2024-10-18
Guido Guidesi: «Con il “tutto elettrico” in Lombardia fallirà il 30% dell’automotive»
Guido Guidesi (Imagoeconomica)
L’assessore regionale e prossimo presidente dell’Alleanza delle regioni europee del settore: «Serve neutralità tecnologica: sì ai biocarburanti».A partire dal 2025, l’assessore allo Sviluppo economico della Lombardia, Guido Guidesi, diventerà presidente dell’Alleanza delle regioni automotive (Ara, Automotive regions alliance), l’unica istituzione riconosciuta dall’Ue che riunisce riunire i territori con un tessuto industriale specializzato nel settore automobilistico e un forte indotto. Si compone di 36 regioni europee di cui nove italiane: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Molise, Basilicata, Veneto e Umbria. A queste si aggiungono altre 27 regioni europee dei principali Paesi del Vecchio continente, tra cui anche Germania, Spagna e Francia.Guidesi, cosa intende fare quando sarà presidente dell’Ara tra pochi mesi?«Il primo passaggio è quello di parlare con l’Unione europea. Per farlo, bisogna prima di tutto prendere atto dei segnali chiari che arrivano dal mercato e dai consumatori. Se non si fa questo, tutto ciò di cui si discute successivamente è assolutamente inutile. Quando coordineremo l’Alleanza, il secondo elemento che evidenzieremo è il fattore tempo, che non c’è. Non è abbastanza. Vogliamo che l’industria dell’automotive in Europa esista ancora? Se la risposta è sì, dobbiamo fare dei cambiamenti rispetto all’impostazione che è stata data. I cambiamenti non devono riguardare solo lo spostamento delle varie tappe che entro il 2035 dovrebbero portare alla solo commercializzazione di auto elettriche. I cambiamenti stanno anche nello spostamento delle risorse economiche, cioè nell’aiuto alla transizione che fino adesso la Commissione europea ha dedicato solo ed esclusivamente a un’unica trazione, quella elettrica. Noi pensiamo che alla decarbonizzazione della mobilità ci si possa arrivare con una pluralità di tecnologie, per cui anche con l’elettrico, ma pure con i biocarburanti e il motore endotermico, l’idrogeno e tutto ciò che arriverà attraverso l’innovazione nel momento in cui lasciamo libera la ricerca di poter giocare questa sfida».Quali sono gli effetti dell’ideologia del «tutto elettrico»?«La normativa europea sul tema dell’automotive ha creato una classificazione di consumatori europei di classe A e di classe B. I consumatori di classe A sono coloro i quali si possono permettere un’autovettura del settore premium, i consumatori di classe B sono quelli che non si possono permettere un’autovettura. Questo è stato il risultato di una scelta sbagliata dal punto di vista economico e anche dal punto di vista sociale».Quali saranno le ricadute di tutto questo a livello occupazionale?«Ci sono già delle previsioni. Con questa situazione, il 30% delle aziende lombarde della filiera dell’automotive chiuderanno. Principalmente, per due motivi. Primo, non possono riconvertirsi ad altre trazioni perché fanno componentistica dedicata all’endotermico. Secondo, non hanno la possibilità di convertirsi ad altri settori. Poi c’è un altro 30%, un altro terzo di quelli della filiera della componentistica che invece uscirà dal settore dell’automotive e si occuperà di altro, cioè proseguirà la produttività, ma per altri settori». Quindi avete un’idea sulla perdita di posti di lavoro? «Al momento no, però abbiamo le prime avvisaglie. Parliamo di linee produttive ferme, soprattutto quelle, fortunatamente poche in Lombardia, che lavoravano con Stellantis o con Maserati. Da noi l’80% della filiera lavora con i tedeschi. Però abbiamo avvisaglie di un notevole rallentamento dell’industria, basta guardare non i dati di vendita, ma quelli di produzione. I cali sono clamorosi. E poi c’è un ulteriore tema: se l’incentivo nell’edilizia viene definito una droga al mercato, perché quello sull’auto elettrica non viene definito tale?».C’è poi il problema della Cina che, con l’elettrica, sta arrivando da noi a fare il bello e il cattivo tempo. «Assolutamente sì, loro sono in grado di produrre mezzi a costi inferiori. Noi temiamo che a soffrire siano 20 delle 36 regioni europee dell’automotive, quelle che in totale fanno un terzo del prodotto interno lordo europeo. Il rischio è che alcune regioni subiscano una vera e propria deindustrializzazione con un terzo delle aziende, come dicevo prima, che non potranno essere salvate». Per questo volete puntare anche sui biocarburanti?«La forza dei biocarburanti è oggi quella di abbassare nell’immediato le emissioni. Si tratta di un impatto dal punto di vista ambientale positivo ed evidentemente andrebbe incentivato, invece di essere combattuto a livello europeo. In più i biocarburanti consentono di trasformare le raffinerie in bioraffinerie, un’operazione dal punto di vista ambientale molto vantaggiosa. Poi non si capisce per quale motivo la transizione dal punto di vista ambientale, su alcuni settori, viene valutata su tutto il processo produttivo. Invece nel mondo dell’auto la sostenibilità viene valutata solo sul prodotto. Che poi l’auto sia stata prodotta con un processo decisamente inquinante, con delle emissioni incredibili, all’Europa non interessa».
Jose Mourinho (Getty Images)