
Non bastava il figlio: Biden prepara il perdono presidenziale anche per l’ex consigliere sanitario. Il quale, con Trump, rischierebbe di essere perseguito per i flop pandemici e per aver mentito sull’origine del virus.La decisione di Joe Biden di concedere la grazia preventiva ad alcuni funzionari dell’amministrazione uscente, tra cui il suo ex consulente scientifico Anthony Fauci, potrebbe rivelarsi un boomerang, oltre che avvalorare la tesi secondo cui la gestione pandemica è stata l’arma segreta scagliata dai democratici contro Donald Trump per impedirne la rielezione nel 2020. La notizia l’ha anticipata la testata Politico: dopo la grazia già concessa a suo figlio Hunter, i collaboratori del presidente Biden, che il 20 gennaio cederà la guida del Paese a Trump, stanno discutendo sull’opportunità di proteggere alti funzionari pubblici sottraendoli a eventuali processi giudiziari che potrebbero essere avviati dalla nuova amministrazione repubblicana. L’indulto, secondo Politico, potrebbe essere concesso al senatore Adam Schiff, all’ex rappresentante repubblicana Liz Cheney e all’ex capo dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive (Niaid) Fauci, che ha gestito la pandemia negli Stati Uniti ed è stato consulente di sette presidenti Usa tra cui Biden e, prima di lui, Trump, nell’ultimo periodo del suo primo mandato presidenziale (da marzo a dicembre 2020). I rapporti tra i due non sono stati esattamente idilliaci. Nei primi mesi della pandemia da coronavirus, appena informato dell’arrivo del «virus cinese», Trump aveva capito che salvando la vita degli americani, si sarebbe anche assicurato la rielezione a fine 2020. Non volendo escludere alcuna opportunità, aveva avviato l’operazione Warp Speed, accelerando lo sviluppo non soltanto di vaccini ma anche di terapie per contrastare il Covid. Tra queste, l’idrossiclorochina per i pazienti Covid ospedalizzati: dopo l’approvazione dell’American thoracic society (la principale società medica americana specializzata nel trattamento delle malattie respiratorie), il 20 maggio 2020 Trump aveva annunciato di aver iniziato una profilassi preventiva del farmaco. Due giorni dopo, la rivista scientifica The Lancet pubblicava uno studio stroncando il medicinale, sette giorni dopo Fauci screditava pubblicamente il presidente su tutti i media, sostenendo che «l’idrossiclorochina non funziona». Sbagliava: lo studio di The Lancet fu ritirato (in sordina) il 2 giugno 2020. Non solo: i detrattori politici sciacallavano accusando il presidente di ostentare «l’audacia della falsa speranza», sulla stessa scia anche Fauci, in contrasto con la linea della Casa Bianca, diffondeva pessimismo e terrore tra la popolazione, come avveniva del resto in Italia. A differenza del presidente, prudente sulle restrizioni delle libertà individuali dei cittadini, Fauci raccomandava l’uso e l’abuso delle misure restrittive (lockdown e distanziamento). Nel frattempo sulle mascherine (da lui stesso sconsigliate a inizio pandemia) veniva smentito dalla Cochrane collaboration (la più autorevole organizzazione internazionale nata per per condurre revisioni sistematiche sugli interventi sanitari). «Non posso licenziarlo», si era lamentato Trump in un dibattito elettorale.Con il passare dei mesi, le tensioni tra i due sono andate aumentando, fino all’ultima telefonata, raccontata dallo stesso Fauci: «Tony, io ti stimo, ma che c... stai facendo? Sganci in continuazione bombe contro di me», gli aveva rinfacciato Trump, accusandolo di costare all’economia degli Stati Uniti «1.000 miliardi di dollari del c...» per misure che poi si sono rivelate utili soltanto all’industria del farmaco anziché ai cittadini americani falcidiati, soprattutto nelle fasce povere, da uno dei più elevati tassi di decessi (con) Covid del mondo occidentale. Una gestione, quella di Fauci, disastrosa oltre che politicizzata, come è stato dimostrato nei due anni successivi: la relazione della commissione Covid del Congresso americano, depositata qualche giorno fa, ha stabilito che «Tony» ha anche cospirato per nascondere l’origine del virus agli americani. Nelle 507 pagine riassuntive, fatte di resoconti e testimonianze tra cui quella dello stesso Fauci, è emerso che l’ex direttore del Niaid ha fatto di tutto, tra cui mentire sotto giuramento di fronte al Congresso, per