2018-07-19
I buonisti usano i morti come arma politica
La turpe profezia dello «Strega» Edoardo Albinati si è avverata: la sinistra ha ottenuto il martire da agitare contro il segretario leghista Ma i compagni, quando perivano in migliaia con Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, stavano zitti. L'unica salvezza sta nel fermare le partenze. Ci vorrebbe un morto, disse lo scrittore Edoardo Albinati interpretando il pensiero di tanti progressisti. Ci vorrebbe un morto da poter scagliare in faccia a Matteo Salvini e a questo governo che si oppone agli sbarchi degli immigrati. E il morto c'è stato ed è subito stato usato per accusare il ministro dell'Interno di essere un killer di profughi. Perché il cinismo di chi si crede migliore non si ferma neppure di fronte all'orrore e alla morte. «Io stesso, devo dire con realpolitik di cui mi sono vergognato, ieri ho pensato, ho desiderato, che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho detto: adesso se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede per il nostro governo». Queste le parole testuali del premio Strega, lo scrittore cattolico e di sinistra che corrisponde al nome di Edoardo Albinati. Parole che dovrebbero essere lette in tutte le scuole per spiegare chi siano davvero i finti buonisti, quelli che fingono di commuoversi di fronte agli occhi agghiaccianti di Josephine, la profuga salvata nel Mediterraneo mentre andava alla deriva dopo essere stata 48 ore aggrappata a un legno. Josephine, la sua tragedia, la fine in fondo al mare dei suoi compagni di viaggio, di un bambino e di sua madre, servivano agli Albinati di turno e ai compagni per poter contestare Salvini e la sua politica di chiusura dei porti. A loro, in realtà, di quegli occhi imploranti non interessa nulla, non vogliono condividerne il terrore e l'angoscia, vogliono solo servirsene per una lotta politica. Le vittime sono necessarie per raggiungere lo scopo, perché il fine giustifica i mezzi. E Josephine è il mezzo. Subito il coro progressista ha messo in stato d'accusa Salvini. Colpa sua se Josephine era alla deriva e i suoi compagni di viaggio in fondo al mare. È lui il carnefice e la tesi è sostenuta nonostante Salvini non c'entri nulla e sebbene ci sia prova del soccorso prestato dalla Guardia costiera libica. Non importa, non bisogna sottilizzare, perché il morto c'è e va utilizzato. E così si sbandierano i dati per dimostrare che, da quando il segretario della Lega è al Viminale, da quando le Ong sono state allontanate dalle acque di fronte a Tripoli, si muore di più. Quasi 1.000 morti, rivelano le organizzazioni umanitarie per sostenere la campagna antigovernativa, così da poter accusare Salvini di avere le mani sporche del sangue dei migranti. Perché l'odio di chi si professa buono è enorme. In realtà, non solo nella tragedia di Josephine l'Italia e il suo governo non c'entrano nulla, ma non hanno neppure la responsabilità di aver accresciuto il numero di morti fra gli immigrati, per il semplice motivo che la crescita non c'è. Ne vi è alcuna connessione tra numero di vittime e l'allontanamento delle navi delle Ong. A rivelarlo sono le stesse cifre che le associazioni buoniste esibiscono come capo d'accusa. Basti dire che nel 2016, quando a Palazzo Chigi c'era Matteo Renzi, presidente del Consiglio che non chiudeva i porti e neppure contrastava le Ong, gli immigrati morti in mare secondo l'Oim, organismo che sui occupa di migrazioni per conto dell'Onu, furono 4.581. E nel 2017, quando al governo c'era il mite Paolo Gentiloni, si arrivò quasi a 3.000 (2.853 per la precisione). Anche Renzi e Gentiloni erano killer di migranti? Anche loro erano cuori di pietra che non si commuovono come Salvini? Anche loro gioivano a ogni bambino morto, come ha scritto Roberto Saviano del ministro dell'Interno beccandosi una querela? Oh, naturalmente conosco già l'obiezione. Se ci sono stati tanti morti durante l'era Renzi non è per colpa dell'ex presidente del Consiglio, perché a quei tempi c'erano molti più sbarchi e dunque è naturale che vi fossero molti più morti. Ciò non solo dimostra che, aumentando gli sbarchi e pure le navi delle Ong, non si prevengono le vittime, che sono state anche il doppio o il triplo di quelle registrate nei primi sei mesi di quest'anno, ma è pure falso. Infatti, la percentuale tra vittime e sbarchi in certi mesi è la stessa. L'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) certifica che ad aprile del 2016, a fronte di 8.000 profughi partiti, ci furono 615 vittime, il 7,6 per cento del totale. E a febbraio 2018, con Gentiloni, i morti furono 121 a fronte di 1.434 partenze, pari all'8,4 per cento del totale. A giugno, primo mese imputabile a Giuseppe Conte e Salvini, i profughi salpati dalle coste africane sono stati 7.413 e gli annegati 565, il 7,6 per cento. La verità è che non si possono mettere in conto i morti a chi dice di voler fermare il traffico di esseri umani. Non si muore perché la Guardia costiera ti riporta indietro o perché non c'è nessuno che ti salvi. Si muore perché si parte e l'unico modo per impedire che il numero di morti aumenti è fermare chi si avventura nella traversata. Josephine, la sua amica e il suo bimbo, non sono vittime di Salvini, ma pesano sulla coscienza di chi le ha spinte a partire. E tra i responsabili ci sono anche i buonisti che si augurano il morto.
Jose Mourinho (Getty Images)