altro lato, contro la nuova norma non sono mancate voci di contrasto. A partire da quelle conservatrici, con la parlamentare Rebecca Paul che ha affermato che con questo emendamento «i bambini completamente sviluppati e giunti al termine della gravidanza potrebbero essere abortiti da una donna senza conseguenze».Sul tema ha parlato pure la Chiesa cattolica, con John Sherrington, vescovo responsabile del settore vita per la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, secondo cui ci saranno «donne che interromperanno la gravidanza oltre questo limite di tempo, in qualunque momento, fino e anche durante la gravidanza». «Siamo spaventati», ha chiosato Sherrington. Spaventati sono pure i 1.000 medici che, con la sigla antiabortista Right to Life, hanno sottoscritto una lettera evidenziando come l’emendamento Antoniazzi renderà gli aborti tardivi pericolosi perché «possibili fino alla nascita per ogni motivo», inclusa la scelta del sesso del nascituro. Predisponendo sul suo sito un servizio per consentire a ogni cittadino di protestare contro il proprio parlamentare perché fermi la norma, Right to Life ha pure evidenziato come se essa passerà porterà «probabilmente a un aumento significativo del numero di donne che praticano aborti tardivi in casa, mettendo a repentaglio la vita di molte altre donne. La modifica proposta porterebbe anche a un aumento» degli aborti di bimbi che potrebbero «sopravvivere fuori dall’utero». Cioè il fenomeno noto come aborto post-natale, in cui nonostante la somministrazione del trattamento letale il feto viene estratto vivo, ponendo medici e legislatore di fronte al dilemma di come comportarsi. A ciò si aggiunga che è singolare che i parlamentari di Sua maestà lavorino per allargare le maglie delle opzioni abortive, mentre in Inghilterra e Galles le soppressioni prenatali dilagano. Se infatti dal 2012 al 2016 gli aborti nell’isola ammontavano a circa 185.000, dal 2017 essi hanno subito un’impennata, giunta nel 2022 oltre 250.000 aborti - da 210.000 che erano fino al 2020; il tutto in Paese con una già grande contraccettiva. Insomma, il Regno Unito è un abortificio a cielo aperto e il Parlamento ha pensato bene, anziché di correre ai ripari, di estendere ulteriormente le opzioni abortive. Tu chiamale, se vuoi, priorità.
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