
Il nuovo piano: cedere la quota in Edizione, che controlla Atlantia e altre società, per 3,6 miliardi. La famiglia di Ponzano Veneto non dovrebbe usare i soldi per le cause e lo Stato potrebbe dire di aver risparmiato.Bisogna ammettere che la famiglia Benetton ha grande rispetto dei propri manager. Se li caccia concede laute buonuscite (il caso di Giovanni Castellucci) oppure fa in modo che il nome del nuovo ingresso faccia subito dimenticare quello del sostituito. È il caso di Gianni Mion, diventato un manager incandescente dopo la diffusione delle intercettazioni nelle quali confermava il pericoloso gioco di tagliare le manutenzioni per favorire i dividendi (destinati alla famiglia). A prendere il suo posto è stato chiamato uno dei commissari governativi più celebri, Enrico Laghi. Un passato con decine di incarichi e una agenda ancora estremamente fitta che lo rende uno dei più forti negoziatori d'Italia. Fino a ieri dalla parte dello Stato, da domani dalla parte del gruppo di Ponzano Veneto. La sua nomina a presidente e ad di Edizione (la holding che con il 30% controlla l'intera Atlantia che a sua volta controlla Autostrade per l'Italia) è stata accolta dalla politica con grandi silenzi. A uscire allo scoperto è stata una ex ministra grillina, Barbara Lezzi. «Pensate che nel 2018, solo per incarichi di commissario straordinario di governo, arriva ad occupare la bellezza di dieci poltrone. Da Alitalia a Ilva, da Sanac a Socova. E ancora, occupa anche tre poltrone da presidente di consiglio di amministrazione, cinque da consigliere, una da presidente di collegio sindacale e una da semplice sindaco», ha scritto la pasionaria a 5 stelle. Professore ordinario alla Sapienza e commercialista, Laghi finisce nel mirino della Lezzi per i numerosi incarichi ma non solo. «Come faccia Laghi a rendere i suoi prestigiosi servizi su tanti fronti è impossibile da capire ma, quello che si sa, è che il Partito democratico si è rivolto spesso proprio a lui. E ora anche i Benetton. Gualtieri e i Benetton si saranno fatti un amico in comune?» è quello che la grillina definisce «un legittimo sospetto» perché «Enrico Laghi, sino al 13 maggio 2020, e non mi risulta sia cessato l'incarico, era consulente del ministro Gualtieri». Alla Verità non risulta in essere alcun contratto, ma il tema sollevato dall'ex titolare del ministero del Sud appare tanto interessante quanto è delicato il nuovo incaricato affidato al negoziatore. La trattativa per il riassetto di Aspi vede da più di un mese in prima linea Cdp insieme ai fondi Macquarie e Blackstone, fattisi avanti con due offerte per rilevare l'88,06% della concessionaria. Proposte «bocciate» entrambe da Atlantia perché i termini economici erano ritenuti ancora non adeguati. Cassa e soci hanno messo sul piatto fin dall'inizio una valutazione del 100% di Aspi nel range di 8,5-9,5 miliardi, rimasta invariata nelle due offerte. Ora entro il 30 Atlantia attende da Cassa e soci un'offerta. Il vero nodo è sempre stato e continua a restare il Pef che, regolando il sistema delle tariffe per i prossimi anni, è il vero cardine per poter determinare il valore della concessionaria. Ma sul piano, dopo i rilievi dell'Autorità di regolazione dei trasporti, ci sarebbe una situazione di stallo con il rischio concreto di dover alzare le tariffe a carico degli automobilisti per non abbattere troppo i margini e far scappare gli investitori esteri. Ipotesi estremamente discutibile se portata avanti da un gruppo privato, impossibile da realizzare se la proprietà diventa pubblica. Qui si inserirebbe il nuovo arrivato Laghi: il suo compito sarebbe di ragionare fuori dagli schemi e invertire l'intera trattativa. Invece di vendere solo Austostrade proverà a vendere allo Stato l'intero blocco. Cioè tutte le quote di Edizione in Atlantia. Si tratta di un 30% che vale sul mercato di Borsa circa 3,6 miliardi e con cui la famiglia di Ponzano Veneto gestisce non solo Aspi, ma anche Aeroporti di Roma (per il 96%), Pavimental, Telepass, Spea engineering e, al di fuori dei confini italiani, persino il 50% più uno di Abertis, la multinazionale spagnola che opera in 60 Paesi nel comparto delle infrastrutture delle telecomunicazioni. Sarebbe un bel colpo per Laghi. Potrebbe comunicare che ai Benetton alla fine vanno meno soldi: 3,6 miliardi contro gli 8-9 potenziali per Aspi. Ma in realtà sarebbe una vittoria. Sarebbe infatti denaro contante e non liquidità da destinare a tappare debiti e guai giudiziari. Se fosse Cdp l'acquirente potrebbe vantare ugualmente il successo. Minore esborso di denaro pubblico e molti più asset da portare a casa. Compreso il colpo grosso a Barcellona dove è quotata Abertis. Immaginiamo che lo schema sia già concordato tra le parti. Difficilmente Laghi si sarebbe imbarcato nell'impresa, altrimenti. Insomma, tutte e due le parti canterebbero vittoria. E resterebbe solo aperto il tema della manleva e dei danni dovuti agli esiti delle inchieste giudiziarie. Cosa non da poco. Ma - ribadiamo - la politica potrebbe sempre vantarsi di aver risparmiato sulla carta quasi 5 miliardi. Tanto le eventuali rogne non sbucherebbero prima di qualche anno. Nel frattempo si tratterebbe di trovare un manager pubblico in grado di gestire investimenti così diversi che vanno da Roma al Sud America. Si fa già un nome: Luigi Ferraris, da poco uscito da Terna, che ha coordinato per anni le attività estere di Enel.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






