
Il presidente dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia: «L'Anpi ha ricominciato a negare la storia. A Mattarella, gli eredi delle vittime chiedono un senatore a vita».Renzo Codarin, figlio di esuli istriani, cresciuto in un campo profughi o come racconta lui in «baracca», è presidente dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia, la più grande realtà, a livello nazionale, che rappresenta gli italiani fuggiti dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia alla fine della seconda guerra mondiale. Lo incontriamo in occasione del 10 febbraio, il Giorno del ricordo.Ci racconta la sua storia?«Sono nato in un campo profughi vicino a Trieste dove ho vissuto con mamma, papà e mio fratello maggiore fino a 8 anni. I miei sono stati mandati via da Capodistria nel 1955, sono cresciuto in una baracca senza i servizi tra tanti esuli, brava gente, che non aveva più niente».Cosa sono state le foibe?«Le foibe sono state uno strumento degli slavi comunisti per creare terrore nelle popolazioni italiane che abitavano in Istria, Fiume e Dalmazia e per farle scappare. Era una parola medievale che incuteva paura, nelle foibe gettavano un cane morto perché le anime non potessero andare in cielo. Fu questa la causa principale dell'esodo, insieme ad altre norme come il divieto di parlare italiano o di frequentare la chiesa».Ma perché l'Italia non reagì alla pulizia etnica?«Perché avevamo brutalmente perso la guerra e facevamo finta che così non fosse, si creò la vulgata che l'avessimo vinta con la resistenza partigiana. Quindi dovemmo rinunciare a dei territori senza però farlo sapere al popolo italiano, una falsità per dimenticare e non intaccare l'epopea partigiana».La sinistra ha avuto un ruolo nel nascondere la verità?«La storiografia dominante di sinistra ha avallato questa non conoscenza anche nei libri scolastici, oppure quando si parlava di foibe si trattavano questi eccidi come eventi bellici in reazione alle nefandezze delle truppe fasciste e naziste in quelle terre».Perché non fu così?«Perché sono due fatti indipendenti che si vogliono far passare per causa ed effetto, come dimostrano i tempi. Molti infoibamenti avvennero intorno a Trieste, a Gorizia e Pola anni e anni dopo la resa. La guerra era finita da un pezzo e la gente continuava a scomparire. Non era una reazione a quello che avevano combinato i fascisti ma la volontà di cacciare gli italiani, solo il 10% rimase e chi non si comunistizzava veniva gettato in foiba».Il Giorno del ricordo cosa rappresenta?«Uno squarcio di luce nel silenzio tombale durato decenni. Il Giorno del ricordo è un modo per l'Italia, seppur tardivo, di fare giustizia. Dopo tanto mutismo si riesce a parlare di queste cose a tutti gli italiani facendo capire che non fu solo una tragedia di poveri esuli, ma di tutto il popolo italiano. E c'è una cosa da non va dimenticata…».Quale?«Che il Giorno del ricordo è stato istituito dopo il crollo del comunismo e dopo le guerre balcaniche. Con queste ultime l'Italia si rese conto in che modo barbaro si combatteva nei Balcani, dove la pulizia etnica era considerata normale. E allora capì anche il terrore degli esuli italiani che erano fuggiti». E cosa fece l'Italia?«Cominciò a fare i conti con la realtà storica delle foibe, la destra che ci ha sempre aiutato ma devo dire anche una certa sinistra, con persone illuminate come Luciano Violante e il presidente Giorgio Napolitano. Ma già Carlo Azeglio Ciampi aveva iniziato a demolire il muro d'omertà. Adesso si può parlare delle foibe senza essere tacciati di essere fascisti e la nostra missione è che se ne discuta nelle scuole e in televisione».La televisione pubblica ha programmato una copertura per il Giorno del ricordo?«Lo scorso anno aveva trasmesso Red Land (Rosso Istria) che la nostra associazione ha contribuito a finanziare: la storia di Norma Cossetto, giovane italiana trucidata dai partigiani comunisti di Tito. Quest'anno si limitano a documentari, ma sono fatti bene e di livello».Il revisionismo si aggira ancora in certi emisferi della sinistra culturale e politica?«L'Anpi (Associazione nazionale partigiani, ndr) assieme a riduzionisti e negazionisti, cerca di collegare la vicenda delle foibe e dell'esodo alla seconda guerra mondiale. Come fosse una ritorsione per il male fatto dal fascismo e così non è».L'Anpi ha organizzato una rievocazione in Senato senza invitare gli esuli. Una dittatura della memoria o cos'altro?«Secondo me, spariti dalla scena politica alcuni personaggi dell'ex Partito comunista illuminati, come appunto Violante e Napolitano, è venuta meno anche l'autocritica che la sinistra aveva correttamente affrontato. Quindi stanno rialzando la testa i veterocomunisti che non si sono mai rassegnati alla realtà storica e che non accettano nessun confronto. Se facessero partecipare gli esuli, ai quali non è proprio possibile dare le colpe del fascismo, cadrebbe il loro castello di falsità. Così lo evitano».Quindi la sinistra ha fatto passi indietro?«Purtroppo è così. Anche alcune Anpi locali avevano iniziato a dibattere con la nostra associazione, ma da qualche anno rifiutano il contraddittorio. Raccontare bugie senza avere nessuno che le contesta è comodo e facile. Io gli farei solo una domanda».Cosa chiederebbe?