2020-06-19
I Benetton chiedono manforte all’Ue. «Siamo discriminati dal governo»
Luciano Benetton (Getty images)
I vertici di Autostrade scrivono a Valdis Dombrovskis: «Il nostro titolo ora è spazzatura per le mosse dell'esecutivo» Poi gridano alla disparità di trattamento: «Quando è caduto il ponte di Aulla nessuno ha attaccato Anas».A dispetto di quanto immaginassero i 5 stelle e il resto del governo Conte, la famiglia Benetton è tutt'altro che imbelle. Il 9 giugno i vertici di Autostrade per l'Italia hanno spedito una lettera direttamente al vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, con l'intento di chiedere un immediato intervento contro il governo giallorosso. «A seguito dell'adozione del Milleproroghe», si legge nella missiva, «dal gennaio 2020 Aspi e a controllante Atlantia hanno perso il loro status di investment grade», i loro rating sono stati declassati a spazzatura da Moody's, Standard & Poor's e Fitch. «Tutte queste agenzie hanno evidenziato al mercato che la causa del declassamento sono proprio le modifiche normative inserite retroattivamente. È quindi della massima importanza che la Commissione valuti la situazione e contribuisca a fornire certezze legali su una questione che potrebbe compromettere seriamente i piani di investimento e la sopravvivenza della società stessa». La famiglia Benetton ha poi puntato il dito su questioni politiche. La prima sarebbe, a detta dei vertici di Aspi, la disparità di relazioni rispetto ad Anas. «L'atteggiamento delle autorità italiane è ancora più ingiustificato», si legge, «se si considera l'approccio totalmente diverso adottato nei confronti dell'Anas a seguito del recente crollo del ponte di Aulla in Toscana». Il gruppo di Ponzano Veneto ricorda che dopo il crollo del ponte, avvenuto lo scorso 8 aprile, il governo e i politici italiani non hanno preso alcuna iniziativa né fatto dichiarazioni volte a un possibile ritiro della sua concessione. Al contrario, Anas rimane la società che, ai sensi dell'articolo 35 del Milleproroghe, subentrerà alla concessione dell'Aspi qualora quest'ultima venisse revocata in relazione al crollo del ponte a Genova. «Se si confronta l'atteggiamento nei confronti delle due società» prosegue il testo, «possiamo vedere che si tratta di un chiaro caso di discriminazione». Un'accusa che ricollega strettamente all'altro pilastro politico della missiva. I vertici di Aspi fanno anche riferimento alle dichiarazioni del vice ministro al Mise, Stefano Buffagni, il quale un mese fa definì, preventivamente, scandalosa la richiesta da parte del gruppo di aderire alle garanzie pubbliche erogate tramite Sace. Un'uscita politicamente condivisa da molti, viso la storia del gruppo ricca di dividendi, ma tecnicamente poco avveduta. Non c'era infatti alcuna clausola nel decreto Rilancio che potesse mettere Aspi o altre aziende dl gruppo fuori gioco. Da qui la scelta dei Benetton di schiacciare sul pedale legale e circondarsi di un folto numero di avvocati. Non è nemmeno la prima lettera inviata a Bruxelles. Questa però cade a ridosso del 30 giugno, data in cui il governo dovrebbe definire il tema della revoca della concessione. La realtà è che le due parti in causa - governo e Benetton - non si comprendono. Sono su due mondi diversi. E soprattutto entrambe cercano di una soluzione che porti benefici economici. Ormai è esclusa la revoca della concessione. Il governo non è in grado di portarla a termine, ma i 5 stelle non vogliono perdere la faccia dopo averne fatto un cavallo di battaglia. Non a caso la risposta più piccata è arrivata ieri dal vice ministro Giancarlo Cancelleri: «È una questione che riguarda esclusivamente le autorità italiane. Scrivere lettere non serve a niente, è arrivato il momento di prendersi le proprie responsabilità». La politica sa però che più passa il tempo più il valore del gruppo scende. Sarà così più facile entrare con la partecipazione pubblica e abbattere il costo dell'investimento. Nell'ottica dei giallorossi è il modo per salvare capra e cavoli. Dall'altra parte, i Benetton cercano un partner europeo con cui condividere le quote della controllante Atlantia. Avere un grande colosso a fianco, come potrebbe essere la francese Vinci, permetterebbe al gruppo di diventare ancora più paneuropeo e quindi smettere di dover dialogare con Roma, e alzare il tono a Bruxelles. Da qui le lettere dirette alla Commissione. Il problema - e vale sia per i Benetton che per il governo - è che il 30 giugno non succederà nulla. Partirà solo una trattativa per la revisione della concessione e delle tariffe. Entrambi i litiganti per trovare una soluzione hanno bisogno di sedersi al tavolo con la controparte. L'esito della trattativa definirà il prezzo di Aspi e quindi il valore della controllante. Insomma, un cortocircuito vero e proprio che potrebbe essere interrotto dall'Europa con una sorta di arbitrato. Di certo Conte non freme, sul tavolo ha il problema Alitalia pronto a scoppiare se l'Ue dovesse stoppare i contributi pubblici e pure l'ex Ilva anch'essa appesa a probabili contributi Ue sul green. Insomma, il governo cercherà di barattare queste tre grosse partite accettando il Mes e la versione tedesca del Recovery fund.