evitare che i cittadini statunitensi sapessero che il Sars Cov-2 si è verosimilmente diffuso in tutto il mondo a causa di un incidente nel laboratorio di Wuhan, finanziato proprio dagli Usa, sotto la sua supervisione. Le mail scambiate tra Fauci e altri scienziati (i «Bethesda Boys») per nascondere sotto il tappeto le prove della fuga da laboratorio lo inchiodano. A distanza di quattro anni appare ormai evidente che Fauci, dichiaratamente sostenitore del partito democratico, abbia fatto il possibile per mandare agli americani, con la complicità dei media, il messaggio che Trump non fosse capace di gestire la crisi sanitaria, compromettendo la sua rielezione.L’ex presidente, che si è preso la sua rivincita trionfando alle elezioni del 5 novembre, ha promesso al popolo americano di fare giustizia. Lo sostengono il responsabile della Salute, Robert F. Kennedy, e il nuovo capo dell’Nih (l’Istituto superiore di sanità statunitense), Jay Bhattacharya, oltre ad Elon Musk, che già a dicembre 2022 sollecitava di «processare Fauci» dopo la pubblicazione dei Twitter Files, che avevano reso pubbliche le omissioni e le trame dell’ex consulente scientifico di Biden per censurare le evidenze scientifiche.Incombe, però, lo spettro del condono pandemico. Non ci sono precedenti simili in passato, a eccezione della grazia concessa dal presidente democratico Bill Clinton al mega evasore fiscale Marc Rich e quella del presidente George H.W. Bush senior accordata all’ex segretario alla Difesa Usa Caspar Weinberger (ma su una questione di interesse nazionale). La grazia a Fauci, che si è dimesso dal Niaid nel 2022, sarebbe dunque l’ultimo obbrobrio dei democratici, ormai travolti dal nuovo corso di Donald Trump.
Mario Adinolfi (Ansa)
Il saggista Mario Adinolfi: «Mamdani filo gay? No, è solo il cavallo di Troia dei musulmani. I cattolici meritano più attenzione dal governo».
Scienziati tedeschi negli Usa durante un test sulle V-2 nel 1946 (Getty Images)
Il 16 novembre 1945 cominciò il trasferimento negli Usa degli scienziati tedeschi del Terzo Reich, che saranno i protagonisti della corsa spaziale dei decenni seguenti.
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Il 16 luglio 1969 il razzo Saturn V portò in viaggio verso il primo allunaggio della storia l’equipaggio della missione Nasa Apollo 11. Il più grande passo per l’Uomo ed il più lungo sogno durato secoli si era avverato. Il successo della missione NASA fu il più grande simbolo di vittoria nella corsa spaziale nella Guerra fredda per Washington. All’origine di questo trionfo epocale vi fu un’operazione di intelligence iniziata esattamente 80 anni fa, nota come «Operation Paperclip». L’intento della missione del novembre 1945 era quella di trasferire negli Stati Uniti centinaia di scienziati che fino a pochi mesi prima erano stati al servizio di Aldolf Hitler e del Terzo Reich nello sviluppo della tecnologia aerospaziale, della chimica e dell’ingegneria naziste.
Nata inizialmente come operazione intesa ad ottenere supporto tecnologico per la tardiva resa del Giappone nei primi mesi del 1945, l’operazione «Paperclip» proseguì una volta che il nuovo nemico cambiò nell’Unione Sovietica, precedente alleato di Guerra. Dopo la caduta del Terzo Reich, migliaia di scienziati che avevano lavorato per la Germania nazista si erano sparsi per tutto il territorio nazionale, molti dei quali per sfuggire alla furia dei sovietici. L’OSS, il servizio segreto militare dal quale nascerà la CIA, si era già preoccupato di stilare un elenco delle figure apicali tra gli ingegneri, i fisici, i chimici e i medici che avrebbero potuto rappresentare un rischio se lasciati nelle mani dell’Urss. Il Terzo Reich, alla fine della guerra, aveva infatti raggiunto un livello molto avanzato nel campo dell’ingegneria aeronautica e dei razzi, uno dei campi di studio principali sin dai tempi della Repubblica di Weimar. I missili teleguidati V-2 e i primi aerei a reazione (Messerschmitt Me-262) rivelarono agli alleati quella che sarebbe stata una gravissima minaccia se solo Berlino fosse riuscita a produrre in serie quelle armi micidiali. Solamente l’efficacia dei potenti bombardamenti sulle principali strutture industriali tedesche ed il taglio dei rifornimenti impedì una situazione che avrebbe potuto cambiare in extremis l’esito del conflitto.
