Da Walter Ricciardi a Roberto Speranza, da Roberto Burioni a Andrea Crisanti, da Nino Cartabellotta fino al «Corriere»: in tanti incitavano a seguire il modello Pechino. Ora dicono che «eliminare il virus» è un’utopia, ma fino a ieri hanno evocato «il nemico da sconfiggere». Primo fra tutti Sergio Mattarella. Slitta la sentenza della Consulta sull’obbligo. Si parla di «altruismo»: se il criterio è questo...
Da Walter Ricciardi a Roberto Speranza, da Roberto Burioni a Andrea Crisanti, da Nino Cartabellotta fino al «Corriere»: in tanti incitavano a seguire il modello Pechino. Ora dicono che «eliminare il virus» è un’utopia, ma fino a ieri hanno evocato «il nemico da sconfiggere». Primo fra tutti Sergio Mattarella. Slitta la sentenza della Consulta sull’obbligo. Si parla di «altruismo»: se il criterio è questo...Il modello cinese sta passando di moda. Tutti agitano il ditino apodittico: il Covid zero è «l’utopia di Xi Jinping, prigioniero della sua propaganda» (Federico Rampini). La strategia di contenimento «non sta funzionando» (Ispi) e «chissà quando il governo aprirà gli occhi» (Il Fatto quotidiano). Di certo, noi li abbiamo chiusi entrambi, per non accorgerci che molti di quelli che oggi pontificano contro i lockdown del Dragone, ieri li magnificavano. E che qualcuno degli apologeti del regime non ha nemmeno fatto marcia indietro. Notevole il salto della quaglia del Corriere della Sera. A marzo 2020, il quotidiano titolava: «Così il modello cinese ha funzionato: soltanto 36 nuovi casi a Wuhan». Prendendo per buoni, dopo mesi di colpevoli menzogne e reticenze, i bollettini diramati dalle autorità del Paese asiatico. E non accorgendosi dei costi umani ed economici delle serrate. Come dimenticare, d’altronde, la madre di tutte le giravolte? A gennaio 2020, il direttore dell’Oms, Tedros Adhanom, elogiava Pechino, poiché stava «definendo nuovi standard per la lotta alle epidemie». Ma a maggio di quest’anno, il funzionario ha ritrattato: «Non pensiamo» che la politica Covid zero «sia sostenibile, considerando il comportamento del virus». Che sarà pure diventato più elusivo, più subdolo, più contagioso. Ma già due anni fa era impossibile da eradicare piazzando la gente ai domiciliari.Non se n’era reso conto, all’epoca, il gastroenterologo catodico, nonché presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. Che però, a posteriori, aveva percepito l’imbarazzo di essersi esposto a favore degli eredi di Mao, per poi trattarli da invasati. Così, ad aprile, su Twitter, provava a buttare la palla in tribuna. La Cina? «Modello nel 2020. Disastro nel 2022». A parità di serrate, prevaricazioni e abusi. Se non altro, il medico siciliano ha capito che non poteva fare finta di niente. In quel fatidico marzo del 2020, intervistato da Health online, proclamò infatti: bisogna seguire il modello cinese. «Fare come la Cina», all’inizio, pareva soltanto una provocazione in stile Klaus Davi: il massmediologo la sparò il 10 febbraio 2020, ospite di Dritto e rovescio, su Rete 4. Poi, divenne il mantra di un mandarino impenitente: Walter Ricciardi, consulente dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza. Nel giugno 2020, il prof aveva proposto una soluzione inedita per riaprire le scuole in sicurezza: «Fare come la Cina». L’ex attore era stato protagonista di una campagna social per bacchettare la Gran Bretagna, tentata dalla chimera dell’immunità di gregge e a corto di strumenti per la ventilazione meccanica. Quando a noi arrivò la donazione di marchingegni cinesi, sbottò: «Questo è l’incredibile modo con cui il governo inglese sta affrontando il problema della carenza di respiratori, viva l’Italia, viva l’Unione europea, grazie