
«Eccesso di zelo da parte di qualche rappresentante dell’Unione europea»: è con queste parole che il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha commentato il respingimento («ma non c’è stato alcun respingimento», ha voluto precisare) e la mancata visita a Bengasi della delegazione dell’Unione europea composta dal commissario Ue per le Migrazioni, Magnus Brunner e dai ministri d’Italia, Grecia e Malta, Matteo Piantedosi, Thanos Plevris e Byron Camilleri.
L’incidente ha scatenato un acceso dibattito in Parlamento e mentre si moltiplicano i retroscena, è stato lo stesso ministro a parlare al Tg1 fornendo la sua versione: «Si è trattato di un incontro annullato all’ultimo momento per un risentimento da parte libica», ha spiegato Piantedosi, «la prima parte della missione a Tripoli è andata benissimo, c’è stato un incontro proficuo e ricco di spunti costruttivi. Se qualche appassionato di immigrazione incontrollata si compiace di quanto accaduto ieri, ritengo che sia sulla strada sbagliata. Noi andiamo avanti contro i trafficanti di esseri umani. Con la Libia c’è un rapporto strutturato e un incidente, pur serio, non gestito dalla nostra parte, non minerà la collaborazione che da tempo abbiamo avviato con quel Paese», ha spiegato il titolare del dicastero.
Versione in parte confermata anche da parte libica: fonti qualificate hanno precisato all’Ansa che c’è stata «un’incomprensione protocollare non gestita dalla rappresentanza italiana alla base dello stop alla missione diplomatica» «Il problema», hanno spiegato, «non ha mai riguardato assolutamente la componente italiana della delegazione e men che mai i rapporti bilaterali con l’Italia».
«Le opposizioni hanno messo nel mirino la persona sbagliata», ha commentato Igor Iezzi, capogruppo della Lega in commissione Affari costituzionali alla Camera, che segue da vicino il dossier immigrazione, «il problema non è stato Piantedosi ma l’Unione europea. L’Italia dialoga con tutti, sia Tripolitania che Cirenaica. Spesso ci sono ondate di immigrazione procurate da fattori esterni che risentono delle tensioni internazionali. Ad esempio il fatto che in molti Paesi africani ci sia la presenza della Cina o della Russia, il tema è diventato un’arma alternativa sullo scenario internazionale».
E di Russia ha parlato anche Enrico Borghi, vicepresidente di Italia viva: «Ben difficilmente Haftar avrebbe ricacciato tre ministri e un commissario Ue se non sentisse di aver le spalle coperte. E a quelle latitudini le spalle te le coprono i russi dell’Afrika Korps. Il messaggio trasmesso è intelligibile: la Cirenaica non è affar vostro e anzi è affare russo. Putin sta cercando un’opzione alternativa alla Siria come base logistica per l’area del Mediterraneo per i suoi Mig, i suoi missili e i suoi sommergibili. Da ieri forse il tema è più chiaro».
Nel frattempo, il quotidiano greco Protothema ha ricostruito l’episodio di Bengasi, ripreso anche dalle testate libiche Al Wasat e Fawasel Media. Secondo quanto riportato, l’incontro con il generale libico Khalifa Haftar è fallito per il mancato accordo sul quadro istituzionale dell’incontro. Al loro arrivo all’aeroporto Benina, i rappresentanti europei sarebbero stati informati che il generale Haftar era disponibile a incontrarli soltanto in presenza del governo orientale di Osama Hammad, non riconosciuto a livello internazionale. Una condizione che il commissario Brunner avrebbe rifiutato. In particolare, l’episodio avrebbe preso una piega imprevista già al momento dell’atterraggio dell’aereo con a bordo la delegazione Ue. A scendere per primo dall’aereo sarebbe stato l’ambasciatore dell’Unione europea in Libia, l’italiano Nicola Orlando. Sul piazzale dell’aeroporto Benina, tuttavia, ad accogliere la delegazione non c’erano gli interlocutori previsti ma i rappresentanti del cosiddetto governo di stabilità nazionale guidato da Osama Hammad, premier designato dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk, ma non riconosciuto dalla comunità internazionale. Alla vista di interlocutori non attesi, proseguono le fonti, l’ambasciatore Orlando avrebbe chiesto di evitare foto ufficiali, per non attribuire un riconoscimento formale al governo di Hammad, pur rimanendo disposto - come segno di rispetto - a incontrare le autorità locali in modo informale e senza esposizione mediatica.
A quel punto però, da parte libica sarebbe arrivata una chiusura netta, conclusasi con il rientro della delegazione. È a Orlando o a Brunner che si riferisce Piantedosi parlando di «eccesso di zelo»? La Commissione europea minimizza parlando di «problemi di protocollo»: «L’Ue manterrà aperti i canali di comunicazione e continueremo a lavorare con un approccio di squadra europeo con tutti gli attori coinvolti», ha detto al consueto briefing di mezzogiorno il portavoce dell’esecutivo Ue. E guai a parlare di responsabilità europee: «La missione in Libia è stata organizzata in partnership con gli Stati membri, non entriamo nel balletto di assegnare le colpe». Ieri intanto la Procura generale della Libia ha emesso un ordine formale di comparizione nei confronti di Osama Najim Almasri, ex alto ufficiale del dispositivo di sicurezza penitenziaria, in relazione alle imputazioni del mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi) che includono reati come stupro, tortura, omicidio, detenzione arbitraria e altri reati riconducibili a crimini contro l’umanità.

































