2020-09-22
Vincono tutti, perde solo Renzi
Ogni partito ha un successo di cui vantarsi, Italia viva invece solo flop. Il Bullo non ha sfondato nemmeno nella sua Toscana.Alla fine hanno vinto tutti. Il Movimento 5 stelle, che non porta a casa nemmeno un governatore dei sette che si dovevano eleggere, ma incassa il Sì al referendum sul taglio dei parlamentari. Il Pd, che perde una regione ma si tiene stretta la Toscana, l'unica che, se fosse passata al centrodestra, avrebbe mandato a casa Nicola Zingaretti un minuto dopo. Fratelli d'Italia, che conquista con un suo uomo le Marche, terra che per 25 anni è stata rossissima anche se ha avuto un passato forlaniano. La Lega, perché anche se a Matteo Salvini non è riuscito il colpo di piazzare Susanna Ceccardi all'ombra della cupola del Brunelleschi, comunque incassa un buon risultato in termini di voti, che uniti a quelli di cui ha fatto man bassa nelle regioni più a Nord, la conferma primo partito italiano. Sì, alla fine tutti potranno cantare vittoria e festeggiare manco avessero conquistato la Coppa dei campioni.In realtà non s'è mai vista una sfida elettorale che si chiuda senza vincitori né vinti, e infatti anche in questo caso c'è chi ha perso e chi no. Cominciamo con il dire che i grillini, anche se hanno tenuta alta la bandiera anti Casta, ottenendo il taglio secco di un terzo dei parlamentari, con questo voto hanno dimostrato di essere non solo in declino, ma ininfluenti. In nessuna delle elezioni sono stati determinanti, né in Liguria dove avevano stretto un patto con il Pd per candidare Ferruccio Sansa, né altrove. In Toscana l'aspirante governatrice si è fermata al 7, per non parlare del Veneto dove l'uomo scelto dai 5 stelle non arriva neanche al 4%. Per il resto, siamo attorno al 10 e in nessuna delle sfide il Movimento è stato determinante. Per quanto riguarda il Pd, il successo in Toscana oscura tutto il resto, ma dal Veneto alla Liguria le elezioni appaiono una débâcle e pure nelle Marche non c'è da menar vanto. In Campania e Puglia vince il centrosinistra, ma è più una vittoria dei due governatori che del Pd. Sia Vincenzo De Luca che Michele Emiliano, pur avendo la tessera del partito, sono due outsider, di cui al Largo del Nazareno farebbero volentieri a meno, perché troppo spesso sono in rotta di collisione con la direzione nazionale e quando non lo sono la ignorano. Giorgia Meloni, dopo aver conquistato capoluoghi importanti, piazza finalmente un governatore del suo partito alla guida di una regione, consolidando la crescita di Fratelli d'Italia. Tuttavia non le riesce il colpo di mandare a casa Emiliano e di sostituirlo con Raffaele Fitto, che aveva imposto anche contro il parere di Salvini. Quest'ultimo può festeggiare i buoni risultati in termini di voti e un pareggio con un 3 a 3, ma oltre a non essere riuscito a espugnare la Toscana con la sua candidata deve fare i conti con l'exploit di Luca Zaia, che in Veneto ha preso il triplo dei consensi della Lega e dunque, nei mesi a venire, sarà candidato da tutti quelli che vogliono liberarsi dell'ex ministro degli Interni, come il vero antagonista del segretario padano.In pratica, tutti cantano vittoria, ma nella sostanza tutti hanno perso, perché le cose non sono andate come avrebbero voluto. Tuttavia, nello stagno politico che ci si presenta davanti, si notano due figure che si distinguono dal resto. Il primo è Giuseppe Conte, che pur essendo stato alla larga dalla sfida elettorale e dal referendum, è l'unico che trae beneficio dal voto. Il risultato non mette in pericolo il suo governo, ma anzi lo blinda. Dato che Zingaretti non è costretto alle dimissioni e i 5 stelle, grazie al taglio dei parlamentari, possono tirare il fiato, la navigazione dell'esecutivo è garantita. Anche perché serve una legge elettorale e senza quella non si può andare a votare: dunque, checché ne dica qualche commentatore in vena di bizzarre previsioni, le elezioni si allontanano. Ma se Conte gode perché le urne gli hanno allungato la vita, c'è chi piange in quanto dopo questo risultato la sua vita politica è praticamente conclusa. Nemmeno nella sua Toscana, Matteo Renzi è riuscito ad arrivare a un risultato che lo renda determinante. Lui e la Bonino insieme pare non abbiano raggiunto neanche il 5%, mentre altrove - tipo in Puglia - il suo candidato non è neppure riuscito a far perdere Emiliano, da sempre arcinemico del fondatore di Italia viva. Sì, diciamolo, queste elezioni hanno dato poche soddisfazioni perché tutto è rimasto praticamente uguale a prima, ma almeno ci si può consolare sapendo che finalmente sappiamo quanto vale nell'urna l'ex presidente del Consiglio: niente.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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