
A pochi giorni dall'elezione del suo successore, parla l'ex presidente della Figc: «Ho seguito l'etica, lasciando dopo il disastro di una Nazionale fuori dai Mondiali. Ma non avrei dovuto dimettermi. Oggi sono gli altri a farsi belli con i risultati ottenuti da me».«Il tempo è galantuomo, altri non saprei». Carlo Tavecchio guarda rotolare il pallone da Pontelambro, provincia di Como, dove fu sindaco per 19 anni nell'evo democristiano, e lo vede sgonfio. In un anno commissari, dottori improvvisati, avvocati e commercialisti sono riusciti a completare l'opera iniziata quella notte a San Siro, 13 novembre 2017, eliminazione mondiale dopo 60 anni. Eppure il Condannato Unico delle coscienze rimane lui, che se ne andò a furor di popolo mentre tutti gli altri rimanevano incollati alla poltrona e consegnavano di fatto la Federcalcio nelle mani del Coni di Giovanni Malagò, protagonista d'una stagione di pasticci. Alla vigilia delle nuove elezioni (lunedì prossimo, con Gabriele Gravina unico candidato) ripercorriamo l'annus horribilis proprio con Tavecchio, fra responsabilità da ricalibrare, retroscena che affiorano e sassolini che rotolano docili fuori dalle scarpe.Presidente Tavecchio, a distanza di un anno ammetterà di avere sbagliato qualcosa.«Sì, sbagliai a dimettermi al posto di altri. Me ne andai prendendo una decisione etica, ma istintiva, mentre il commissario tecnico, Gian Piero Ventura, e il team manager, Gabriele Oriali, se ne stavano al loro posto». Non si poteva far finta di niente, alla fine lasciò anche Ventura.«I tifosi si aspettavano un'assunzione di responsabilità subito, così davanti alla sordità dei responsabili tecnici mi sono dimesso io. Ma non ho mai studiato una tattica e non ho mai tirato un rigore. C'era chi non vedeva l'ora che lasciassi il posto libero».Il presidente del Coni, Malagò, aveva fatto il golpe chiedendo la sua testa in tivù, da Fabio Fazio.«Una cosa inaudita, irrituale. Quante federazioni avrebbero dovuto essere azzerate dopo insuccessi sportivi? L'atletica non vince mai niente, altre discipline ai Mondiali non ci vanno mai. Un colpo di spugna per mettere le mani sul calcio, buttando via ciò che di buono era stato fatto».Di fronte a Waterloo ci si dimentica di tutto.«Sbagliato, perché oggi ci sono dirigenti che si vantano di consegnare alle elezioni una federazione economicamente in salute, una federazione in pieno rilancio, una federazione innovativa. Certo, era la mia, quella che avevo costruito io».Dicono tutti così.«Benissimo, riassumiamo. Chi ha portato quattro squadre in Champions league, allo stesso livello di Inghilterra e Germania, con un ritorno minimo di 150 milioni? Chi ha inserito nel board di Fifa e Uefa dirigenti italiani come Evelina Christillin e Michele Uva? Chi ha ottenuto gli Europei Under 21 e quattro partite del prossimo Europeo itinerante a Roma? Chi ha introdotto il Var, primo Paese in Europa? Chi consegnerà al prossimo presidente una liquidità disponibile di 100 milioni di euro? Provi a indovinare».Il mondo è ingrato.«Ma è bene sapere la verità. Se è vero che nel bene e nel male le responsabilità sono del presidente, mi assumo anche queste, anzi le rivendico. E lo sa perché contiamo qualcosa a livello dirigenziale dentro la Fifa e dentro l'Uefa? Perché ero stato grande elettore di Gianni Infantino alla Fifa mentre Malagò insisteva perché votassi lo sceicco Al Khalifa; perché avevo sponsorizzato Aleksander Ceferin all'Uefa quando non se lo filava nessuno. Gli altri non ne hanno azzeccata mezza».A cosa si riferisce?«Hanno salvaguardato interessi che non erano quelli della Federcalcio, come quando il commissario Roberto Fabbricini ha votato per il Marocco e non per Usa-Canada-Messico per i Mondiali del 2026. Nel 2022 si giocano già in Qatar, speranze zero e infatti si faranno negli Stati Uniti. Per noi gli interessi preminenti sono diventati quelli del Cio. Ne usciamo indeboliti, anzi arretriamo di anni».I 100 milioni di liquidità fanno gola al sistema.«La Federcalcio è il fulcro dell'economia sportiva, potrebbe stare in piedi da sola. Tutti gli altri no. La Serie A paga da sola 1 miliardo di tasse all'anno; il calcio muove un giro di scommesse di 6 miliardi a stagione. Se non inserisci il campionato nei pronostici non scommette più nessuno, provino con il tiro con l'arco o il tiro a volo e vediamo i risultati. Eppure ci penalizzano».In che senso?«A fronte di tutto questo, il Coni in questi anni ha continuato a ridurre i contributi, passati da 70 milioni a 30. Eppure il pallone fa gola a tutti». In un intervento sul blog Graffisulpallone.com di Vittorio Galigani, aggiunge sul tema: «La prospettiva di Malagò evidentemente era di arrivare a mettere le mani su questo pacchetto, su questa fonte di energia economica e sportiva. Non è colpa di nessuno se il calcio rappresenta la più importante disciplina seguita dagli italiani».Quest'anno i campionati sono partiti in ritardo, i pasticci si sono moltiplicati, il sistema ha mostrato la corda. Di chi è la colpa?«Il collegio di garanzia del Coni inventato dopo Calciopoli nel 2006 ha sempre creato problemi, ma la giustizia interna alla federazione - quella endofederale - aveva sempre consentito ai campionati di partire in orario e in regola. Una riforma è fondamentale, bisogna staccarsi dal Coni almeno per la giustizia sportiva».Lunedì Gravina sarà molto probabilmente presidente. La transizione è finita, ma l'autonomia è garantita?«Gravina è un dirigente avveduto, un uomo che da almeno vent'anni si occupa in prima linea di calcio. Uscire da questi otto mesi di commissariamento Coni che si commentano da soli è liberatorio; il calcio agli uomini di calcio. Con programmi che non mi sono nuovi».Sarà necessaria una riforma seria, finalmente.«Appunto, il campionato di Serie A a 18 squadre che non si farà, la Serie B a 20 squadre, spazi maggiori per creare una Nazionale più competitiva. E poi cura dei vivai, giustizia sportiva da riformare. Erano semplicemente gli obiettivi che avevo presentato pubblicamente all'inizio del mio ultimo mandato. Quello finito la notte di San Siro e in tivù da Fazio. Ma il tempo è galantuomo».Sull'accusa di molestie a Elisabetta Cortani dovrà avere pazienza. Il giudice ha bloccato l'archiviazione prorogando le indagini.«Aspetto con fiducia e serenità, constato solo che si è ribaltato tutto».Adesso di cosa si occupa?«Sempre di sport, impianti ed efficientamento energetico. A Pontelambro inauguriamo un palazzetto avveniristico per i bambini, d'inverno all'aperto si gela».Pensava che uno zero a zero le avrebbe cambiato la vita?«L'avevo anche detto in anticipo che non qualificarci sarebbe stata una bomba. Dovetti correre a rettificare per non turbare le anime sensibili, ma avevo ragione».
