2024-12-02
Ultima figuraccia di Biden: si rimangia la parola e concede la grazia al figlio
Joe Biden e il figlio Hunter (Ansa)
Joe salva Hunter dalle due condanne subite e da tutti i possibili reati commessi dal 2014. Cioè, da quando il rampollo entrò nell’ucraina Burisma. The Donald: «È un abuso».Lo scudo è un autogol per il partito, che da sempre accusa il tycoon di politicizzare la giustizia. Un altro cortocircuito, dopo gli sfondoni dell’Fbi e le censure sui social.Lo speciale contiene due articoli.E meno male che era Donald Trump a politicizzare la Giustizia! Domenica, Joe Biden ha concesso il perdono presidenziale a suo figlio Hunter, che aveva subito due condanne penali: una per possesso illecito di arma da fuoco e l’altra per reati fiscali. Rischiava fino a 25 anni di prigione per la prima e fino a 17 per la seconda. Se i legali di Hunter hanno prontamente chiesto l’archiviazione dei suoi casi giudiziari, le polemiche non sono tardate a esplodere. «La grazia concessa da Joe a Hunter include gli ostaggi del 6 gennaio, che sono stati imprigionati per anni? Che abuso e ingiustizia giudiziari!», ha tuonato Trump, mentre malumori si sono registrati anche tra esponenti dem, a partire dal governatore del Colorado, Jared Polis. Ora, è vero che Bill Clinton graziò suo fratello Roger nel 2001 e che Trump fece altrettanto con il consuocero Charles Kushner nel 2020. Tuttavia la mossa di Biden appare assai controversa sotto svariati aspetti.Innanzitutto, a giugno, Biden aveva escluso di voler graziare suo figlio. «Ho detto che mi atterrò alla decisione della giuria. Lo farò. E non gli concederò il perdono», disse. Una linea, questa, che era stata confermata il 7 novembre dalla portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. In secondo luogo, Biden ha giustificato la grazia, lasciando intendere che Hunter avrebbe subito una persecuzione politico-giudiziaria. «Nessuna persona ragionevole che esamina i fatti dei casi di Hunter può giungere ad altra conclusione se non che Hunter è stato preso di mira solo perché è mio figlio, e questo è sbagliato», ha affermato il presidente uscente. Eppure, quando Trump definì una «caccia alle streghe» la condanna che aveva subito sul caso Stormy Daniels, proprio Biden lo accusò di «cercare di indebolire il sistema giudiziario». Non solo. Nel 2022, quando il tycoon si lamentò del raid dell’Fbi in casa sua, l’allora Speaker della Camera, Nancy Pelosi, sentenziò: «Nessuno è al di sopra della legge».In terzo luogo, oltre alla palese incoerenza del presidente, emerge un ulteriore aspetto controverso. Il perdono concesso ad Hunter è estremamente ampio e somiglia molto a quello con cui, nel 1974, Gerald Ford salvò di fatto Richard Nixon, appena dimessosi a causa dello scandalo Watergate. «Ho concesso a Robert Hunter Biden un perdono completo e incondizionato per quei reati contro gli Stati Uniti che ha commesso o potrebbe aver commesso o a cui ha preso parte durante il periodo che va dal primo gennaio 2014 al primo dicembre 2024», si legge nel testo della grazia. Questo vuol dire che Biden non ha salvato il figlio soltanto dagli effetti delle condanne subite ma che lo ha anche «scudato» rispetto ad altri reati che potrebbe aver commesso negli ultimi dieci anni.Non è del resto un caso che il presidente uscente abbia citato esplicitamente il 2014. Non dimentichiamo che Hunter entrò ai vertici della controversa azienda ucraina Burisma proprio quell’anno e che i procuratori stavano ancora indagando su di lui per presunta violazione della legge che impone la registrazione ai lobbisti operanti per conto di entità straniere. Si tratta di un filone, quest’ultimo, che stava lambendo lo stesso Joe Biden: nonostante l’attuale inquilino della Casa Bianca avesse spesso detto di non essere mai stato coinvolto negli affari del figlio, è emerso invece che, tra il 2014 e il 2015, Hunter mise più volte in contatto il padre, all’epoca vicepresidente degli Stati Uniti in carica, con i suoi controversi partner in affari. A rivelarlo fu un ex socio e amico di Hunter, Devon Archer, durante un’audizione al Congresso l’anno scorso.Non solo. Archer, che era stato nel board di Burisma, raccontò anche che quest’ultima aveva assunto Hunter proprio per avere protezione dalle «pressioni» investigative che arrivavano dal governo di Kiev. Ricordiamo sempre che Biden, nel 2015, intimò all’allora presidente ucraino, Petro Poroshenko, di licenziare il procuratore generale Viktor Shokin, minacciando di bloccare gli aiuti americani all’Ucraina, qualora ciò non fosse avvenuto. Sarà stato un caso, ma Shokin, silurato poi nel 2016, aveva indagato su Burisma per corruzione. Ricordiamo anche che, a partire dal 2014, Biden, da vicepresidente americano, sovrintendeva ai rapporti tra Washington e Kiev. Il fatto che suo figlio fosse entrato ai vertici di Burisma proprio quell’anno fece emergere fondati sospetti di conflitto d’interessi. La gravità del perdono ad Hunter non sta quindi solo nell’incoerenza di Biden ma anche nel fatto che, per la sua ampiezza, la grazia riguarda