
Beppe Grillo: «Conte può farsi il suo partito. Candidati governatori catapultati dall’alto».Diciamo che l’aspirazione a fare il profeta l’ha sempre avuta così Beppe Grillo, dopo il licenziamento in tronco decretato da Giuseppe Conte che gli taglia i viveri, indossa i panni d Sansone: muoia Beppe con tutti i farisei. Che sarebbero i reggicoda dell’avvocato di Volturara Apula che volle farsi presidente e a comandare c’ha preso gusto. Una doppia bordata è partita dal fu «elevato». La prima a urne in Liguria quasi aperte e forse per riequilibrare l’entrata a gamba tesa di Report - Grillo con la tv non ha un rapporto sereno anche se lo ha reso benestante - è un giudizio durissimo sui candidati: «Non c’è democrazia dal basso, questa è bassa democrazia. Anche queste elezioni che stanno avvenendo in Liguria e in Emilia Romagna, sono così: i candidati che questo movimento progressista di sinistra appoggia chi li ha votati? C’è stata una votazione dal basso? Questa sarebbe la democrazia dal basso? No, sono stati catapultati dall’alto, messi lì, sono i soliti giochi della vecchia politica». Ma Grillo non si è limitato a questa nota al vetriolo sul suo blog, ha aggiunto un video in cui spiega: «Non voglio assolutamente fare casino o meno, io rivendico da creatore del Movimento il mio diritto all’estinzione del Movimento. Io quando vedo questa bandiera dei 5 stelle, con davanti il mago di Oz che parla di democrazia diretta, mi viene un buco nello stomaco. Quindi, va benissimo, dobbiamo essere persone civili. Lui si può fare il suo bel partito, si può fare il suo manifesto con la sua faccia bella, simpatica, sincera, con scritto, Oz e i suoi 22 mandati può arrivare all’8%». Grillo se la prende anche col fatto che ha ricevuto la «lettera» di licenziamento via Bruno Vespa (Conte ha annunciato la rottura in una intervista rilasciata al conduttore televisivo che la pubblica nel suo ultimo libro in uscita da domani e per il «fondatore» è il massimo degli affronti). «Comunque», insiste Grillo, «tutta questa cosa nasce perché ho esercitato un mio piccolissimo diritto: quello di garante. Volevo capire questa assemblea straordinaria, assolutamente giusta, di democrazia dal basso. Volevo vedere quali potevano essere i crismi, cioè vedere un po’ cosa stava succedendo, quanta gente era stata falcidiata in agosto… Questo comitato anonimo che non rispondeva a nessuno, non riusciva ad avere un dato. Ho insistito, ho fatto quattro o cinque domande, la risposta è stata che io non conto nulla». Se Giuseppe Conte sperava di aver liquidato la faccenda si sbagliava di grosso. Perché è intervenuto di nuovo anche il primo «erede» del Movimento, Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto che è stato il «creatore» dei pentastellati. Il presidente della Casaleggio e associati ha ribadito: «Il simbolo del M5s è di proprietà dell’associazione fondata da me e da Luigi Di Maio. Rispetto a quello che conoscevo io, del Movimento è rimasto solo il nome». Ma l’ex presidente del Consiglio non pare intenzionato a recedere. A Casa Corriere - il festival del quotidiano di via Solferino - ha ribadito: «Il contratto come consulente del Movimento di Beppe Grillo è in essere, ma sta venendo a scadenza e lui non era pagato per la funzione di garante del Movimento, ma per la comunicazione che in questo momento non c’è e quindi fa venire meno la ragione degli esborsi da parte dei 5 stelle. Sono soldi degli iscritti che io stesso avverto la necessità di amministrare con la massima cura. Quanto al parricidio è un termine giornalistico, non ha molto senso applicarlo a un contratto che prevede prestazione e controprestazione». Giuseppe Conte ne ha anche per Davide Casaleggio: «Quando sono arrivato mi è stato chiesto di interrompere il rapporto con lui perché non è un rapporto trasparente. Che oggi dica che tra me e Grillo non rimarrà un solo di noi, ma un solo elettore, è affar suo». I popcorn pare che vadano a ruba in questo periodo dalle parti dei pentastellati.
Diego Fusaro (Imagoeconomica)
Il filosofo Diego Fusaro: «Il cibo nutre la pancia ma anche la testa. È in atto una vera e propria guerra contro la nostra identità culinaria».
La filosofia si nutre di pasta e fagioli, meglio se con le cotiche. La filosofia apprezza molto l’ossobuco alla milanese con il ris giald, il riso allo zafferano giallo come l’oro. E i bucatini all’amatriciana? I saltinbocca alla romana? La finocchiona toscana? La filosofia è ghiotta di questa e di quelli. È ghiotta di ogni piatto che ha un passato, una tradizione, un’identità territoriale, una cultura. Lo spiega bene Diego Fusaro, filosofo, docente di storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano, autore del libro La dittatura del sapore: «La filosofia va a nozze con i piatti che si nutrono di cultura e ci aiutano a combattere il dilagante globalismo guidato dalle multinazionali che ci vorrebbero tutti omologati nei gusti, con le stesse abitudini alimentari, con uno stesso piatto unico. Sedersi a tavola in buona compagnia e mangiare i piatti tradizionali del proprio territorio è un atto filosofico, culturale. La filosofia è pensiero e i migliori pensieri nascono a tavola dove si difende ciò che siamo, la nostra identità dalla dittatura del sapore che dopo averci imposto il politicamente corretto vorrebbe imporci il gastronomicamente corretto: larve, insetti, grilli».
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.