L’Operazione «Paperclip», in italiano graffetta, ebbe questo nome perché si riferiva ai dossier individuali raccolti negli ultimi mesi di guerra sugli scienziati tedeschi, molti dei quali erano inevitabilmente compromessi con il regime nazista. Oltre ad aver sviluppato armi offensive (razzi e armi chimiche) avevano assecondato le drammatiche condizioni del lavoro forzato dei prigionieri dei campi di concentramento, caratterizzate da un tasso di mortalità elevatissimo. L’idea della graffetta simboleggiava il fatto che quei dossier fossero stati ripuliti volontariamente dalle accuse più gravi dai redattori dei servizi segreti americani, al fine di non generare inevitabili proteste nell’opinione pubblica mondiale. Dai mesi precedenti l’inizio dell’operazione, gli scienziati erano stati lungamente interrogati in Germania, prima di essere trasferiti in campi a loro riservati negli Stati Uniti a partire dal 16 novembre 1945.
Tra gli ingegneri aeronautici spiccavano i nomi che avevano progettato le V-2, costruite nel complesso industriale di Peenemünde sul Baltico. Il più importante tra questi era sicuramente Wernehr von Braun, il massimo esperto di razzi a propulsione liquida. Ex ufficiale delle SS, fu trasferito in a Fort Bliss in Texas. Durante i primi anni in America fu usato per testare alcune V-2 bottino di guerra, che von Braun svilupperà nei missili Redstone e Jupiter-C (che lanciarono il primo satellite made in Usa). Dopo la nascita della NASA fu trasferito al Marshall Space Flight Center. Qui nacque il progetto dei razzi Saturn, che in pochi anni di sviluppo portarono gli astronauti americani sulla Luna, determinando la vittoria sulla corsa spaziale con i sovietici e divenendo un eroe nazionale.
Con von Braun lavorò allo sviluppo dei razzi anche Ernst Stuhlinger, grande matematico, che fu estremamente importante nel calcolo delle traiettorie per la rotta dei razzi Saturn. Fu tra i primi a ipotizzare la possibilità di raggiungere Marte in tempi relativamente brevi. Nel team dei tedeschi che lavorarono per la Nasa figurava anche Arthur Rudolph, che sarà uno dei principali specialisti nei motori del Saturn. L’ingegnere tedesco si occupò in particolare del funzionamento del primo stadio del razzo che conquistò la Luna, un compito fondamentale per un corretto decollo dalla rampa di lancio. Rudolph era fortemente compromesso con il Terzo Reich in quanto membro prima del partito nazista e quindi delle SS. Nel 1984 decise di lasciare gli Stati Uniti dopo che nei primi anni ’80 iniziarono una serie di azioni giudiziarie contro quegli scienziati che più si erano esposti nella responsabilità dell’Olocausto. Morirà in Germania nel 1996.
Tra gli ingegneri, fisici e matematici trasferiti con l’operazione Paperclip fu anche Walter Häussermann, esperto in sistemi di guida dei razzi V-2. Figura chiave nel team di von Braun, sviluppò negli anni di collaborazione con la NASA gli accelerometri ed i giroscopi che il razzo vettore del programma Apollo utilizzò per fornire i dati di navigazione al computer di bordo.
In totale, l’operazione Paperclip riuscì a trasferire circa 1.600 scienziati tedeschi negli Stati Uniti. In ossequio alla realpolitik seguita alla corsa spaziale, la loro partecipazione diretta o indiretta alle attività belliche della Germania nazista fu superata dall’enfasi che il successo nella conquista della Luna generò a livello mondiale. Un cammino che dagli ultimi sussulti del Terzo Reich, quando le V-2 colpirono Londra per 1.400 volte, portò al primo fondamentale passo verso la conquista dello Spazio.
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Beppe Sala (Ansa)
Per «Italia Oggi», la città di Mr Expo è prima per reati commessi. Due sentenze della Cassazione riscrivono l’iter per le espulsioni.
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