2019-02-24
Hotel Profughi Spa. Finita la pacchia, è finito il business
Gli alberghi che erano saliti sul carro dell'accoglienza ora scontano il calo degli sbarchi. Con amare sorprese. Ma non tutti gli hotel coinvolti nel giro dell'accoglienza, ne sono usciti. Alcune realtà ancora si nutrono dei bandi statali di assegnazione e, tuttavia, dove il business è ancora attivo, gli imprenditori non sembrano passarsela più come ai tempi d'oro.Hanno lucrato sui clandestini di cui la sinistra ha riempito l'Italia, qualcuno ha incassato milioni di euro e, adesso che la pacchia è finita, semplicemente se ne vanno lasciandosi dietro macerie. Parliamo degli affiliati alla Hotel immigrati Spa (per dirla alla Mario Giordano, che ha dedicato a questo tema una sezione del libro Profugopoli), di quegli albergatori, cioè, che per ovviare ai tempi di magra del turismo sono saliti sul carro dell'accoglienza. Non tutti gli albergatori che hanno sostituito i turisti con i clandestini lo hanno deciso: alcune strutture, bisogna dirlo, sono state requisite dalle prefetture a caccia di spazi, ma nella maggior parte dei casi si è trattato di una scelta. Una strada comoda per incassare, in modo sicuro, 35 euro al giorno senza dover nemmeno andare a caccia di avventori e, quasi sempre, senza preoccuparsi delle conseguenze. Quando, con il decreto Sicurezza, i 35 euro stanziati dallo Stato per ogni richiedente asilo sono scesi a 20, come per magia gli hotel si sono svuotati. «Chi vedeva l'immigrazione come una mangiatoia oggi è a dieta», sosteneva profetico il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, all'indomani dell'approvazione della norma. Così è stato e il resto lo ha fatto il crollo degli sbarchi.Ha chiuso i battenti l'Hotel Genziana di Prada, frazione dei Comuni di Brenzone e San Zeno di Montagna in provincia di Verona, una struttura da 31 posti letto dove la prefettura ha stipato, per anni, un'ottantina di sedicenti profughi. Al posto dell'improvvisato hub resta la palazzina da riqualificare per intero, nel bel mezzo delle valli veronesi a pochi chilometri dal lago di Garda.Chiuso anche l'Hotel Milano di Brescia, un albergo con ristorante e piscina alla periferia della città, rinomato a suo tempo come spazio per l'organizzazione di eventi. È stato ceduto nel tentativo di rilanciare la parte dedicata alla ristorazione, ma a quanto pare le cose non sono andate bene e ora la struttura è lasciata a sé stessa, «con evidenti segni del recente passato», racconta chi abita nella zona. Niente più affari nemmeno per chi gestiva l'Hotel Belvedere a Corleone, un tre stelle panoramico, immerso nel verde a 600 metri dal paese, in provincia di Palermo. Come fosse venuto in mente alla prefettura di inviare proprio lì i richiedenti asilo resta un mistero: il posto, certamente bucolico per soggiornare, era talmente inadatto a diventare un hub che quando, nel 2016, arrivarono i primi clandestini, si rifiutarono di scendere dal pullman, inorriditi all'idea di dover vivere tanto isolati dal resto del mondo. Oggi di quell'albergo non è rimasto che un numero di telefono che squilla costantemente a vuoto.Anche la riviera romagnola è stata meta prediletta, negli ultimi anni, della Hotel immigrati Spa. A Cesenatico, dove la battaglia dei cittadini contro i centri d'accoglienza piazzati proprio nel cuore del paese è durata anni, ha finalmente cessato l'attività l'Hotel Sintini, improvvisato centro profughi, che chi lo gestiva ha lasciato «in condizioni indecorose». Ha cambiato nome, invece, l'Hotel Splendid, un tempo tra i più rinomati della cittadina, divenuto simbolo del danno che l'accoglienza indiscriminata ha fatto al turismo. In una delle vie più frequentate della località turistica, l'albergo si era trasformato in una sorta di campo profughi, con decine di immigrati ospitati in una struttura fatiscente e «con materassi uno sopra l'altro abbarbicati ai muri delle camere» e «terrazzi impraticabili, trasformati in vere e proprie discariche all'aria aperta», segnalavano gli abitanti. Lo scorso luglio gli ospiti sono stati spostati altrove e l'albergo sta tentando il rilancio. Ora si chiama Hotel Le vele e per ripartire ha scelto, a quanto risulta, una politica particolarmente aggressiva dei prezzi, con camere scontatissime anche durante la stagione. Anche il proprietario dell'Hotel Quercia di Rovereto, in provincia di Trento, ex leghista che aveva ammesso di aver scelto di ospitare i profughi per sbarcare il lunario, ha dovuto rimboccarsi le maniche per riprendere la normale attività. Nel luglio del 2018, i giovanotti che ospitava a spese nostre sono stati destinati ad altra sede e lui, non senza difficoltà, ha riaperto le camere al turismo di passaggio. Ma non tutti gli hotel coinvolti nel giro dell'accoglienza, ne sono usciti. Alcune realtà ancora si nutrono dei bandi statali di assegnazione e, tuttavia, dove il business è ancora attivo, gli imprenditori non sembrano passarsela più come ai tempi d'oro. Facciamo l'esempio di Giulio Salvi, titolare del Bellevue di Cosio Valtellino (provincia di Sondrio), che dopo aver incassato per anni 80.000 euro al mese ha minacciato di emigrare in America a causa dello stop al business migranti. Parliamo anche di Giuseppe Piccolo, imprenditore napoletano che qualche anno fa prese in affitto l'Hotel Sammartino ad Agnone, in Molise, riempendolo di clandestini al motto di «ripopoliamo la zona». In una intervista del 2017 aveva ammesso di incassare circa 60.000 euro al mese dopo che per aggiudicarsi gli appalti prefettizi aveva creato un'apposita società. Ora però la struttura si è svuotata e nuovi arrivi non se ne sono registrati, ragion per cui non è da escludere che anche questo manager sia pronto per salpare verso più prosperosi lidi. Un altro uomo d'affari che sta tentando di smarcarsi da quella che è stata per anni fonte di un gettito milionario è Pietro Delaini, proprietario e manager della tenuta di Costagrande, lussuosa residenza immersa nel verde delle colline veronesi. Nel luglio 2015, fiutando l'affare, Delaini aveva trasformato l'antica residenza in un hub da quasi 500 presenze l'anno, aggiudicandosi entrate per più di 3 milioni di euro.Anche Costagrande risulta in via di smantellamento: «Stiamo studiando dei progetti per trasformarla in qualcosa di diverso», ha dichiarato Delaini recentemente, convinto di poter rilanciare l'immobile, certamente non prima di una cospicua ristrutturazione. Sempre a Verona, anche l'ostello Santa Chiara, ricavato in un antico monastero, sta per svuotarsi definitivamente, anche se qui stanno studiando un modo per far proseguire il business: «Pensiamo di dedicarci a ospitare quegli stranieri che, pur ottenendo il permesso di soggiorno, dovranno uscire dai percorsi di protezione, e quindi inizialmente non sapranno dove alloggiare», hanno fatto sapere i proprietari. Passione non ancora finita anche all'Hotel Canova di Sandrigo, in provincia di Vicenza, l'albergo a quattro stelle, fiore all'occhiello del paese, trasformato in un centro di smistamento. I numeri sono in calo, ma la promessa di riportare l'hotel alla sua vecchia funzione di struttura ricettiva per turisti, fatta dalla società che nel 2017 aveva acquistato l'immobile, a quanto pare ancora non è stata mantenuta.
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