
La presenza di Sergej Lavrov al meeting dei ministri degli Esteri rende gelida l’atmosfera: niente scatti di gruppo e assenze ostentate del russo durante gli interventi occidentali. C’è solo qualche (timida) apertura sul grano.Oscurati e rattristati per un verso dall’eco dell’orribile assassinio di Shinzo Abe e per altro verso dal protrarsi (c’è da temere: lungo e indefinito) della guerra in Ucraina, i lavori del G20 dei ministri degli Esteri a Bali - a meno di sorprese dell’ultima ora - non sembrano destinati a registrare novità positive, ma solo a fotografare il deludente stato di cose esistente. Semmai, resta a verbale una reciproca ostentazione di freddezza tra Occidente e Russia, con i ministri occidentali che si sono sottratti alla rituale foto di gruppo proprio per non essere ritratti insieme al russo Sergei Lavrov, e con quest’ultimo che ha abbandonato i lavori di una sessione mentre parlava la tedesca Annalena Baerbock e prima che intervenisse l’americano Antony Blinken. La padrona di casa, l’indonesiana Retno Marsudi, non ha nemmeno chiarito se siano state raggiunte intese di qualche tipo, e si è limitata a sottolineare come la guerra in sé e il relativo impatto su cibo ed energia abbiano dominato sia le sessioni ufficiali sia i colloqui bilaterali tra le varie delegazioni. Un po’ tautologicamente, la diplomatica indonesiana ha aggiunto che «è nostra responsabilità far finire la guerra prima anziché dopo, e risolvere le nostre controversie a un tavolo negoziale anziché sul campo di battaglia». Ma, come si diceva, la reciproca esibizione di freddezza è stata evidente. La testata americana Politico e l’agenzia giapponese Kyodo sono state le prime a evidenziare la scelta dei rappresentanti occidentali di non partecipare alla foto di gruppo per non stare vicini a Lavrov (secondo queste fonti, proprio Blinken sarebbe stato il primo a «boicottare» la foto). Secondo la britannica Reuters, la stessa cosa sarebbe accaduta la sera prima in occasione della cena ufficiale (più concerto), con i padroni di casa indonesiani che avrebbero accettato di buon grado la scelta delle delegazioni occidentali. A parti invertite, il racconto non cambia. Secondo la portavoce di Lavrov Maria Zakharova, il capo della diplomazia russa avrebbe deciso di tenere colloqui bilaterali (con Turchia e Cina, in particolare) e poi di andarsene anticipatamente. Sul tema della mancata foto di gruppo Lavrov ha sfoggiato il suo abituale sarcasmo: «Non ho chiesto a nessuno di fare fotografie. E quanto al ricevimento della sera precedente organizzato dagli indonesiani, sono stati gli occidentali a non partecipare». Dopo di che Lavrov ha accusato gli occidentali di aver usato toni ostili verso la Russia durante i lavori del G20: «“Aggressor”’, “invasori”, “occupanti”: abbiamo sentito un sacco di queste cose oggi». Per la cronaca, durante la prima sessione dei lavori, il capo della diplomazia russa sedeva accanto ai rappresentanti di Messico e Arabia Saudita. Secondo la maggior parte delle ricostruzioni, Blinken avrebbe anche rifiutato di incontrare Lavrov in un meeting bilaterale: e Lavrov, su questo punto, avrebbe fatto sapere che non saranno i russi a correre appresso agli statunitensi per vedersi accordare un colloquio. Quanto ancora a Blinken, a margine dei lavori il segretario di Stato Usa ha affermato che il rincaro globale dei prezzi di cibo e energia è «stato drammaticamente esacerbato dall’aggressione russa all’Ucraina». Non solo: «Quello che abbiamo ascoltato oggi è un grande coro da tutto il mondo, non solo dagli Stati Uniti, affinché l’aggressione si fermi», ha detto ancora Blinken ai media internazionali. E, tornando ai lavori veri e propri, durante la sessione plenaria Blinken, secondo fonti occidentali, avrebbe esplicitamente chiamato in causa la Russia: «L’Ucraina non è la vostra terra. Il suo grano non è il vostro grano. Perché state bloccando i porti? Dovreste consentire al grano di uscire dal Paese». Ma in quel momento Lavrov non era nella stanza, riferiscono le medesime fonti. Come accennato prima, Lavrov aveva infatti lasciato anzitempo la sessione durante l’intervento della tedesca Baerbock, a sua volta molto critica dell’invasione russa in Ucraina («Questa non è la nostra guerra, non l’abbiamo voluta noi», aveva detto la tedesca). Sempre secondo queste ricostruzioni, Lavrov si sarebbe assentato anche una terza volta, in coincidenza con l’intervento virtuale del ministro degli Esteri ucraino. Tornando a Lavrov, il capo della diplomazia di Mosca avrebbe lasciato trapelare qualche disponibilità almeno sul versante alimentare attraverso una successiva dichiarazione all’agenzia russa Tass: «Siamo pronti per i negoziati con i nostri colleghi ucraini e turchi». Lavrov ha pure aggiunto che le forze navali svolgono un ruolo chiave nel processo negoziale sull’esportazione di grano dai porti del Mar Nero. E ha concluso per un verso tentando di ribaltare le responsabilità e per altro verso ridimensionando - nella sua ricostruzione - l’impatto di ciò che accade in Ucraina rispetto al quadro alimentare globale: «I Paesi occidentali smettano di bloccare artificialmente le consegne russe ai Paesi che hanno acquistato il nostro grano». E ancora: «Le statistiche mostrano molto chiaramente che il grano bloccato nei porti in Ucraina è meno dell’1% della produzione mondiale, quindi non ha un impatto reale sulla sicurezza alimentare». Come si vede, siamo davanti a un dialogo tra sordi. In tutto questo, la delegazione cinese ha ripetuto il suo solito mantra, accusando l’Occidente e dichiarando che Pechino si oppone sia a «un confronto tra blocchi» sia a «una nuova guerra fredda».
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