2020-06-22
I cittadini vittime inermi della guerra tra giudici
L'Associazione nazionale magistrati dice che il suo ex capo è un bugiardo. Alcuni dei dirigenti dell'Anm minacciano addirittura di querelarlo per ciò che ha detto in un'intervista alla Verità. Ma Luca Palamara, il pm che dal 2008 al 2012 rappresentò i giudici e che fino allo scorso anno guidò una delle più importanti correnti delle toghe, non arretra. Anzi, rincara. Ai colleghi che lo hanno cacciato dal sindacato, Palamara replica accusandoli di essere ipocriti e di aver fatto parte del sistema quanto ne ha fatto parte lui. Come abbiamo scritto ieri, se espellendolo senza diritto di parola i vertici dell'Anm pensavano di mettergli un bavaglio, silenziando lo scandalo delle nomine ai vertici dei tribunali, diciamo che hanno sbagliato i calcoli. Perché invece di mettere la sordina alla faccenda l'hanno fatta deflagrare su tutte le prime pagine dei giornali.Eh già, fino all'altro ieri le notizie sull'inquietante traffico alle spalle della Giustizia erano pubblicate con il contagocce, perché a parte il giornale che stringete tra le mani, nessuno sembrava intenzionato a fare luce sugli intrighi e gli scambi di favori. Ma ieri, con la decisione del Politburo dell'Anm di cacciare colui che per quattro anni aveva presieduto l'associazione, la vicenda è uscita dal cono d'ombra. Giudici che neghino all'imputato il diritto di difendersi e un magistrato che accusi magistrati come lui di avere scheletri nell'armadio non è roba che si veda tutti i giorni.Palamara, accusato di corruzione e poi quasi archiviato, ha scoperchiato suo malgrado il verminaio dei tribunali. Gli incontri e le conversazioni captate tramite il suo telefonino hanno dimostrato come le correnti della magistratura si spartissero il potere. Soprattutto ha involontariamente svelato come autonomia e indipendenza siano per taluni giudici un semplice paravento, in quanto, all'ombra dei salotti gli stessi poi interagiscono con le forze politiche, spesso assecondandone il volere. No, in effetti non è un bello spettacolo ciò che è emerso e forse i vertici dell'Associazione nazionale magistrati erano realmente convinti che bastasse sanzionare Palamara per dichiarare chiuso il caso. Fuori lui, silenziate le polemiche. Invece, al contrario, lo scontro divampa, perché l'ex capo dell'Anm non ci sta a fare da capro espiatorio e dice che se lui è colpevole di aver piazzato gli amici e trescato con la politica, anche gli altri lo sono e fra loro perfino chi lo ha giudicato e condannato senza appello. Noi non sappiamo chi tra i contendenti abbia ragione. Tuttavia è evidente che la faccenda è tutt'altro che chiusa. Il tentativo di tappare la bocca a Palamara non ha funzionato, perché paradossalmente, una volta sbattuto fuori dal sindacato, l'ex pm è più loquace di prima e racconta anni di patti segreti. Tutto ciò mentre il Csm, ossia il parlamentino dei giudici, assiste impotente e muto. Anzi, mentre il Csm prosegue nella politica delle nomine grazie agli accordi con le correnti e la vicinanza alla politica.Se c'era modo per dimostrare l'urgenza di riformare il Consiglio superiore della magistratura e di mettere mano a una riforma complessiva della Giustizia, beh questo è il migliore. Il caso Palamara evidenzia tutti i limiti dei meccanismi di selezione dei vertici delle Procure e dei tribunali, dimostrando come gli uffici vengano assegnati non al più bravo, al più meritevole e titolato, ma al più raccomandato, un sistema rimproverato dalla stessa magistratura ai comuni mortali. In aggiunta a uno scandalo che già da solo dovrebbe spingere le forze politiche, ma soprattutto il capo dello Stato a intervenire, assistiamo allo scontro sempre più duro tra un magistrato antimafia osannato dalla sinistra e dai grillini, Nino Di Matteo, e il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il primo accusa il secondo di aver subito pressioni per non nominarlo ai vertici del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Un'accusa grave, reiterata, che ha sullo sfondo la contrarietà dei capi mafia, che vedono Di Matteo come fumo negli occhi. Invece di replicare e di fare chiarezza con decisione, Bonafede farfuglia, tutto ciò mentre alcuni capi mafia sono stati messi fuori grazie a una circolare uscita dalle stanze del ministero.Sì, lo scenario della giustizia in queste ore è pessimo, con una credibilità ridotta al minimo. Il capo dello Stato, che del Csm è il presidente, dice che non può fare nulla. La politica, sotto schiaffo per varie inchieste, non parla. E anche i più autorevoli magistrati tacciono. Il rischio è che i cittadini non si sentano più uguali davanti alla legge, come recita la Costituzione, ma inermi davanti alla legge. E questo, di sicuro, non fa giustizia.