Quando cade una maggioranza bisogna andare al voto, ma dato che non ce lo lasciano fare apprezziamo i lati positivi della situazione: l'ex governatore della Bce non ha idee di sinistra. E poi non è mica Luigi Di Maio
Quando cade una maggioranza bisogna andare al voto, ma dato che non ce lo lasciano fare apprezziamo i lati positivi della situazione: l'ex governatore della Bce non ha idee di sinistra. E poi non è mica Luigi Di Maio Bisogna guardare il bicchiere mezzo pieno. Certo, le elezioni sarebbero state la strada maestra per uscire dall'impasse di un Parlamento paralizzato dai veti, ma purtroppo il voto non è a portata di mano. Non soltanto perché il presidente della Repubblica, adducendo una serie di problemi insormontabili, non intende concederlo, ma perché la maggioranza di deputati e senatori non è disposta ad accettare una legislatura accorciata di due anni. Per molti di loro significherebbe doversi trovare un lavoro, giacché la riduzione del numero di onorevoli approvata con il referendum dello scorso anno farebbe strage di grillini e di compagni. Dunque, spiace per il centrodestra, ma lo scioglimento delle Camere non è un'opzione sul tavolo, non per ora per lo meno: forse, se va bene, fra un anno, altrimenti toccherà avere pazienza fino alla data di scadenza del Parlamento, ossia la primavera del 2023. Come i lettori sanno, anche io auspicavo le elezioni, perché ritengo che quando un governo e una maggioranza vengono meno, sia giusto restituire la parola agli italiani. Non è una mia idea, è la Costituzione a dirlo, visto che nell'articolo 1 c'è scritto che la sovranità appartiene al popolo. Io credo che non si debbano frapporre ostacoli all'esercizio democratico del voto: la crisi economica o quella sanitaria non possono essere un impedimento, prova ne sia che dagli Stati Uniti a Israele, passando per l'Europa, nessun Paese ha rinviato gli appuntamenti elettorali a causa della pandemia. Però, nel discorso dell'altra sera, quando ha preso atto del fallimento delle consultazioni di Roberto Fico e ha annunciato un governo istituzionale, Sergio Mattarella è stato chiaro: la legislatura non si interrrompe. Dunque, inutile guardare al bicchiere mezzo vuoto, meglio pensare a quello mezzo pieno.Che cosa intendo? Beh, la prima osservazione è banale: poteva andarci peggio. Pensate se il capo dello Stato avesse dato l'incarico di formare il nuovo governo a Marta Cartabia, ex presidentessa della Corte costituzionale. Oppure se gli fosse venuto lo sghiribizzo di mettere Palazzo Chigi nelle mani di Fico o di Luigino Di Maio, come pure si era ventilato. Non so a voi, ma a me corrono i brividi lungo la schiena al solo pensiero. Diciamoci la verità: pur non essendo stato votato dagli italiani, Mario Draghi è la miglior scelta che ci potesse capitare.Seconda osservazione: provate a pensare di chi ci siamo liberati. Oltre a Giuseppe Conte e al succitato Di Maio, probabilmente ci siamo levati dai piedi Alfonso Bonafede (Giustizia), Nunzia Catalfo (Lavoro), Lucia Azzolina (Istruzione), Stefano Patuanelli (Sviluppo economico), Roberto Speranza (Salute) e Vincenzo Spadafora (Sport). Per non parlare poi della seconda fila di mezze calzette, cioè dei sottosegretari. Gente tipo Manlio Di Stefano, che pur ricoprendo un incarico alla Farnesina era persuaso che Beirut fosse in Libia, o Laura Castelli, nota economista convinta che le giornate di sciopero dei dipendenti pubblici siano comunque pagate. Ecco, con l'arrivo di Draghi sarei pronto a scommettere che la maggioranza dei personaggi che hanno popolato il governo fino a ieri sparirà, rimpiazzata da qualcuno di cui, mi auguro, ci vergogneremo meno.Forse, quello dell'ex governatore della Bce non sarà il governo dei migliori, ma sono quasi certo che sarà migliore del precedente e dunque già questo per me è motivo per non essere pregiudizialmente contro. Come sempre, giudicherò dai fatti, così come dai fatti, cioè dalle tasse che scaricò sul ceto medio, giudicai Mario Monti: i suoi compiti a casa furono per il Paese una mazzata da cui ancora non ci siamo ripresi e dunque spero che Draghi segua un'altra strada.Proprio per questo, cioè per la convinzione che il probabile futuro presidente del Consiglio debba essere misurato sul programma che presenterà al Parlamento se riuscirà a formare il governo, fossi nei leader del centrodestra non mi esprimerei pregiudizialmente contro Draghi, ma valuterei con calma, in base a ciò che prometterà e a seguito di quanto farà. Una linea dettata anche da un semplice calcolo: votare contro significherebbe schiacciare il nuovo premier sulla sinistra e sui grillini, ammesso e non concesso che questi ultimi decidano di sostenere l'esecutivo senza spaccarsi. A differenza dei vari Zingaretti e compagni, a Draghi non può essere imputato di aver detto «mai con la destra». Anzi, per certi versi, su alcuni temi (no ai sussidi, sì al debito produttivo, bene gli investimenti nelle infrastrutture) potrebbe essere più vicino alla «destra» che a quella scombinata compagnia di giro che fino a ieri ha sostenuto Conte. Insomma, prima di mandare al diavolo (cioè a sinistra) Draghi, pensiamoci. Anzi, pensateci. Ps. E poi ricordatevi, il prossimo anno si nomina il nuovo capo dello Stato e se fosse scelto Draghi la legislatura si potrebbe accorciare, con le tanto attese elezioni.
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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