2021-01-11
Il governo traccheggia sulla crisi e ferma i bonus per le aziende
Mentre Matteo Renzi e Giuseppe Conte sono impegnati nel braccio di ferro, mancano ancora 176 decreti attuativi per la sola legge di bilancio. Un quadro devastante che si aggiunge ai gravi ritardi del Ristori 5 atteso dalle imprese.La Roma della politica discute e si avvita in una crisi dall'esito ancora imprevedibile: intervistato su La Repubblica, Matteo Renzi (che ha poi rilanciato su Twitter) ha inviato a Giuseppe Conte l'ennesimo ultimatum, alzando la posta in gioco e facendo ancora crescere la tensione: «Abbiamo chiesto di sciogliere i tanti nodi aperti. La risposta è stata: ci vedremo in Parlamento. A me sembra un errore politico e un azzardo numerico». E Teresa Bellanova ha aggiunto: «Il tempo è davvero finito. E questa esperienza per me è archiviata».È evidente che, se si andasse a uno scontro in Aula, incollare i cocci risulterebbe difficilissimo. C'è invece chi, nella maggioranza, lavora a una classica crisi extraparlamentare: rappattumare prima in qualche modo, e presentarsi alle Camere solo a soluzione politica trovata. Intanto, dum Romae consulitur, la Sagunto dell'economia rischia di essere espugnata: e non solo a causa del lockdown strisciante, che di fatto impedisce alle imprese di lavorare e di progettare una vera ripartenza (ancora per un tempo indefinito), ma pure per la mancata attuazione di una serie di leggi e decreti, a partire dalla legge di bilancio. Un'analisi del Sole 24 Ore ha fissato a 176 il numero dei provvedimenti attuativi necessari a seguito della sola legge di bilancio: si va dai provvedimenti connessi a lavoro e sanità a una pioggia di bonus (per mobili, veicoli elettrici, ecc).Ma non finisce qui: c'è anche la selva di tutti gli altri decreti attuativi che ancora non sono stati varati a seguito dei vari provvedimenti (decreti legge e dpcm, manovra a parte) varati dal governo dall'inizio della pandemia. Per dare un'idea, secondo un'analisi di metà ottobre del Centro studi Confindustria, gli interventi decisi dal governo fino a quel momento prevedevano l'adozione di 208 decreti attuativi (137 nel decreto rilancio, 37 nel decreto agosto e 34 nel cura Italia). Di questi, allora, ne erano stati adottati soltanto 64. Pochi giorni dopo, non differivano molto le stime di Openpolis, che aveva allargato la ricerca anche ad altri provvedimenti governativi. Per il Cura Italia servivano 34 decreti attuativi e ne erano stati adottati solo 24; per il decreto rilancio ne servivano 137 e ne erano stati adottati 52; per il decreto semplificazioni ne sarebbero mancati 38; per il decreto agosto ancora 36. Considerando anche altri decreti bisognosi di attuazione, il computo complessivo di Openpolis parlava in quel momento di ben 200 provvedimenti ancora da varare, circa due su tre di quelli allora necessari. Provate a sommare i 176 provvedimenti richiesti dalla manovra più gli altri mancanti (nella parte non affrontata da ottobre ad oggi) e avrete un quadro devastante. E la situazione si aggrava se si considera che in qualche caso ci sono termini temporali da rispettare, e in qualche caso no, il che rende tutto ancora più vago e indistinto. Si pone dunque la questione gigantesca delle risorse stanziate ma bloccate: si dà l'annuncio mediatico di un intervento, si crea una legittima attesa nei cittadini e nelle imprese, e poi tutto viene invece inghiottito dalle sabbie mobili di un'attuazione lenta o inesistente. È il caso (per fare un solo esempio) del credito di imposta per gli aumenti di capitale delle imprese sotto i 50 milioni di euro di fatturato, bloccato da quasi un semestre.E a questa situazione va aggiunto ciò che La Verità ha già scritto la scorsa settimana: anche uno scostamento di bilancio ulteriore da 20 miliardi non sarebbe sufficiente a coprire tutte le esigenze di gennaio. Sentito dal Corriere della Sera, il ministro Roberto Gualtieri ha fatto sapere che il prossimo scostamento sarà in misura superiore a quanto annunciato (24 e non 20 miliardi). Tuttavia è la sequenza temporale a preoccupare.Prima, infatti, deve esserci il Cdm dedicato al Recovery plan (domani: ma l'esito è appeso alla contesa tra Conte e Renzi). Dopo di che, ammesso che i giallorossi si ricompattino, sarebbero varati il decreto ristori quinquies e lo scostamento. Sforamento che però, com'è noto, richiede il via libera di entrambe le Camere a maggioranza assoluta: operazione che a sua volta rende necessario un minimo di intesa con le opposizioni, pena l'impossibilità di raggiungere quota 161 al Senato. E già così (quindi con l'ipotetico esito della crisi più favorevole al governo) gennaio resterebbe scoperto. Le cose potrebbero ulteriormente peggiorare in caso di crisi politica prolungata o addirittura deflagrata senza soluzione. Nel frattempo, le imprese sono destinate a restare senza i denari loro promessi.