Sono strumenti collegati a titoli diversi: se questi non scendono sotto una certa soglia si ottiene una cedola. Fra il 2004 e il 2012 il 47% ha passato il limite. Però con i prodotti giusti si può arrivare a guadagni a due cifre.
Sono strumenti collegati a titoli diversi: se questi non scendono sotto una certa soglia si ottiene una cedola. Fra il 2004 e il 2012 il 47% ha passato il limite. Però con i prodotti giusti si può arrivare a guadagni a due cifre.I certificati di investimento hanno ormai fatto breccia nei portafogli degli investitori anche per l'interesse crescente dei consulenti finanziari, che vedono in questo genere di strumenti un'opportunità di diversificazione.«Fiscalmente efficienti, al punto da permettere la compensazione delle minusvalenze presenti nello zainetto fiscale, protettivi in maniera incondizionata o condizionata, i certificati occupano ormai stabilmente una casella nello scacchiere di chi si occupa di pianificazione finanziaria», spiega Pierpaolo Scandurra, direttore generale di Certificati e derivati, centro di formazione su questi strumenti. «In termini di rischio è bene sapere che i certificati sono equiparati ai Bond senior, risultando così assimilabili a uno strumento obbligazionario per ciò che concerne il rischio emittente».In pratica i certificati sono delle «scommesse» da piazzare sui mercati legati ad azioni, tassi di interesse, materie prime. In base all'andamento di alcuni titoli contenuti (il «basket» di titoli), se si realizzano alcune condizioni, al termine del periodo prefissato si può incassare il «bottino».Sul mercato secondario (quello in cui ha luogo lo scambio di titoli già in circolazione di Borsa italiana) i certificati hanno visto un rapido sviluppo e oggi se ne contano in quotazione circa 4.000, suddivisi tra varie tipologie ed emittenti. «Non esiste un certificato uguale a un altro», spiegano alla Verità da Exane, emittente di certificati, «per comprenderne il funzionamento è richiesta una lettura attenta della documentazione e conoscenze finanziarie di cui non tutti dispongono. Bisogna inoltre possedere, ai fini dell'acquisto, una corretta classificazione Mifid all'interno del proprio intermediario finanziario. Questa particolare tipologia di strumento consente all'investitore di ricevere una cedola (ovvero un rendimento all'interno di un definito arco temporale) condizionata al fatto che i sottostanti (spesso azioni o indici) non abbiano perso più di una determinata percentuale rispetto al loro valore iniziale fissato al momento del lancio del prodotto».Attenzione, quindi, si tratta di prodotti non adatti a tutti gli investitori. «Uno studio di alcuni fa pubblicato dall'associazione di emittenti di certificati che analizzava questo tipo di prodotti in un periodo significativo come quello compreso fra il 2004 e il 2012», ricorda Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «in sintesi era arrivato alla conclusione che nel caso dei “bonus certificates" (fra i più comuni) la barriera, cioè l'evento “nefasto", era stata raggiunta nel 47% dei casi e, nel periodo 2004-2008, addirittura nell'82,8% dei casi (qui va ricordato che coincide con un mercato marcatamente ribassista con il crollo della grande crisi). Percentuali da testa o croce», dice Gaziano.Ciò non toglie che, con l'aiuto di un buon consulente, le opportunità non manchino. Ne sono un esempio, spiega Scandurra, «il Bonus cap su Intesa San Paolo che consente la realizzazione di un rendimento pari al 17,25%. Oppure il Phoenix maxi coupon di Natixis che consente l'ottenimento di un rendimento pari al 41,66% a fronte di un profilo difensivo di oltre il 30%». Bene anche un altro prodotto di Natixis che punta su Unicredit, Intesa e Telecom e un certificato di Deutsche bank su Telecom, che dall'emissione ha permesso un rendimento del 23,95%.
(IStock)
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