2023-01-24
I cinesi, ultimo terrore ingiustificato
(VCG/VCG via Getty Images)
La ripresa dei viaggi dal Dragone post lockdown sembrava dovesse causare l’ecatombe. Non è successo. I tamponi hanno mostrato le stesse nostre varianti. Non si faranno più.Tanto rumore per nulla. Dalla Cina dovevano arrivare varianti con nomi spaventosi, capaci di trasformare gli ospedali in lazzaretti, invece il pericolo è rientrato. Anzi, non c’è mai stato. Non lo ammettono le virostar come Matteo Bassetti, che sul pericolo mutazioni Covid ha tenuto banco per settimane, rallegrando i social con i suoi inverosimili conteggi di morti e le catastrofiche previsioni, però lo dichiara lo stesso ministro della Salute. Ed è quello che conta. «I numeri sono molto rassicuranti. Siamo sereni», ha detto Orazio Schillaci al Corriere della Sera, anticipando una svolta sui controlli negli aeroporti dei passeggeri in arrivo dalla Cina. «Potremmo decidere di interromperli», ha fatto sapere, quindi dopo il 31 gennaio anche l’operazione tamponi finirà archiviata con ogni probabilità, perché non c’è emergenza. Il ministro conferma che i test effettuati fino ad oggi «non hanno rivelato la presenza di varianti del virus diverse da Omicron», che Kraken non preoccupa e che gli asintomatici fuori casa senza tampone dopo cinque giorni non hanno moltiplicato i contagi. Possiamo cominciare l’anno del coniglio senza ulteriori allarmi, anche se non siamo cinesi? Ce lo auguriamo proprio. Da inizio novembre scorso, oltre alle raccomandazioni di quarte e quinte dosi, possibilmente insieme con l’antinfluenzale, giornaloni e virologi da talk show avevano fatto a gara nell’alimentare lo spauracchio di un nuovo pericolo proveniente dalla Cina. Si conteggiavano meno infettati e deceduti in Italia, però c’era un interesse enorme per quanto accadeva nel Sichuan. Non passava giorno, senza leggere stime dei contagiati, dei morti. Decine di migliaia di casi, anzi no decine di milioni, forse più. Un’ecatombe. Poi sono arrivate le foto satellitari delle lunghe fila davanti ai forni crematori cinesi, per offrirci un brivido di paura, caso mai avessimo dimenticato i camion militari che a Bergamo portavano via le bare dei morti per Covid. Era marzo 2020, non gennaio 2023. Pretendiamo che nessuno strumentalizzi quella tragedia, per provare a spaventare la popolazione a stato di emergenza conclusa e dopo campagne vaccinali martellanti. La Cina non si è trasformata in una «bomba biologica», come lasciava intendere l’infettivologo di Genova. Uno «sciame» di varianti non ha travolto l’immensa nazione asiatica e nemmeno si è alzato in volo per contagiare il resto del mondo. Si era ipotizzato di estendere l’utilizzo di tamponi e di mascherine, per arginare mutazioni dal nome impronunciabile. Non c’è stato bisogno, anche se l’Italia è stato il primo Paese a effettuare test obbligatori negli aeroporti. Era stato suggerito anche di regalare vaccini alla Cina, perché i suoi non funzionerebbero. «La migrazione di massa rischia di diffondere il virus in ogni angolo del Paese, esponendo al rischio contagio parenti e amici che vivono nelle aree rurali che finora sono riusciti a evitarlo», affermavano gli analisti di Bloomberg, descrivendo i rischi legati ai festeggiamenti del Capodanno cinese. Ci saranno tanti contagi, come è accaduto anche da noi malgrado le vaccinazioni.