2019-04-06
Haftar è pronto a conquistare Tripoli
La marcia sulla capitale del leader della Cirenaica si arresta prima della resa dei conti finale con le forze fedeli al premier Fayez Al Sarraj, che però controlla ancora le postazioni strategiche. E, dietro le quinte, si prospetta un nuovo scontro tra interessi italiani e francesi.Marciare su Tripoli si è rivelato meno facile di quanto previsto per Khalifa Haftar. Le forze fedeli al leader della Cirenaica, dopo l'avanzata sulla capitale libica di mercoledì notte e giovedì, si sono dovute fermare ieri a circa 30 chilometri dall'obiettivo. Simbolica per il governo tripolino di Fayez Al Sarraj, che mantiene il controllo sui principali giacimento petroliferi del Paese, la riconquista della Porta 27, la postazione strategica a Ovest della capitale: il premier ha voluto incontrare ieri i miliziani che hanno respinto l'offensiva degli uomini di Haftar e arrestato un centinaio di combattenti. Va però detto che ieri, in serata, le forze di Haftar sarebbero entrate nell'aeroporto internazionale di Tripoli, situato a circa 34 chilometri a sud della città. Da mercoledì, negli scontri sono morti due soldati dell'esercito del leader di Bengasi e un civile (per conquistare terreno in Libia spesso è più utile contrattare con tribù e milizie che sparare colpi).Giovedì sera l'uomo forte della Cirenaica aveva invitato i suoi a un ultimo sforzo per liberare Tripoli dal «terrorismo». In realtà, la promessa di sconfiggere il «terrorismo» nascondeva la volontà di conquistare la capitale. Ma forse Haftar ha sopravvalutato l'effetto sorpresa e l'avanzata su Tripoli si è rivelata più complicata rispetto alle operazioni nel Sud, facilitate dai raid francesi al confine con il Ciad. O forse non puntava davvero alla presa di Tripoli, quanto a dare una spallata ad Al Sarraj a una settimana dalla conferenza libica prevista nella città di Ghadames dal 14 al 16 aprile e nel bel mezzo della visita in Libia del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres (che giovedì ha visitato Tripoli, mentre ieri è stato a Bengasi e Tobruk). A confermare l'intento strategico di Haftar è quanto rivelato da una fonte diplomatica egiziana al sito Libya Akhbar: l'obiettivo del generale è «politico, più che militare»: aumentare la pressione su Al Sarraj in vista dell'appuntamento di Ghadames.Intanto, però, Tunisia, Sudan e Ciad hanno rafforzato i controlli al confine con la Libia e, come riporta Agenzia Nova, sono almeno nove le alte personalità libiche, tra membri del consiglio di presidenza, ministri e alti funzionari, che hanno lasciato la capitale Tripoli alla volta di Tunisi o Istanbul. Tra questi il presidente della Noc, la compagnia petrolifera libica, Mustafa Sanallah.Tuttavia, mentre nelle periferie della capitale si registrano nuove defezioni a favore di Haftar, il centro rimane nelle mani del governo di Al Sarraj, sostenuto dalle forze di Misurata ma scaricato ieri da parte di quelle di Zintan (a Gharian, conquistata giovedì da Haftar, si sono registrate, sempre ieri rivolte, contro il leader di Bengasi). Al fianco del premier tripolino si è schierato però il gran muftì della Libia, Sadiq Al Ghariani, che ha fatto appello a «combattere contro le forze di Haftar». La più alta autorità religiosa del Paese ha anche puntato il dito contro le Nazioni Unite: «Non è più un segreto che la missione Onu (guidata dall'inviato Ghassan Salamé, libanese con studi alla Sorbona di Parigi, ndr) cooperi con Haftar» ed è «stata dispiegata per esacerbare i problemi non per risolverli». Critico verso le Nazioni unite è anche lo stesso governo di Al Sarraj che lamenta come nelle dichiarazioni dopo l'attacco di Haftar, i caschi blu invitino alla de-escalation ma senza mai nominare, né quindi accusare, il generale sostenuto da Francia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto (ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha riferito che la Russia non ha sostenuto l'operazione su Tripoli).Non fa nomi neppure l'Unione europea, che ieri ha invitato alla de-escalation dicendosi, attraverso la portavoce della Commissione europea Maja Kocijancic, «profondamente preoccupata» per l'evoluzione della situazione, che rischia di portare a uno «scontro incontrollabile». Dopo l'avanzata di Haftar hanno invitato le due parti alla «de-escalation della tensione» anche i governi Francia, Stati Uniti, Italia, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito. Ieri la Libia è stata anche tema al centro di un incontro del Consiglio di sicurezza Onu e del G7 Esteri in Bretagna. I lavori dei Sette continueranno anche oggi: il ministro italiano Enzo Moavero Milanesi ha spiegato che il suo obiettivo è «una dichiarazione congiunta» sulla Libia. Il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini ieri ha bollato la soluzione armata come «devastante» annunciando poi di aver partecipato a un bilaterale con il dipartimento di Stato Usa, che fa «affidamento sull'Italia» per la stabilità del Mediterraneo. Anche in questo caso, i due Paesi europei più interessati al dossier libico sono divisi. Infatti, a invitare Haftar alla calma è soprattutto la Francia di Emmanuel Macron. Per Parigi, l'uomo forte della Cirenaica ha già raggiunto il suo obiettivo e dovrebbe ora sfruttare la posizione di forza alla conferenza di Ghadames, primo passo per la pacificazione della Libia. L'Italia lavora invece, passando per Misurata, su Al Sarraj, cercando di convincerlo a incontrare Haftar prima del vertice della prossima settimana.