
La Resqship e la Sea watch accusano le vedette italiane di non essere intervenute in un salvataggio in Libia: «Senza la nostra forzatura nessun soccorso». Affonda un’imbarcazione al largo della Tunisia: almeno 35 morti. In 218 approdano a Lampedusa.Al primo tweet di Resqship sembrava si fosse innescata una collaborazione con la Guardia costiera italiana. E invece anche durante le difficili operazioni di soccorso per un naufragio le organizzazioni non governative sfruttano l’occasione per polemizzare con le autorità italiane. Ieri l’unità Nadir di Resqship era al largo della Libia per la segnalazione di una imbarcazione con 35 passeggeri in difficoltà. Nella stessa area è intervenuta la Guardia costiera per soccorrere altre due barche alla deriva, dalle quali sono stati trasbordati migranti in mare aperto. E nella sua narrazione la Ong ne ha dato atto. Ma con il secondo tweet della giornata, poco dopo le 16.30, Resqship ha iniziato a mostrarsi critica: «Nadir è sul posto, ma il numero di imbarcazioni in difficoltà sta aumentando più velocemente di quanto la Guardia costiera italiana possa riuscire a soccorrere». Il tutto è stato monitorato dall’alto dalla Seabird 2 di Sea Watch. Che con un suo tweet, successivo a quello di Resqship, ha sposato gli attacchi alla Guardia costiera, affermando di aver «trovato una barca sovraffollata nel Mediterraneo» nella giornata di ieri e che «anche in questo caso il Nadir è rimasto sul posto per ore, in attesa dell’arrivo della Guardia costiera italiana per soccorrere le persone». E, dopo aver accusato le autorità italiane di intervenire con ritardo, ha alzato il tiro, sostenendo che gli interventi della Guardia costiera partono solo dopo il loro presunto pressing: «Senza le Ong a costringere le autorità statali ad agire», è scritto nel post, «queste persone probabilmente non sarebbero state salvate». Basta ingrandire la foto a corredo del post però per scoprire che sulla barca in questione, colma di pneumatici di automobili, c’era un numero ridotto di passeggeri. Nel frattempo un ulteriore naufragio è stato segnalato nelle acque del Mediterraneo centrale. Lo rende noto il sito tunisino Afroplanete.com, che si occupa di notizie sul continente africano, secondo il quale un’imbarcazione con 49 persone a bordo partita con l’obiettivo di raggiungere l’Italia è affondata davanti alle coste tunisine: almeno 35 persone avrebbero perso la vita, mentre una quindicina sarebbero state soccorse, due delle quali, ha riferito alla Reuters il portavoce del tribunale di Sfax Faouzi Masmousdi, sono in condizioni critiche. L’affondamento dell’imbarcazione sarebbe stato causato «da forti onde che hanno reso difficile per i passeggeri e per l’equipaggio correre ai ripari». Ovviamente a più partenze corrispondono sempre più tragedie in mare. E questo lo sanno anche le Ong. Stando agli ultimi dati resi noti dal progetto Missing migrants dell’Oim, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (agenzia delle Nazioni unite), nei primi tre mesi del 2023 sono arrivate a quota 499 le persone morte o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. «Per evitare il ripetersi di queste tragedie bisogna subito aprire canali sicuri per le persone in fuga dalla Tunisia», afferma Mediterranea saving humans. La Guardia costiera tunisina, nel frattempo, sta cercando di contrastare le partenze. La notte scorsa ha bloccato cinque tentativi «di migrazione irregolare», soccorrendo 231 persone a bordo di imbarcazioni in difficoltà al largo delle proprie acque territoriali. Lo ha reso noto il portavoce della Guardia nazionale di Tunisi, precisando che 172 dei migranti soccorsi sono risultati essere originari di vari Paesi dell’Africa subsahariana. Solo 59 i tunisini. Inoltre, nell’ambito delle operazioni preventive, gli uomini della Guardia nazionale sono stati fermati a Nabeul, Sousse e Monastir altri dieci tunisini che si stavano preparando a mettere in mare una barca «per una traversata clandestina». Nei primi tre mesi del 2023 sono 500 le partenze che la Guardia costiera tunisina è riuscita a sventare, mentre i soccorsi in mare hanno riguardato 14.406 persone, di cui 13.138 di vari Paesi dell’Africa subsahariana e 1.268 di nazionalità tunisina. Due imbarcazioni, invece, sono riuscite a salpare da Sfax qualche giorno fa e ieri hanno raggiunto Lampedusa con, complessivamente, 134 passeggeri a bordo. Le due barche sono state soccorse al largo della costa da una motovedetta della Guardia di finanza e dall’assetto svedese di Frontex. Sul primo natante, nove metri, particolarmente malandato, c’erano 85 tunisini, compresi 19 minorenni e otto donne, che hanno riferito di aver pagato 2.000 dinari tunisini per la traversata (ovvero circa 600 euro). Sulla seconda carretta del mare, di sei metri, viaggiavano invece in 49, compresi sei minorenni e 14 donne, che hanno riferito di essere originari di Camerun, Costa d’Avorio, Guinea e Mali e di avere sborsato 3.000 dinari (900 euro) per il viaggio. A questi 134 si sono aggiunte altre 84 persone approdate con altri due sbarchi autonomi. Tutti, dopo un primo triage sanitario sul molo Favarolo, sono stati portati all’hotspot di contrada Imbriacola, che ora ospita 561 persone.
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