2019-11-07
I calciatori «evadono» dal ritiro. De Laurentiis ha perso il Napoli
Squadra in rivolta contro la punizione imposta dal presidente nonostante la buona prestazione in coppa. La società va per avvocati e minaccia sanzioni ai giocatori. Allo studio pure la cacciata di Carlo Ancelotti.«Questa nave è piccola e se ci mettiamo anche l'odio non ci stiamo più noi». La battuta immortale di Fletcher Christian (era Marlon Brando, poi Mel Gibson) sul Bounty in ammutinamento dà il senso del malessere che si vive a Napoli dopo la notte ribelle. Tutti contro il capitano William Bligh, tutti contro Aurelio De Laurentiis che adesso è intenzionato a inventarsi, per i reprobi, qualcosa di peggio del giro di chiglia. Il presidente vuol querelare tutta la squadra. E se non ci riesce, piegarla di multe come mai era accaduto nella storia del pallone. Sembra pazzesco, ma il comunicato del club di questo parla e lo fa con frasi che somigliano a frustate. Dopo averlo letto, i giocatori hanno telefonato ai loro avvocati. Dopo averlo letto, Carlo Ancelotti ha deciso che questa avventura potrebbe già essere ai titoli di coda. La storia è semplice, ma come spiegava Leonardo Sciascia «le storie semplici sono molto complicate». La squadra gioca bene ma perde colpi, vive di strappi e di amnesie, gli attaccanti sbagliano troppi gol e la classifica (settimo posto a 11 punti dalla Juventus e a 3 dalla zona Champions) è mediocre in rapporto alle aspirazioni e alla caratura del roster. De Laurentiis decide di mandare tutti in ritiro secondo un cliché ritenuto sorpassato ma che ancora oggi in molti adottano, basta chiedere informazioni ai calciatori del Milan. La squadra si adatta a malincuore, il tecnico è contrario ma abbozza, sperando di farlo annullare dopo una partita convincente in Champions League.Con il Salisburgo va in onda il solito reality: pali, gran gol di Hirving Lozano, errori, blackout anche di Kalidou Koulibaly (il top player in assoluto), uno a uno. Invece che il premio da 2,7 milioni per la vittoria, l'Uefa sgancia solo i 900.000 euro del pareggio. De Laurentiis s'infuria e riconferma il ritiro nell'hotel attiguo alla sede ma i giocatori si rifiutano e questa volta Ancelotti prende cappello in loro favore. È una sua caratteristica dominante; lui sta sempre con lo spogliatoio. Fu la sua fortuna a Madrid (tutti contro Florentino Perez), ma la sua disdetta a Monaco di Baviera, dove Arjen Robben, Franck Ribery e risultati da paura gli scavarono la fossa dall'interno. Tutto questo matura nel ventre del San Paolo, la truppa si dilegua, il presidente pensa a drastiche decisioni e le televisioni titolari dei diritti Uefa (prima fra tutte Sky) non vedono comparire i protagonisti per i commenti a caldo. Si annuncia la bufera, che il silenzioso allenamento mattutino contribuisce a concretizzare. Mentre Dries Mertens, José Maria Callejon e Lorenzo Insigne (il più contrario al ritiro) sgambano sul prato, De Laurentiis è a consulto con l'avvocato Mattia Grassani, esperto di diritto sportivo, per stabilire il perimetro della repressione. Eccola, parole e musica, la letterina presidenziale. «La società comunica che, con riferimento ai comportamenti posti in essere dai calciatori della propria prima squadra nella serata di martedì 5 novembre procederà a tutelare i propri diritti economici, patrimoniali, di immagine e disciplinari in ogni competente sede». L'azione legale è implicita anche se rimane la più estrema delle conseguenze, una pistola carica sul tavolo per dare un segnale. Ci sono parole definitive anche per il tecnico. «Si precisa inoltre di avere affidato la responsabilità decisionale in ordine all'effettuazione di giornate di ritiro da parte della prima squadra all'allenatore della stessa, Carlo Ancelotti». L'accusa è precisa: il responsabile del ritiro era lui, ma non è stato capace di indurre i calciatori ad andarci. Quindi è sullo stesso banco degli imputati; per alcuni media il numero uno avrebbe chiesto lumi a Grassani per risolvere il contratto con Ancelotti. Una realtà impensabile che fa ripiombare il Napoli dentro stagioni caotiche e depresse al tramonto dell'era Ferlaino. Un corto circuito imprevedibile proprio nella stagione in cui tutto l'ambiente sperava di cogliere i frutti (traduzione: vincere qualcosa) al culmine di un percorso virtuoso di crescita strutturale. Il trionfo con il Liverpool campione d'Europa è di un mese e mezzo fa, tutto è ancora possibile, ma evidentemente qualcosa si è rotto nel rapporto fra presidente, tecnico e squadra. De Laurentiis, principale artefice dello straordinario upgrade del club a livello internazionale, non ha un carattere facile e non è propriamente un mecenate. Difficile che perda soldi con il calcio, prima di muovere un passo calcola pro e contro, sembra un Erick Thohir di Mergellina. Secondo Calcio&Finanza nel 2018 ha staccato una cedola di 4,4 milioni per sé e figli. Ma ha saputo assemblare una squadra formidabile, la più vicina per caratura tecnica all'inarrivabile Juventus.Il suo malumore quasi perenne, indirizzato platealmente ai gioielli Mertens e Callejon definiti troppo costosi («Se trovano chi li paga di più possono andare»), in realtà ha un altro obiettivo, Carlo Ancelotti, la sua grande delusione. È uno dei tecnici più celebri del mondo, guadagna sei milioni l'anno - il triplo del Maurizio Sarri partenopeo - ma finora non ha dato alla squadra alcun valore aggiunto. È godibile, saggio, battutista. È un grande gestore di campioni e allenatore di giornalisti. Ma a Napoli sta mostrando un deficit di determinazione, di grinta che per De Laurentiis è insopportabile. L'immagine non basta, numeri alla mano sta facendo peggio di Walter Mazzarri. Il turno di Champions è a un passo, il resto è da ricostruire. E a giugno il divorzio, forse prima, dipende solo dalle penali.\
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)