Cina». Ai tempi, partirono staffilate anche da Roberto Burioni: «La Cina», cinguettò, «in teoria un regime autoritario e feroce, fa di tutto per salvare i suoi cittadini; una democrazia di antichissima tradizione», l’Inghilterra, appunto, «accetta cinicamente la morte di centinaia di migliaia di cittadini». Mentre «l’ultimo guappo» ha abbassato il profilo da un pezzo, tiene duro il viropiddino Andrea Crisanti. Che due giorni prima delle elezioni di settembre, replicando a Giorgia Meloni, contestava proprio la filosofia di Ricciardi, ma finiva per incartarsi: «Sono due anni che combatto contro il modello cinese», ha rivendicato. Tuttavia, «le nazioni che l’hanno applicato sono uscite da questa epidemia a testa alta, con un bassissimo numero di morti e pochissimi danni economici». Gli Stati che aveva in mente l’attuale senatore dem erano Nuova Zelanda, Australia, Corea del Sud, Giappone. Il «modello asiatico non autoritario» che, a dicembre 2021, veniva coccolato da Rampini, l’intellettuale che fustiga Xi. Nondimeno, a Piazzapulita, nell’ottobre 2020, egli riconobbe un merito ai cinesi: «Con i metodi autoritari sono riusciti a uscire rapidamente» dall’emergenza.In fondo, mezzo governo Conte bis era rimasto avviluppato nelle spire del Dragone. Il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, sul Global Times - foglio di propaganda del regime comunista - aveva osannato le autorità cinesi per «aver condiviso il lavoro di prevenzione con noi». E che l’ispirazione per i lockdown fosse partita proprio dall’Oriente, lo ha confermato Speranza a Lucia Annunziata, lo scorso febbraio: «Solo la Cina aveva una situazione già di esperienza su questa materia e abbiamo scelto una strada molto molto dura». Spianandola al resto del mondo. Tuttora, la retorica dello sforzo bellico e del nemico da sconfiggere definitivamente incontra illustri proseliti: appena un mese fa, Sergio Mattarella sottolineava che «non possiamo ancora proclamare la vittoria finale sul Covid-19». Dunque, quand’è che dichiareremo chiusa la pandemia? A zero contagi? Ma non è questa l’«utopia» di Xi?I «competenti» spiegano: nel 2020 era logico imitare la Cina. Dopodiché i vaccini hanno cambiato la situazione: si può convivere con il virus. Come mai, allora, dai verbali del Cts è emerso che gli scienziati che affiancavano Giuseppe Conte non caldeggiavano la serrata nazionale? Come mai c’erano studi internazionali che non raccomandavano i lockdown generalizzati? E perché l’inutile vessazione del coprifuoco è durata fino al 21 giugno 2021, quando le persone più a rischio erano state immunizzate da un po’? La verità è che il partito cinese, in Italia, ha sempre raccolto parecchi consensi. Anche se chi sventolava la bandierina rossa, oggi, fischietta.
Matteo Salvini (Ansa)
Il ministro: «Le toghe politicizzate sono una minoranza pericolosa da isolare per il bene della democrazia». L’ex membro Csm: «Le opinioni dell’Anm si riverberano sulle inchieste». Ambrogio Cartosio: «Ricostruzioni fantasiose».
La verità fa male: lo scoop di ieri del nostro giornale, con l’intervista del vicedirettore Giacomo Amadori al giudice Anna Gallucci, fa tornare indietro di anni le lancette del rapporto tra politica e magistratura e scatena la inevitabile indignazione di Matteo Salvini. La Gallucci ha rivelato, tra le altre cose, un episodio inquietante accaduto a Termini Imerese e risalente al 2018: «ll procuratore (Ambrogio Cartosio, ndr), titolare per legge dei rapporti con i cronisti», ha raccontato tra l’altro la Gallucci, «mi autorizzò a partecipare con lui a una conferenza stampa, all’indomani delle elezioni politiche del 2018.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.






