2019-09-25
I corsi e i ricorsi dei ribaltoni. È «1994» ma sembra tanto il 2019
La serie in onda il 4 ottobre su Sky documenta il fallimento di una «rivoluzione», i tradimenti, le eterne promesse, le liturgie identiche a sé stesse. Unendo ciò che è vero a ciò che, invece, è soltanto verosimile.«La rivoluzione, il terrore, la restaurazione». La saga televisiva, con la quale Sky ha saputo rievocare le vicende di Mani pulite, avrebbe dovuto avere un titolo ben diverso da quello che, poi, le è stato dato. Avrebbe dovuto cominciare dalla «Rivoluzione»: suggellare, in una sola parola, il caos della stagione che ha cambiato l'Italia. Invece, il primo capitolo della trilogia, che alle 21.15 del 4 ottobre culminerà in 1994, si è chiamato, semplicemente, 1992. «Abbiamo cercato di raccontare un meccanismo», ha spiegato il presidente della casa produttrice Wildside, Lorenzo Mieli. «Credo di poter dire che, alla fine, siamo riusciti a documentare come fallisca la rivoluzione che nella serie è incarnata, al contempo, da Antonio Di Pietro e Silvio Berlusconi: entrambi sono traditi, “ribaltonati". E i ribaltoni si ripetono, lo abbiamo visto anche di recente».Mieli, il paragone tra la storia così come si è svolta e la storia così come, oggi, si sta svolgendo, lo ha buttato sul tavolo e lì lo ha lasciato, senza pungolarlo. Senza eccedere. Eppure, nel guardare le immagini di 1994, nel ripercorrere le tappe che hanno portato al passaggio dalla prima alla seconda repubblica, è pressoché impossibile non finire avviluppati nella spirale dei corsi e dei ricorsi. Perché la serie, in onda su Sky Atlantic e Sky Cinema Uno, documenta sì la vittoria politica di Silvio Berlusconi, gli otto mesi e sette giorni di governo intercorsi tra le elezioni e le conseguenze dell'avviso di garanzia notificatogli a Napoli dalla Procura di Milano. Ma documenta altresì l'esistenza di promesse eterne, di liturgie che si trascinano identiche a sé stesse, di slogan e minacce e accordi e intrallazzi senza tempo, né confini.La Costa Smeralda, teatro, nell'estate del 1994, di un incontro tra Berlusconi e Umberto Bossi, ne ha sentite diverse delle formule immortali. Il Cav, interpretato nella serie da uno straordinario Paolo Pierobon, ha accolto il leader della Lega, interpretato da un ancor più straordinario Paolo Mazzarelli, con i giuramenti di rito. Ha cianciato di «riforma costituzionale», di un «premier eletto dal popolo», di «più poteri». E l'uomo qualunque, in canotta e catenina d'oro, ha vagheggiato di «antitrust», di «conflitto di interessi». Bossi, quell'estate, avrebbe potuto staccare la spina al governo. Diversamente da Matteo Salvini, però, non lo ha fatto. Al largo del mare di Sardegna, a bordo del panfilo di Cesare Previti, ha preferito aspettare. E il «ribaltone», documentato in 1994, lo ha rimandato a dicembre. Mese con il quale si conclude la trilogia Sky.«Con questo ultimo capitolo, abbiamo deciso di sparigliare le carte», ha spiegato, nel corso della conferenza stampa romana, la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi. Benché i personaggi, nel loro evolversi, non abbiano perso coerenza, né cinismo, la serie ha cambiato struttura, sostituendo al proprio sviluppo orizzontale un approfondimento verticale. «Ogni episodio è, cioè, focalizzato su un singolo personaggio: il primo è su Leonardo Notte, (Stefano Accorsi) il secondo su Veronica Castello (Miriam Leone), il terzo è su Pietro Bosco (Guido Caprino)», ha continuato la Rampoldi, spiegando come il nuovo assetto della serie non abbia precluso la possibilità di unire ciò che è vero a ciò che, invece, è solo verosimile.La trilogia Sky, nel corso della quale è rievocato (anche) il passato canterino del Senatùr, si è retta su una mescolanza di verità e finzione. Accanto ai protagonisti dell'Italia che fu, nel rincorrersi di eventi tangibili, sono stati infilati personaggi fittizi: Leonardo Notte, artefice del successo politico di Berlusconi, Veronica Castello, soubrette prestata alla politica, Pietro Bosco, leghista della prima ora. «È stato fatto un lavoro monumentale, di documentazione e di scrittura: mescolare in modo così organico personaggi di fantasia e fatti storici è molto complesso», ha spiegato Accorsi, ideatore dell'intera serie, mentre al suo fianco Mieli e la squadra di sceneggiatori hanno raccontato come i protagonisti reali della storia politica italiana siano stati contattati uno ad uno.«Abbiamo incontrato Achille Occhetto, Enrico Mentana e moltissimi giornalisti. Abbiamo incontrato Berlusconi, che, a pranzo, ha sciorinato centinaia di aneddoti. Non ha fatto alcuna raccomandazione, nessuno di coloro che abbiamo incontrato lo ha fatto. Sono stati tutti molto eleganti: non hanno fatto pressioni», hanno raccontato gli sceneggiatori, ammettendo che una sola tra le forze politiche non ha commentato la serie, distribuita anche in 100 Paesi esteri. La Lega si è ben guardata dal dire la sua. Ma, alla Wildside, dove la parte di Paolo Mieli è stata assegnata a Luca Zingaretti, sono trasaliti quando Salvini si è fidanzato con Elisa Isoardi. «Abbiamo avuto una vertigine», hanno detto, scherzando su come «Sarebbe bello vedere Pietro Bosco al Papeete». Perché, se non è il 2019, quanto meno, ci somiglia.
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