Sigfrido Ranucci (Ansa)
Ennesimo scontro tra la trasmissione Rai e l’Autorità, che dice: «Inchiesta errata sugli Smart glasses, il servizio non vada in onda». La replica: «È danno erariale».
Non si ferma lo scontro tra Report, la trasmissione di Rai 3 condotta da Sigfrido Ranucci e il Garante della privacy. Anche questa settimana, alla vigilia della puntata di stasera, l’Autorità di controllo ha chiesto alla Rai lo stop alla messa in onda di un servizio sulle attività del Garante. Report ha infatti pubblicato sui social una clip con l’anticipazione di un’inchiesta sull’istruttoria portata avanti dal Garante della privacy nei confronti di Meta, relativa agli Smart glass, gli occhiali da sole che incorporano due obiettivi in grado di scattare foto e registrare filmati. Il servizio di Report punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio dell’Autorità Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia, «prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni».
Diego Moretti (Ansa)
I dem che hanno sempre criticato l’ex sindaco Anna Maria Cisint firmano una mozione sul lavoro nei cantieri navali. Ora vogliono superare il modello di immigrazione a basso costo.
«Nella sua campagna permanente contro gli stranieri che a Monfalcone regolarmente lavorano, la Cisint aggiunge un nuovo tema: ora mette in discussione anche le rimesse economiche, annunciando misure per vietarle o limitarle. Una delle tante dichiarazioni che si aggiungono a quelle del passato, sicuramente buone per costruire narrazioni false e per alimentare odio nei confronti dello straniero».
Elly Schlein (Ansa)
La leader Pd dice che la manovra «favorisce solo i ricchi», come se avere un reddito da 50.000 euro lordi l’anno fosse da nababbi. In realtà sono fra i pochi che pagano tasse dato che un contribuente su due versa zero Irpef. Maurizio Landini & C. insistono con la patrimoniale. Giorgia Meloni: «Con me mai». Pure Giuseppe Conte non ci sta.
Di 50.000 euro lordi l’anno quanti ne finiscono in tasca a un italiano al netto di tasse e contributi? Per rispondere è necessario sapere se il contribuente ha moglie e figli a carico, in quale regione viva (per calcolare l’addizionale Irpef), se sia un dipendente o un lavoratore autonomo. Insomma, ci sono molte variabili da tener presente. Ma per fare un calcolo indicativo, computando i contributi Inps al 9,9 per cento, l’imposta sui redditi delle persone fisiche secondo i vari scaglioni di reddito (al 23 per cento fino a 28.000 euro, al 35 per la restante parte di retribuzione), possiamo stimare un netto di circa 35.000 euro, che spalmato su tre dici mensilità dà un risultato di circa 2.600 euro e forse anche meno. Rice vendo un assegno appena superiore ai 2.500 euro al mese si può essere iscritti d’ufficio alla categoria dei ricchi? Secondo Elly Schlein e compagni sì.
Elly Schlein e Vincenzo De Luca (Ansa)
Dopo aver sfidato lo «sceriffo di Salerno» il segretario dem si rimangia tutto. E per Roberto Fico conta sui voti portati dal governatore, che impone ricompense per il figlio. Sulla partita veneta, Ignazio La Russa apre a Luca Zaia nel governo.
«Vinciamo»: il coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, Fulvio Martusciello, capodelegazione azzurro al Parlamento europeo, lo dice alla Verità e sembra convinto. L’ennesima manifestazione elettorale di Fi al centro di Napoli è un successo clamoroso: centinaia di persone, il ritratto di Silvio Berlusconi troneggia nella sala. Allora crede ai sondaggi più ottimisti? «No», aggiunge Martusciello, «credo a quello che vedo. Siamo riusciti a entrare in tutte le case, abbiamo inventato il coordinatore di citofono, che si occupa di curare non più di due condomini. Parcellizzando la campagna, riusciremo a mandare a casa una sinistra mai così disastrata». Alla remuntada in Campania credono tutti: da Giorgia Meloni in giù. Il candidato presidente del centrodestra, Edmondo Cirielli, sente aria di sorpasso e spinge sull’acceleratore.






