Luca Lotti (Samantha Zucchi:Insidefoto:Mondadori Portfolio via Getty Images)
La decisione sull'utilizzabilità delle conversazioni con i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti rinviata a fine mese. Pure la Camera non si è ancora pronunciata sullo stesso tema e così il rito disciplinare potrebbe slittare.
Cosimo Ferri (Ansa)
L'allora sottosegretario alla Giustizia del governo Letta, in quota forzista: «Fu il collega della Cassazione a chiedermi di fissare quell'appuntamento. Io ero ignaro della registrazione e feci solo da spettatore».
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L'Associazione nazionale magistrati dice che il suo ex capo è un bugiardo. Alcuni dei dirigenti dell'Anm minacciano addirittura di querelarlo per ciò che ha detto in un'intervista alla Verità. Ma Luca Palamara, il pm che dal 2008 al 2012 rappresentò i giudici e che fino allo scorso anno guidò una delle più importanti correnti delle toghe, non arretra. Anzi, rincara.
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Ai colleghi che lo hanno cacciato dal sindacato, Palamara replica accusandoli di essere ipocriti e di aver fatto parte del sistema quanto ne ha fatto parte lui. Come abbiamo scritto ieri, se espellendolo senza diritto di parola i vertici dell'Anm pensavano di mettergli un bavaglio, silenziando lo scandalo delle nomine ai vertici dei tribunali, diciamo che hanno sbagliato i calcoli. Perché invece di mettere la sordina alla faccenda l'hanno fatta deflagrare su tutte le prime pagine dei giornali.
Eh già, fino all'altro ieri le notizie sull'inquietante traffico alle spalle della Giustizia erano pubblicate con il contagocce, perché a parte il giornale che stringete tra le mani, nessuno sembrava intenzionato a fare luce sugli intrighi e gli scambi di favori. Ma ieri, con la decisione del Politburo dell'Anm di cacciare colui che per quattro anni aveva presieduto l'associazione, la vicenda è uscita dal cono d'ombra. Giudici che neghino all'imputato il diritto di difendersi e un magistrato che accusi magistrati come lui di avere scheletri nell'armadio non è roba che si veda tutti i giorni.
Palamara, accusato di corruzione e poi quasi archiviato, ha scoperchiato suo malgrado il verminaio dei tribunali. Gli incontri e le conversazioni captate tramite il suo telefonino hanno dimostrato come le correnti della magistratura si spartissero il potere. Soprattutto ha involontariamente svelato come autonomia e indipendenza siano per taluni giudici un semplice paravento, in quanto, all'ombra dei salotti gli stessi poi interagiscono con le forze politiche, spesso assecondandone il volere. No, in effetti non è un bello spettacolo ciò che è emerso e forse i vertici dell'Associazione nazionale magistrati erano realmente convinti che bastasse sanzionare Palamara per dichiarare chiuso il caso. Fuori lui, silenziate le polemiche. Invece, al contrario, lo scontro divampa, perché l'ex capo dell'Anm non ci sta a fare da capro espiatorio e dice che se lui è colpevole di aver piazzato gli amici e trescato con la politica, anche gli altri lo sono e fra loro perfino chi lo ha giudicato e condannato senza appello. Noi non sappiamo chi tra i contendenti abbia ragione. Tuttavia è evidente che la faccenda è tutt'altro che chiusa. Il tentativo di tappare la bocca a Palamara non ha funzionato, perché paradossalmente, una volta sbattuto fuori dal sindacato, l'ex pm è più loquace di prima e racconta anni di patti segreti. Tutto ciò mentre il Csm, ossia il parlamentino dei giudici, assiste impotente e muto. Anzi, mentre il Csm prosegue nella politica delle nomine grazie agli accordi con le correnti e la vicinanza alla politica.