2021-06-13
Grillo faccendiere con Pechino è una mina vagante per il governo
La visita all'ambasciata contemporaneamente al G7 è una provocazione: anche se l'obiettivo fosse screditare Luigi Di Maio, resta il sospetto che la Cina voglia condizionare l'Italia attraverso il partito di maggioranza relativa.Ma Beppe Grillo, geopoliticamente parlando, in che squadra gioca? La risposta sembrerebbe perfino scontata, alla luce delle - pare - ben tre ore trascorse l'altro ieri dal comico in ambasciata cinese mentre il G7 era radunato in Cornovaglia per mettere a punto una linea anti-Pechino. Il timing politico dell'invito (o della convocazione?) ha oggettivamente del clamoroso, quasi del provocatorio, e lascia spazio alle interpretazioni più maliziose: tale è il legame, da consentire agli uni (a chi invita) e da suggerire agli altri (a chi è invitato) un incontro che plasticamente mostra un'appartenenza geostrategica a uno schieramento alternativo a quello occidentale e atlantico. Conta poco che all'ultimo minuto, intuendo la mala parata, Giuseppe Conte si sia sfilato: la scenetta deve essere parsa eccessiva perfino a lui. Ma rimane il fatto che il M5s in questo Parlamento è il partito di maggioranza relativa. Di più: è oggi il partito che esprime il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Il quale Di Maio - a ben vedere - è forse uno dei bersagli dell'azione di Grillo, ma ciò rileva solo sul piano condominiale e domestico, per il gioco politico interno: spiegare all'estero questi dettagli è quasi impossibile. Solo i feticisti del caos politico italiano possono comprendere che Grillo lo ha palesemente messo nel mirino, come testimonia l'insistenza del comico sul mantenimento del vincolo dei due mandati: un modo per spazzar via Di Maio e i suoi, in prospettiva. A questo punto, dunque, la smaccata operazione condotta da Grillo rende lecite tantissime domande. Quando, com'è prevedibile, il Movimento accentuerà la sua polemica verso il governo Draghi, si tratterà di un'opera di logoramento spontanea o «spintanea»? Sarà una linea politica genuinamente decisa da un partito o suggerita da entità e attori esterni? I 5 stelle sono in grado di decidere da sé o c'è da immaginare - se non un'eterodirezione - per lo meno una persuasiva influenza non italiana? Noi, ovviamente, non abbiamo risposte: ma le domande sono sul tavolo.Nei palazzi romani, c'è chi ricorda quelle giornate del dicembre 2019 quando Grillo si presentò a Roma indossando una vistosa mascherina nera (oggetto che in quel momento nessuno aveva motivo di portare) e mormorò ai cronisti: «Mi proteggo un po' dai vostri virus». Poi, con un gioco lessicale che - interpretato a posteriori, alla luce del Covid entrato ufficialmente nelle nostre vite diverse settimane dopo - fa riflettere molto, accennò alle sardine come a un «movimento igienico sanitario» («vogliono igienizzare la società», disse). Magari l'uso bizzarro di quelle parole fu solo un caso, una pura coincidenza, proprio come l'aver indossato la mascherina. Qualche settimana prima, a fine novembre, sempre a Roma, ci furono due visite in 24 ore del comico all'ambasciatore cinese, circostanza che Grillo spiegò - si fa per dire - con queste parole: «Gli ho portato del pesto e gli ho detto che se gli piacerà dovrà avvisarmi in tempo perché sarei in grado di spedirne una tonnellata alla settimana, con aglio e senza, per incoraggiare gli scambi economici». È una spiegazione credibile?Il giallo si infittisce se ci spostiamo all'inizio del settembre 2020, quando Grillo, dopo settimane di quella che alcuni avevano interpretato come una campagna contro l'ingresso del fondo Usa Kkr nell'intesa Tim-Cdp per la rete, diffuse sui suoi canali social un video a metà tra la recriminazione e lo scarico di responsabilità, come per far capire a qualcuno (a Pechino?) che l'esito della partita non era stato colpa sua. «Eravamo proprio lì, a un passo per unificare tutta la rete in un'autostrada pubblica, eravamo a un passo per farlo e siamo rimasti in bilico…». Fino a un curioso sfogo finale: «I cinesi sono dei dittatori perché non permettono agli americani di prendere i dati dei cinesi? Ma allora non è una dittatura quella degli americani che “ciucciano" i dati di tutto il mondo?». Ed ecco qua e là altri indizi. Primo: una settimana prima di questo sfogo, sul «sacro blog», un fiammeggiante intervento del professor Fabio Massimo Parenti, con toni antiamericani degni di pubblicazioni cinesi o iraniane in accorata difesa del 5G cinese contrapposto ai moniti Usa. Secondo indizio (cosa che invece doveva essere piaciuta a Grillo): il dpcm del 7 agosto 2020 con cui il Consiglio dei ministri dava un primo semaforo verde a Huawei. Terzo indizio: poco prima di Ferragosto, un altro durissimo (e stavolta tecnicamente confuso) intervento del comico contro gli «investitori stranieri» da stoppare se basati su logiche finanziarie, altra bordata da molti interpretata contro Kkr. Quarto indizio: la famosa e assolutamente irrituale telefonata con cui Conte, il 4 agosto 2020, mentre era in corso un delicato cda, avrebbe chiamato l'ad di Tim Luigi Gubitosi, a quanto pare nel tentativo di stoppare l'offerta di Kkr.Poi però le cose presero tutt'altra piega. E, quasi un anno dopo, Draghi ha totalmente rovesciato la già barcollante linea pro Pechino. Grillo deve esserci rimasto male, e forse - oltre a lui - non deve averla presa bene nemmeno chi lo invita in ambasciata.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)