2021-07-01
Green pass, la traduzione italiana è farlocca
Rispetto alla versione inglese, manca il divieto di «discriminazione» per chi rifiuta le dosi. L' Europarlamento: «Correggeremo».Tuttavia, in virtù del Regolamento Ue, i sanitari non immunizzati potrebbero ricorrere contro il decreto che li sospende dal lavoro.I grafici nazionali sono incompleti e astrusi, eppure aiuterebbero gli indecisi a valutare.Lo speciale contiene due articoli. Giallo sul green pass europeo. Nella traduzione dall'italiano all'inglese del Regolamento Ue 953/2021, quello cioè che disciplina il rilascio dell'ormai ben noto certificato digitale introdotto per «agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di Covid-19», sembra infatti essere sparito un pezzo. Scorrendo fino al considerando 36 del testo, che precede gli articoli, si legge: «È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l'opportunità di essere vaccinate». Peccato che, però, rispetto alla versione inglese manchi una manciata di parole, assai significative. «Or chose not to be vaccinated», tradotto «oppure abbiano scelto di non vaccinarsi». La norma «completa», in altri termini, prevede che non debbano essere discriminati non solo coloro i quali non hanno potuto, ma anche quanti non hanno voluto vaccinarsi. Una precisazione di non poco conto, che forse potrebbe apparire scontata - dal momento che la somministrazione del siero anti Covid non è obbligatoria - ma non lo è affatto. Anche perché, rispetto a tutte le altre, la traduzione italiana è l'unica «monca».Quelle sei paroline mancanti pesano come macigni per almeno tre motivi. Primo, perché nella gerarchia delle fonti del diritto i regolamenti dell'Ue si posizionano nel secondo gradino, immediatamente sotto la Costituzione e le leggi costituzionali. La formula scelta per normare il green pass, come recita l'articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, «ha portata generale» ed è «obbligatoria in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri». Con i Regolamenti, dunque, non si scherza. Secondo, perché escludere espressamente le persone che hanno liberamente scelto di non vaccinarsi potrebbe non garantire loro una piena difesa dalle leggi italiane che tutelano dalle discriminazioni. Terzo, come spiega alla Verità il giurista Lorenzo Barbieri, con la sentenza Skoma-Lux del 2007 «la Corte di Giustizia Ue ha riletto il principio della certezza del diritto (rule of law) alla luce della sua conoscibilità, stabilendo che il multilinguismo è condizione indispensabile all'avverarsi della legge, prescrivendo la necessità di pubblicare gli atti normativi nelle lingue ufficiali dei cittadini degli Stati membri». Perciò, una traduzione errata, o comunque un testo disallineato con quello originario di riferimento, può certamente rappresentare un problema.Che si tratti di errore o mancanza voluta, non è dato sapere. Una cosa è certa: già lo scorso 11 giugno, diversi giorni prima dall'approvazione, l'avvocato Giulio Marini segnalava alla Commissione europea l'assenza del passaggio, ricevendo conferma dal capo dipartimento della Direzione generale per la traduzione italiana che la questione sarebbe stata posta ai servizi competenti per una valutazione di natura giuridica. Sempre l'avvocato Marini ha confermato al nostro quotidiano, tramite una ricerca nel database del Senato, che già a marzo il testo fatto pervenire alle Camere dalla Commissione era privo di quelle poche ma fondamentali parole. «Ragionevole ritenere che l'errore si sia verificato internamente a quest'organo», chiosa Marini.Contattato dalla Verità, il team Qualità della Direzione generale della traduzione del Parlamento europeo ha rassicurato che «la versione italiana che omette i termini “or chose not" (oppure abbiano scelto di non, ndr) è in corso di rettifica dall'apposito servizio del Parlamento europeo e del Consiglio europeo», precisando che «le parole verranno aggiunte» e «una rettifica verrà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea». Una risposta coerente con quanto dichiarato su Twitter dall'europarlamentare della Lega Francesca Donato, la quale sui social ha informato gli utenti che «già settimane fa abbiamo segnalato al servizio traduzioni del Parlamento europeo la difformità e quindi verrà corretto il testo da pubblicare in Gazzetta». Peccato, però, che gli uffici dell'europarlamento si siano ben guardati dal precisare alla Verità la natura dell'omissione e le tempistiche di soluzione del problema. Una vicenda opaca, che nel contesto attuale non può mancare di sollevare importanti interrogativi di natura politica. Perché diversi mesi fa il testo è arrivato alle Camere già privato del divieto di discriminare chi ha scelto di non vaccinarsi? C'è di mezzo forse l'intervento di qualche «manina» interessata a togliere di mezzo quel