2025-02-06
La sinistra manifesta contro il suo Green deal
La protesta dei sindacati europei a Bruxelles (Ansa)
Corteo dei lavoratori a Bruxelles per chiedere una transizione socialmente sostenibile ed evitare la completa deindustrializzazione. Partecipano anche i rappresentanti del Pd (Zingaretti, Bonaccini, Gori) e della Cgil, che hanno voluto e spinto le follie ecologiste.«Le continue emergenze climatiche ci dicono che siamo sempre più vicini al punto di non ritorno e ci ricordano quanto sia necessario cambiare l’attuale modello di sviluppo non più sostenibile per il pianeta». E poi: «Il tema dell’emergenza climatica è strettamente legato al tema della transizione energetica. Le fonti fossili non sono più sostenibili e bisogna proseguire con coraggio il cammino iniziato verso l’utilizzo di energie rinnovabili». Quindi: «L’Europa guidata da Ursula Von Der Lyen sembrava caratterizzarsi sul Green deal, sul Farm to Fork e sull’Agenda 2030. Il conflitto russo-ucraino ha spinto l’Ue, invece, a ragionare solo sulle contingenze, abbandonando quelle idee e azioni di prospettiva. Noi riteniamo indispensabile che l’Europa rinnovi il proprio impegno verso uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile...». A sposare e anzi a incoraggiare, senza se e senza ma, il progetto ambientalista della prima legislatura Von der Leyen, quella caratterizzata per la visione manichea del vice-presidente olandese Frans Timmermans, era la Flai Cgil, la federazione lavoratori agrindustria del sindacato di Maurizio Landini, che nel documento conclusivo del congresso del 7-8-9 febbraio 2023, quindi meno di due anni fa, spronava Bruxelles a riprendere la strada della sostenibilità a prescindere. La linea della Flai ben sintetizzava quella di tutto il sindacato rosso e di buona parte delle sigle dei lavoratori europei che mettevano l’ideologia green prima di ogni altra cosa. Ma non solo, era sovrapponibile con quella dei loro partiti di riferimento, si prendano il Pd in Italia, i socialisti in Spagna, Francia e Germania. Ieri, buona parte di quelle organizzazioni che rappresentano i lavoratori, si sono ritrovate a Bruxelles per partecipa alla manifestazione europea organizzata da IndustriAll Europe, il sindacato europeo. Tutti insieme appassionatamente, accompagnati anche dai politici di riferimento (per il Pd per esempio c’erano il capodelegazione ed ex segretario dem Nicola Zingaretti, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Stefano Bonaccini, Dario Nardella ecc.) sotto la sede del Consiglio europeo per rivendicare «un vero piano industriale europeo». Si spazia dall’automotive (c’erano infatti Fiom, Fim e Uilm) alla chimica-farmaceutica e si passa per i lavoratori di energia, gomma e plastica, ceramica, vetro e moda. Un grido di aiuto che parte da alcuni presupposti. Resettare il Green deal, rivedere le multe all’automotive, ripensare la transizione affinché sia socialmente sostenibile e modificare la neonata bussola per la competitività, che così com’è non è sufficiente a dare una svolta. Poi certo si parla di formazione, contratti, iper-regolamentazione e salari. Ma il focus è sull’ideologia ambientalista. Tant’è che al termine della manifestazione, una delegazione di sindacalisti ha incontrato una rappresentanza della Commissione Ue per chiedere di «ascoltare il lavoro perché altrimenti il rischio sempre più concreto è la desertificazione industriale...». Giusto. L’ossessione verde è già costata migliaia di posti di lavoro e sta impoverendo la classe media, cos’altro doveva fare un sindacato se non manifestare l’eccezionalità del momento e l’urgenza di un cambiamento? Coerenza avrebbe voluto che qualcuno facesse uno straccio di autocritica. Un minimo di mea culpa rispetto a quanto si era professato fino a non molti mesi prima. Anche perché la narrazione sul Green deal imprescindibile, sulla necessità di fare presto e indicare dei termini sempre più serrati potuto proliferare anche per la spinta dei corpi intermedi e di chi avrebbe invece dovuto mettere la salvaguardia degli interessi dei lavoratori prima di ogni altra cosa. Per non parlare di chi, socialisti e verdi in testa, si sono intestati quel processo decisionale. E invece... «La presenza degli eurodeputati del Pd ieri in piazza a Bruxelles al fianco dei lavoratori dell’industria è una vera e propria presa in giro», ha evidenziato l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, «a manifestare c’erano i lavoratori dell’automotive, della siderurgia, della chimica e di altri settori il cui tratto comune è di essere stati massacrati dalle eurofollie green votate con entusiasmo dall’allegra brigata Timmermans nella scorsa legislatura. È incredibile la faccia tosta di chi ha sostenuto tutte le politiche suicide, che rischiano di portare l’Europa alla desertificazione industriale, e oggi si lava la coscienza rivendicando misure compensative per l’industria e per i lavoratori che ha sacrificato sull’altare dell’ideologia ultra-ambientalista». E del resto bastava ascoltare le parole di Frans Timmermans, ancor oggi uno dei socialisti più ascoltati, per rendersi conto quanto di facciata siano anche le volontà di cambiamento manifestate ieri: «Il Green deal», insisteva ieri nel Parlamento Ue l’ideologo dell’ambientalismo senza se e senza ma, «rappresenta la nostra politica industriale, e se la nuova Commissione preferisce rinominarlo Inflation reduction act o con qualsiasi altro nome, purché si mantengano le linee politiche concordate, credo che renderebbe un buon servizio all’industria e ai nostri cittadini».
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)