2020-09-15
Grande intasamento su Autostrade. Finché non si vota è tutto bloccato
Paola De MIcheli (Getty images)
La trattativa tra i Benetton e Cassa depositi e prestiti per l'uscita di Atlantia da Aspi si è arenata. I nodi da sciogliere sono il prezzo e le manleve da conseguenze giudiziarie in caso di crolli o altri imprevisti. Tutto fermo, fino alle elezioni di domenica e lunedì prossimo: la trattativa tra i Benetton e Cassa depositi e prestiti per l'uscita di Atlantia da Autostrade per l'Italia si è arenata e le previsioni non lasciano presagire nulla di buono. La situazione è bloccata: il governo, almeno fino alle elezioni di domenica e lunedì prossimo, non muove un dito, anche perché la situazione politica è in continua evoluzione e lo stesso ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, viene considerata a rischio-rimpasto. Le ipotesi sul tavolo sono diverse, compresa quella riportata da Bloomberg, che ha portato due settimane fa a un forte rialzo in Borsa del titolo di Atlantia, che ha parlato espressamente di un piano ancora preliminare con uno scorporo di Aspi dalla stessa Atlantia per una quota al 70%. Per definire il quadro, come riportato dall'Ansa, mancano ancora alcuni punti importanti come il rinnovo della convenzione e il Pef, il Piano economico finanziario con gli investimenti per rinnovare e mantenere la rete autostradale. Sono questi dati decisivi per fare una valutazione in base ai criteri del Discounted cash flow che è il metodo per «prezzare» il valore di un investimento in una società in base al suo futuro flusso di cassa. Inoltre: Quanto vale Aspi? Stime attendibili parlano di 11/12 miliardi di euro. Lo scorso 14 luglio il governo aveva annunciato con enfasi l'accordo raggiunto per la graduale uscita di Atlantia da Aspi: un aumento di capitale da 3-4 miliardi che porterebbe Cdp a detenere il 31-33% di Autostrade per l'Italia nella quale alla fine, quando ci sarà lo scorporo da Atlantia e la quotazione, i Benetton sarebbero scesi attorno al 10-11% con l'ingresso di nuovi investitori attorno al 20-22% che si affiancheranno agli attuali Silk road fund e Allianz. L'accordo segnava di fatto la nazionalizzazione della rete autostradale. L'uscita del gruppo veneto da Autostrade per l'Italia e l'ingresso dello Stato richiede procedure «che si misurano nell'arco di un anno: entro settembre ci sarà un primo passaggio molto rapido di perdita di controllo», aveva spiegato il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli dopo il lungo e tormentato Cdm della notte dello scorso 14 luglio, che, come primo punto, aveva visto mettere nero su bianco che «il Consiglio dei ministri ha ritenuto di avviare l'iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione» con Aspi, «fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell'accordo transattivo».Aspi ha rinunciato a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del Ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi contro le delibere dell'Autorità di regolazione dei trasporti e i ricorsi per contestare la «riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all'articolo 35 del dl Milleproroghe, che ha ridotto l'indennizzo in caso di revoca da 23 a 7 miliardi.In caso di un mancato accordo, il governo potrebbe riprendere in mano la procedura di revoca della concessione. Un braccio di ferro che, stando a indiscrezioni attendibili, ruota anche intorno alla spinosa questione delle manleve: in sostanza, Cdp vuole essere sollevata da qualunque conseguenza giudiziaria in caso di crolli o altri imprevisti imputabili alla gestione precedente.Dunque, tutto è ancora in alto mare: due anni dopo il crollo del Ponte Morandi, già ricostruito e inaugurato, ancora nessuno è in grado di dire se la trattativa tra Atlantia e Cassa depositi e prestiti andrà effettivamente in porto. La holding dei Benetton, se la trattativa saltasse, potrebbe decidere di mettere le azioni sul mercato, e a quel punto per Cdp acquistarle sarebbe molto più dispendioso.«La trattativa», ha detto a La Stampa il viceministro alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, del M5s, «va a rilento: sembra che Atlantia faccia di tutto per perdere tempo. Comprendo la complessità dell'operazione ma adesso la si sta tirando troppo per le lunghe. Per cui lo Stato torna a fare lo Stato e come la prima volta ha imposto un documento sul quale era accettabile o un sì o un no, senza margine di trattativa, adesso pretendiamo che entro tempi certi, settembre (massimo primo ottobre), la questione si chiuda», ha aggiunto Cancelleri, «perché sulla trattativa fra privati il governo non entra, non ne ha titoli ma sul rispetto dei punti non transige». Parole, parole, parole: la cruda realtà è molto diversa, e fa temere che alla fine di questa storia ci si potrebbe ritrovare punto e a capo. Per il governo sarebbe una figuraccia stratosferica: tocca attendere cosa accadrà dalla prossima settimana, quando le elezioni saranno passate.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)