«Che mi spieghino come mai 350.000 italiani dovevano abbandonare le loro case se non avevano paura. Per quale benedetto motivo lo fecero? Non erano fascisti che scappavano, ma pescatori, contadini, gente che non riusciva più a vivere sotto quel regime».Dall'Anpi sostengono che i numeri dei morti nelle foibe sono gonfiati.«I numeri sono questi: gli infoibati certificati da doppia verifica storica sono oltre 6.000, ma in base ai censimenti dopo la fine della guerra scomparvero quasi 20.000 persone. Non saranno state tutte infoibate, magari qualcuno è andato all'estero senza avvisare, ma secondo i nostri studi se parliamo di 10.000 vittime delle foibe siamo vicini alla verità. Il numero preciso nessuno lo sa perché non è stato sempre possibile recuperare le salme. Facile quindi per l'Anpi dire che sono gonfiati». Sempre l'Anpi ha contestato la decisione del Consiglio comunale di Lecce di intitolare una via a Norma Cossetto, medaglia d'oro alla memoria, bollandola come presunta martire delle foibe.«Il presidente Ciampi ha concesso la medaglia d'oro civile alla Cossetto sulla base di atti processuali: lei da innocente fu infoibata che aveva poco più di 20 anni. Se così non fosse mai un antifascista come Ciampi le avrebbe dato una medaglia. L'Anpi lo sa benissimo perché ha visionato le sentenze ma lo vuole nascondere, sperano che prima o poi ci si dimentichi. Ma per loro sfortuna Tito ci ha sparsi nel mondo e quindi ci sarà sempre qualcuno a ricordare la nostra storia».Non è che anche la destra vi strumentalizza?«Diciamo innanzitutto che Il Giorno del ricordo è stato un bellissimo momento di unità nazionale, l'intero Parlamento lo votò in massa tranne Rifondazione comunista. Le successive vicende politiche del nostro Paese hanno poi trasformato qualsiasi cosa in propaganda e quindi tutti strumentalizzano, sia da destra sia da sinistra. Però bisogna dare atto alla destra che dal dopoguerra in avanti ha tenuto forte il ricordo delle foibe, senza il loro impegno non penso che saremmo mai arrivati all'istituzione del 10 febbraio come Giorno del ricordo».Siete schierati politicamente?«Al di là delle opinioni che può avere il singolo, e io mi considero di centro, la nostra associazione è apartitica. Partecipiamo a tutte le cerimonie delle istituzioni, dai Comuni al Quirinale, siamo innamorati dell'Italia e non di un'idea politica. Lo stesso dovrebbe fare l'Anpi».Napolitano, lei diceva, vi appoggiò. E Sergio Matterella come si comporta?«Il capo dello Stato ci segue con grande attenzione, serietà e interesse, oggi ci sarà una seduta solenne congiunta di Camera e Senato».Sulla Shoah Liliana Segre fa opera di sensibilizzazione, pensa che anche per le foibe ci vorrebbe un senatore a vita?«Abbiamo richiesto un senatore a vita che faccia parte del nostro mondo, visto che il Giorno del ricordo è una legge dello Stato. Ma non credo che sarà facile, perché è una questione di equilibri. Quando era ancora vivo pensavamo a Ottavio Missoni».E adesso ha in mente un nome?«Ce l'ho ma non voglio dirlo perché lo brucerei. Comunque abbiamo grandi testimonial come Nino Benvenuti, il marciatore Abdon Pamich di Fiume, Mario Andretti, anche se ormai è cittadino americano, però viene ogni anno nella sua Montona, anche Fulvio, il padre di Diana Bracco, era di Neresine e la figlia ci sta aiutando a realizzare un monumento ai martiri delle foibe a Milano». Quanto tempo ci vorrà ancora per una pacificazione? «L'ingresso in Europa di Slovenia e Croazia è stato di aiuto, la situazione è migliorata tantissimo. C'è ancora in ballo, come stabilito a Osimo, che devono dare all'Italia quasi 90 milioni di dollari come indennizzo per quello che hanno portato via nella zona B. Lo Stato dovrebbe accettare quei soldi e fare una grande fondazione pubblica per la pacificazione dell'Adriatico. Comunque penso che debba passare ancora una generazione perché se ne possa parlare con serenità».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».
Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).
Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.
A 80 anni dall’Olocausto, Gerusalemme ha un ruolo chiave nella modernizzazione della Bundeswehr. «Ne siamo orgogliosi», dicono i funzionari di Bibi al «Telegraph». Stanziati da Merz quasi 3 miliardi.
Se buona parte della modernizzazione della Bundeswehr, le forze armate federali, è ancorata all’industria tedesca, Israele sta svolgendo un ruolo chiave nella fornitura di tecnologia di difesa. «La Germania dipende enormemente dalla tecnologia israeliana, in particolare nei settori della tecnologia dei droni, della ricognizione e della difesa aerea», riferisce Roderich Kiesewetter, membro della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz e capo della delegazione tedesca presso l’Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem). Il parlamentare ha aggiunto che il suo Paese «beneficia inoltre notevolmente della cooperazione in materia di intelligence, che ha già impedito molti attacchi terroristici in Germania». Al Telegraph, alti funzionari della difesa israeliani hanno dichiarato di svolgere un ruolo chiave nella nuova politica di riarmo tedesca e di esserne «orgogliosi».