questioni che sfiorano lo stesso presidente uscente.Insomma, chi ha politicizzato la Giustizia sono stati principalmente i dem. E comunque, dal punto di vista eminentemente politico, il perdono ad Hunter rappresenta, volente o nolente, un assist a Trump. Il presidente in pectore ha infatti l’occasione non solo di ritorcere contro i suoi avversari l’accusa di strumentalizzare il sistema giudiziario ma, grazie a questo precedente, avrà più margine di manovra per graziare chi vorrà. Non solo. Avrà anche maggiore leva per far passare al Senato due nomine che hanno irritato i progressisti negli scorsi giorni: parliamo di Pam Bondi a procuratore generale e, soprattutto, Kash Patel a direttore dell’Fbi. Ovviamente Biden non può non rendersi conto di quello che la sua grazia comporta. Va però tenuto presente che il presidente uscente è ormai in modalità «muoia Sansone con tutti i filistei». Dopo essere stato brutalmente silurato dal Partito democratico a luglio, ha soltanto voglia di mettergli i bastoni tra le ruote e di salvaguardare i propri famigliari.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/hunter-biden-grazia-2670285475.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-il-bue-dem-da-del-cornuto-a-trump" data-post-id="2670285475" data-published-at="1733175046" data-use-pagination="False"> Ma il bue dem dà del cornuto a Trump I dem sono finiti in un cortocircuito. Hanno accusato per anni Donald Trump di aver politicizzato la Giustizia. Peccato che ad agire in questo modo sia in realtà stata l’amministrazione Biden. E non ci riferiamo soltanto alla grazia che il presidente uscente ha concesso a suo figlio. Continuano a ripetere che Trump voglia usare i poteri presidenziali per vendicarsi dei suoi nemici. Eppure è stato il procuratore generale designato da Joe Biden, Merrick Garland, a nominare un procuratore speciale, Jack Smith, che ha incriminato quello che, ai tempi, era l’avversario elettorale dello stesso Biden. Era inoltre il 2016, quando l’Fbi aprì un’indagine sulla presunta collusione tra il team elettorale di Trump e Mosca. Ebbene, il rapporto investigativo del procuratore speciale John Durham ha dimostrato che non si registravano elementi sufficienti per avviare quell’inchiesta. Non solo. Quel rapporto ha anche individuato tracce di faziosità politica alla base dell’indagine e ha infine puntato il dito contro il fatto che i federali chiesero e ottennero dei mandati di sorveglianza ai danni di un consigliere del tycoon, facendo riferimento al dossier di Christopher Steele: un documento, poi rivelatosi largamente infondato, che non era stato verificato a dovere. Se dunque c’è qualcuno che ha subito l’uso politico della Giustizia finora in America, quello è Trump. Lascia quindi perplessi che molti si stiano stracciando le vesti per il fatto che il tycoon abbia nominato Kash Patel a direttore del Bureau. Secondo alcuni è troppo fedele al presidente in pectore, secondo altri sarebbe invece troppo inesperto. Ora, la logica che sta alla base di questa nomina è chiara: Trump vuole ristrutturare pesantemente il Bureau e punta a promuovere un radicale spoil system al suo interno. In questo senso, vuole sostituire quel Christopher Wray che, da lui nominato nel 2017, non è riuscito a riformare la macchina né tantomeno ad arginare la filiera burocratica risalente alle amministrazioni precedenti. Nel 2020, l’Fbi giocò del resto un ruolo cruciale nel mettere sotto pressione le grandi piattaforme web, affinché censurassero lo scoop del New York Post che inguaiava Joe e Hunter Biden. «L’Fbi ci avvertì di una possibile operazione di disinformazione russa sulla famiglia Biden e Burisma in vista delle elezioni del 2020», ha dichiarato Mark Zuckerberg lo scorso agosto, per poi proseguire: «Quell’autunno, quando abbiamo visto un articolo del New York Post su accuse di corruzione che coinvolgevano la famiglia dell’allora candidato presidenziale dem Joe Biden, lo abbiamo inviato ai fact checker per la revisione e ne abbiamo temporaneamente ridotto la diffusione in attesa di risposta». D’altronde, l’Fbi esercitò pressioni simili anche su Twitter. Peccato però che i contenuti dello scoop del New York Post fossero veri e che la disinformazione russa, paventata da qualcuno, non c’entrasse nulla. Come se non bastasse, sotto Biden e Garland l’Fbi si è dato molto da fare per colpire i gruppi sgraditi ai dem. Era il 2023, quando fu diffuso un documento interno del Bureau, che metteva nel mirino alcune frange di cattolici tradizionalisti, accusate di estremismo. Emerse poi però che le fonti utilizzate per questo tipo di dossier erano inaffidabili, tanto che l’Fbi fu costretto a sconfessare platealmente il documento. Senza poi dimenticare l’esagerato dispiegamento di forze usato dai federali per arrestare, nel 2022, Mark Houck: un attivista pro life che venne poi assolto al processo tenutosi l’anno successivo. Insomma, sentire i dem paventare un uso politico della Giustizia da parte di Trump lascia francamente sorridere.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.