2022-05-20
Grano e carbone a peso d’oro: il piano non c’è
La crisi alimentare rischia di incendiare l’Africa riversando sull’Italia masse di disperati. Ma nessuno ferma la speculazione. E l’India blocca l’export per lucrare. Intanto il combustibile fino a ieri meno considerato viaggia oltre i 440 dollari a tonnellata.La realtà è ostinata e ha un brutto difetto, non si piega neppure al volere dell’uomo del whatever it takes. Mario Draghi stavolta non lo ha detto che si cercherà di far finire il conflitto ucraino a ogni costo. Ma sa che quel conflitto ha un enorme costo. Quello che non sa o non ha voluto dire è se abbiamo un piano strategico per fronteggiare la crisi energetica - si parla di ambiente e di riattivare il carbone che ormai costa più dell’oro, oltre 440 dollari a tonnellata è quotato in Australia - e il boom dei prezzi alimentari. Ma come non ce l’ha l’Italia non lo ha neppure l’Europa: l’unica preoccupazione per ora sembra quella di far contento Volodymyr Zelensky. Nella sua informativa alle Camere, ieri il presidente del Consiglio ha detto: «Si devono riaprire i porti dell’Ucraina per fare in modo che i milioni di tonnellate di grano lì ferme affluiscano verso le popolazioni più povere, altrimenti si rischia una crisi umanitaria». Forse non sa che quei milioni di tonnellate sono in gran parte intermediate dalle «tre sorelle» americane (Cargill, Adm e Bunge) e nei colloqui con Joe Biden poteva fargli presente che la crisi alimentare è la più seria minaccia per l’Italia. Ci sono Paesi come l’Egitto, la Tunisia, l’Etiopia, l’Algeria, il Libano, lo Yemen (solo per citare quelli più vicini a noi) che dipendono totalmente dal grano ucraino e russo. Sembra che nessuno si ricordi che le cosiddette primavere arabe s’incendiarono per un pezzo di pane, né la Nato così orgogliosa di espandersi a Nord pare considerare che ci sarà un enorme problema a Sud. Se accade l’Italia dovrà fronteggiare un’ondata migratoria senza precedenti. Non basta riaprire i porti, bisogna convincere chi sta speculando ad aprire i silos. Dice l’ultimo rapporto dell’International grain council che su una produzione mondiale di 765 milioni di tonnellate ci sono almeno 292 milioni di scorte di grano disponibile e rincara la dose affermando: «La speculazione ha fatto salire i prezzi in misura anomala». Il problema semmai è per la prossima campagna: si temono meno raccolti, a cominciare da Ucraina e Russia, passando per Francia e Canada. Chi sta messa male è proprio l’Italia, non arriverà a 4 milioni di tonnellate di grano, dovremo importarne 3 milioni di duro, quasi 7 di tenero. A trovarlo si paga tanto. Ma a chi? Agli Usa e alla Cina che ormai detiene metà della produzione russa e un buon 25% di quella ucraina. Lo stesso vale per l’energia. Il presidente del Consiglio ha ripetuto: «Le stime del governo dicono che potremo renderci indipendenti dal gas russo nel secondo semestre del 2024. I primi effetti si vedranno già alla fine di quest’anno». E a chi lo spiegato Draghi? Solo all’amico Joe Biden: «Durante la mia visita a Washington ho condiviso con il presidente la strategia energetica italiana e siamo d’accordo sull’importanza di perseverare gli impegni sul clima che l’Italia intende mantenere». Strano, perché Draghi ha detto che bisogna riattivare le centrali a carbone. Che però viene anche quello dalla Russia. Ne avremmo nel Sulcis, ma bisogna riattivare le miniere. Ecco che la realtà si presenta ostinata. Sotto forma di prezzi. In Australia, che è uno dei mercati di riferimento del carbone, il prezzo è andato oltre i 440 dollari a tonnellata. Il riflesso sui mercati europei è immediato: i futures sono schizzati oltre 400 dollari con un rialzo del 100% da inizio anno, del 357% rispetto allo scorso anno. Il motivo? Indonesia e Australia hanno deciso di bloccare le esportazioni, il carbone da negletto è diventato merce rara. È lo stesso fenomeno del grano. Ora che l’India ha bloccato la sua esportazione di grano il mercato è di nuovo in fibrillazione. L’india è il secondo produttore mondiale. Il G7 si è affrettato a condannare, la Cina a difendere la scelta di Nuova Delhi motivata con la necessità di garantire la sicurezza alimentare del Paese. Gli Usa hanno fatto con Tom Vilsak, segretario all’agricoltura, la voce grossa definendo la mossa «sconsiderata». La verità è che il Sud del mondo dal carbone al grano comincia a fare di testa sua. E noi andiamo alla guerra, ma senza piani strategici. Non c’è un piano di emergenza energetico europeo, la presentazione del RepowerUe è più un libro di buone intenzioni e di nuove costrizioni, non c’è un piano strategico italiano. Se ci stacchiamo dal gas di Mosca pagheremo il gas liquefatto il doppio e lo sostituiremo anche con il carbone - rispettando l’ambiente s’intende - che costa tre volte tanto. Se rispettiamo le indicazioni dell’Unione europea teniamo la terra incolta per non danneggiare l’ambiente ma paghiamo il grano duro 550 euro a tonnellata e quello tenero 460, con il prezzo della pasta che arriva a 5 euro al chilo e quello del pane al doppio. Mario Draghi parlando alla Camere ci racconta cosa ha detto a Biden, ma non sa cosa dire agli italiani.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)