2024-09-12
Guai nel Kursk: l’Ucraina spera nei missili
Tony Blinken e l’omologo inglese a Kiev per l’ok a usare le testate a lungo raggio in Russia, che però contrattacca nelle aree occupate. Secondo il «Wsj», Usa e Ue vogliono che Volodymyr Zelensky rinunci alla riconquista. E Olaf Scholz insiste: «Conferenza di pace anche con Putin».cIl pretesto per compiere un altro passo dentro la guerra sono i missili balistici iraniani: Teheran - che comunque lo nega - li avrebbe consegnati ai russi, i russi sarebbero intenzionati a utilizzarli contro gli ucraini, quindi bisogna permettere alla resistenza di colpire in profondità il territorio della Federazione con le testate a lungo raggio. Come i britannici Storm shadow e gli americani Atacms. Le cui scorte, però, stando alle rivelazioni di alcuni funzionari statunitensi, starebbero per esaurirsi, mentre il Pentagono stesso sarà in grado di trasferirne a Kiev ancora pochi, prima di arrivare a intaccare i propri arsenali. Un effetto boomerang che il Regno Unito - pronto a stanziare, come gli Usa, 700 milioni di aiuti, razzi compresi - sta già sperimentando: il periodo di formazione offerto ai soldati ucraini, ha confessato il ministero della Difesa di Londra, ha «limitato» le possibilità di addestrare il personale inglese. Se così fosse, l’Ucraina rischierebbe l’ennesima beffa: essere autorizzata a sparare missili che non avrà. È in questo clima che, ieri, i due ministri degli Esteri di Washington e Londra, Tony Blinken e David Lammy, sono andati in visita da Volodymyr Zelensky. Sul tavolo, appunto, c’era l’ipotesi di rimuovere le restrizioni all’impiego dei mezzi bellici occidentali in Russia. Divieti che, ha commentato il Cremlino, in realtà sono già caduti: la sfilata a Kiev, con tanto di allarme aereo, sarebbe servita soltanto a predisporre un annuncio ufficiale. Mosca, ha fatto sapere il solito portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, darà una risposta «appropriata» a quella che percepisce come l’ennesima provocazione. Risposta che potrebbe non essere squisitamente militare: ieri, ad esempio, il presidente russo ha dichiarato che valuterà se ridurre l’export verso l’Occidente di materie prime essenziali, dall’uranio, al titanio, al nichel. Ma al di là delle conferenze stampa, delle passerelle, delle manifestazioni d’intenti e delle reciproche minacce, vale quello che sta accadendo sul campo. E la situazione non arride ai battaglioni gialloblù di Oleksandr Syrsky. Per il ministro della Difesa dello zar, Sergej Shoigu, le forze russe stanno continuando ad avanzare nel Donbass, mentre la Tass ha riferito di dieci insediamenti liberati nel Kursk.Ed è proprio su quel fronte che si registra la novità più rilevante: i russi hanno in effetti lanciato il primo vero contrattacco, schierando - ha riferito Repubblica - parà e marines. Nonostante i nemici avessero bombardato i ponti, i reparti di Mosca, che gli osservatori credevano destinati a rimanere in trappola, hanno attraversato il fiume Seym. I tank hanno travolto le prime postazioni ucraine a Snagost, dove si è messa in movimento una lunga colonna di mezzi corazzati. I soldati di Kiev sono stati aggraditi in tre direzioni e alcuni sono stati catturati. Il sito Deep State, che si serve di fonti di intelligence e parteggia per Zelensky, ha riferito di un duro colpo subito dal fianco sinistro del dispiegamento ucraino. Gongola il generale Apti Alaudinov, alla guida dei ceceni negli oblast invasi: «Le cose stanno andando bene». Di certo, la situazione non incentiva la leadership della Federazione ad avviare trattative per restituire almeno una parte delle regioni occupate, benché persino il levantino Recep Erdogan, con un piede nella Nato e uno tra gli «impresentabili» alleati di Putin, ieri abbia auspicato che la Crimea torni sotto il controllo dell’Ucraina. Sono i fatti, ostinati, a condizionare la partita. Non a caso, sebbene si accinga al controverso via libera sull’uso dei missili, l’Occidente starebbe provando a ridimensionare le aspettative dell’alleato. Il Wall Street Journal ha scritto che Usa e Unione europea vorrebbero spingere Zelensky a elaborare una sorta di «piano B», con obiettivi più realistici rispetto alla totale e definitiva reconquista. Ciò, ha aggiunto il quotidiano, aiuterebbe gli Stati democratici a giustificare il prolungato sostegno al Paese aggredito dinanzi alle rispettive opinioni pubbliche. Ormai, soprattutto la Germania, la cui riluttanza a partecipare al conflitto per procura è stata vinta grazie a inaudite pressioni americane, fatica a star dietro ai diktat nordatlantici. Olaf Scholz, incalzato dall’impennata di Afd, aveva già delineato i contorni di un negoziato che implicasse concessioni alla Russia. Un piano di cui Zelensky ha detto di non essere a conoscenza. Dopo le critiche del centrodestra tedesco e nonostante la freddezza del Cremlino, il cancelliere aveva anche confermato di essere disposto a un colloquio telefonico con lo zar. Ieri, Scholz ha ribadito il concetto già espresso lunedì, con cui l’omologo ucraino invece concorderebbe: «Abbiamo bisogno di una nuova conferenza di pace e la Russia dovrà essere presente al tavolo». Berlino aiuterà Kiev «per tutto il tempo necessario», ma farà anche «tutto il possibile affinché si colgano sempre le opportunità di raggiungere una pace giusta, che non sia una pace imposta o una resa, ma che rispetti l’integrità e la sovranità dell’Ucraina come nazione aggredita».Vedremo se i raid con i missili a lunga gittata porteranno Putin a più miti consigli. Intanto, il tasso di consumo di questi strumenti favorisce il business di chi li produce. E contribuisce a rimettere gli Usa in una posizione privilegiata rispetto alla Germania, loro storica creditrice. Come ha segnalato ieri Rivista italiana difesa, il Dipartimento di Stato ha autorizzato la vendita ai tedeschi di 600 Patriot advanced capability-3 (Pac-3) missile segment enhancement (Mse), per la modica cifra di 5 miliardi. Dal 2027, Berlino riceverà anche 500 Pac-2 guidance enhanced missiles-tactical (Gem-T), ordinati a gennaio 2024. Andranno a rimpinguare le scorte, drenate dalle donazioni di contraeree agli ucraini. I giochi sullo scacchiere si fanno sulla loro pelle.