cruciale riferimento? Un'eventualità che si può escludere solo appurando con precisione chi ha tradotto quel testo per poi inviarlo al Parlamento italiano. Senza dubbio la postilla mancante cozza contro il clima da caccia alle streghe che vige in Italia nei confronti di chi, per un motivo o per l'altro, ha scelto di non farsi iniettare il siero. Che qualcuno abbia deciso di cancellarla per evitare futuri ricorsi? Nel frattempo, da oggi in Alto Adige 115 sanitari non vaccinati non potranno presentarsi in reparto, e l'Azienda sanitaria sta valutando se demansionarli oppure metterli in smart working. Mentre l'assessore alla Salute dell'Emilia-Romagna, Raffaele Donini, ha annunciato che il prossimo anno scolastico gli studenti immunizzati potranno «sottrarsi a qualunque provvedimento di quarantena e didattica a distanza» a prescindere dallo scenario epidemiologico. Libertà di vaccinarsi sì, ma a quanto pare solo sulla carta.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/green-pass-traduzione-2653614442.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="vaccini-promossi-dai-dati-altoatesini-intanto-liss-pasticcia-con-i-numeri" data-post-id="2653614442" data-published-at="1625133534" data-use-pagination="False"> Vaccini promossi dai dati altoatesini. Intanto l’Iss pasticcia con i numeri C'è un dato che arriva da Bolzano sul quale bisognerebbe riflettere. Ieri è stato reso noto che al 16 giugno, in Alto Adige 1.559 persone risultavano positive al Covid-19 dopo essere state vaccinate. In percentuale, secondo quanto dichiarato dall'assessore provinciale alla Sanità, Thomas Widmann, sono lo 0,6% rispetto ai 265.000 che nella Provincia autonoma hanno ricevuto la prima dose, quindi il numero basso dovrebbe confortare sulla protezione che il vaccino sembra offrire. Ma lo scenario diventa ben più interessante, se guardiamo come il virus ha colpito in Alto Adige e quanto il vaccino è riuscito a proteggere. Basta fare due calcoli. Dal primo di gennaio al 29 giugno di quest'anno, nella Provincia governata da Arno Kompatscher i positivi al coronavirus sono stati 30.382, il 5,8% su una popolazione complessiva di 520.891 abitanti. Rispetto a tutti i positivi segnalati da inizio d'anno, le 1.559 persone in cui è stato riscontrato il virus nonostante la vaccinazione fatta rappresentano il 5,13%, ma se rapportiamo il dato con il numero di quanti hanno ricevuto la prima dose, la percentuale è appunto dello 0,6%. Ben più bassa e tranquillizzante. Se l'Alto Adige fornisce questi dati, se quindi è possibile conoscere come agisce il vaccino, perché non si riesce ad avere una fotografia di tutto il Paese dopo la vaccinazione? Il rapporto datato 16 giugno dell'Istituto superiore della sanità si limita ad osservare «come la maggior parte dei nuovi casi segnalati di infezione confermata da virus Sars-Cov-2 siano stati riscontrati in soggetti non vaccinati». Quanto alle tabelle che il documento produce, sono peggio dei rebus più infernali: del tutto incomprensibili. Basterebbero numeri riportati per ogni Regione, totale dei positivi registrati nell'arco di tempo che si vuole prendere in considerazione, numero di vaccinati, percentuale dei positivi tra i vaccinati e tra la popolazione in generale. Dati che consentirebbero una valutazione dell'impatto del vaccino in questi mesi, dando nel contempo una mappatura di come si muove il virus con relative varianti. Due giorni fa erano 679 i test positivi al coronavirus registrati in Italia, con un calo del 21,4% su base settimanale. Di questi, 536 erano dovuti alla variante delta che, malgrado l'allarmismo diffuso, non ha dunque moltiplicato i numeri dei contagi. È una variante che sta prendendo piede, ma sempre secondo l'Iss rimane l'inglese o alfa, quella più diffusa in Italia con una percentuale del 74,9% sul numero di segnalazioni di casi di infezione causati da modificazioni della proteina spike. Non pretendiamo un bollettino quotidiano, ma almeno una volta alla settimana sarebbe doveroso dare dati circoscritti alle singole Regioni e una panoramica nazionale bastata su numeri. Come riportato ieri dalla Verità, nel Regno Unito più della metà dei 117 decessi legati alla variante delta riguardano vaccinati. Di questi, ben 50 (il 43%) aveva ricevuto entrambe le dosi di vaccino, quindi sapere quello che accade da noi è fondamentale. L'immunologo Alberto Mantovani ieri sulla Stampa segnalava: «Manca un programma nazionale di sequenziamento delle varianti con studi di funzione per capire se e quanto siano pericolose». Sempre La Verità ha ricordato come l'Italia abbia contribuito solo con circa 20.000 genomi virali alla banca dati internazionale Gisaid. È necessario sequenziare il più possibile anche perché, come afferma sempre Mantovani: «Resta un 20-25% di persone che risponde poco alla vaccinazione e può ammalarsi».