2024-02-20
Il governo chiude l’era indiana dell’Ilva
Invitalia accusa il socio di non garantire la continuità aziendale e chiede l’amministrazione straordinaria nonostante la manfrina di Mittal sul concordato. A breve la nomina di un commissario. Adolfo Urso: ci sono molti gruppi interessati, all’indotto andrà un miliardo.Comincia la battaglia legale sulla ex Ilva. Domenica l’azionista di minoranza Invitalia, partecipata dallo Stato, ha aperto le porte ai commissari inviando al ministero della Imprese e del Made in Italy l’istanza per richiedere l’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia. Nel comunicato, Invitalia ha sottolineato che il socio privato - ovvero Arcelor Mitttal - si è mostrato «indisponibile a garantire la continuità aziendale o a sciogliere la joint venture in modo equilibrato e conforme alle normative vigenti anche di fonte europea nell’ambito di una situazione di crisi non dipendente dalla volontà né da responsabilità gestionali della parte pubblica». Immediata è stata la risposta di Acciaierie d’Italia Spa che ha chiesto invece che venga presa una misura alternativa depositando domanda di concordato con riserva, una procedura che si può attivare in presenza di grossi debiti per provare a evitare il fallimento di un’azienda attraverso la negoziazione con i creditori di una ristrutturazione del debito. La mossa legale di AdI è una procedura che prevede altri 60-120 giorni prima di presentare il concordato preventivo che serve a evitare un fallimento. Il decreto legge 4/2024, (quello che ha rafforzato la possibilità che Invitalia chieda l’amministrazione straordinaria, già prevista da un altro decreto di gennaio 2023) stabilisce però che dalla data della presentazione dell’istanza di accesso all’amministrazione straordinaria da parte dei soci e sino alla chiusura della procedura, sono interdette la presentazione e la prosecuzione delle domande di accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza. Venerdì scorso, inoltre, il giudice del Tribunale di Milano, Francesco Pipicelli, ha rigettato la richiesta di misure cautelari e protettive avanzata da Acciaierie per tutelarsi rispetto ai principali creditori e a vantaggio della composizione negoziata della crisi, spinta da Acciaierie in alternativa all’amministrazione straordinaria. Lo stesso giudice, nei giorni precedenti, aveva rigettato la richiesta di Acciaierie finalizzata a bloccare Invitalia dal chiedere al Mimit l’amministrazione straordinaria e dichiarato che non c’è anticostituzionalità nel dl del 2023 che prevede che un socio pubblico possa chiederla. A stretto giro ieri è arrivata anche la replica del gruppo franco-indiano guidato da Aditya Mittal che accusa il socio pubblico: «Siamo sorpresi e delusi», ha scritto la società in una mail rivolta a Invitalia che, viene evidenziato, «non ha condiviso la sua intenzione con il board di Acciaierie d’Italia tenuto di recente e nessuna informazione è arrivata a tal proposito». «Si tratta di una grave violazione dell’accordo di investimento. Nelle ultime settimane», aggiunge ArcelorMittal, «si sono svolte intense discussioni per cercare di raggiungere un accordo equo per fornire supporto ad Acciaierie d’Italia o per la nostra uscita ordinata. Abbiamo partecipato pienamente e in buona fede a queste discussioni e respingiamo il tentativo di incolpare noi per il loro esito insoddisfacente e di assolvere voi stessi e il governo italiano per il fallimento del nostro partenariato pubblico-privato. Ci riserviamo tutti i diritti». Lo scontro, insomma, è durissimo. In questo clima ieri sera il governo ha incontrato i sindacati nella sala monumentale della presidenza del Consiglio. A presiedere il confronto è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ma hanno partecipato anche i ministri Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso, Raffaele Fitto e Marina Elvira Calderone. Presenti al tavolo, i segretari generali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil, Ugl Metalmeccanici, Usb. Mantovano, secondo le ricostruzione dei presenti avrebbe garantito che nelle prossime ore, massimo nei prossimi giorni, ci sarà la presa in carico dell’azienda. Sempre ieri si è tenuto anche un primo incontro con le associazioni di categoria locali sulla situazione dell’indotto. Il governo ha approntato delle misure per l’indotto con un dl specifico, ma sarebbero al momento incagliate a causa della mancata trasmissione da parte di AdI a Sace delle informazioni necessarie ad attivare le garanzie sui crediti. Spetta ora al ministro Urso verificare se sussistono le condizioni necessarie per l’avvio della procedura di commissariamento. In caso affermativo, sarà il tribunale di Milano a valutare lo stato di insolvenza della società. Una volta che AdI Spa passerà sotto il controllo del Mimit, la palla passerà ai commissari: circola il nome di Carlo Mapelli, docente al dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano e già consigliere designato di Acciaierie d’Italia. «Ci sono più interessi di più imprese multinazionali a investire sulla siderurgia in Italia, la gara verrà fatta in tempi brevi», ha dichiarato ieri il ministro Urso. Affermazione che potrebbe essere letta come un riferimento al magnate ucraino Rinat Akhmetov, il patron di Metinvest, che controllava l’Azovstal di Mariupol poi distrutta dall’esercito russo e che ha già firmato un protocollo d’intesa per l’area di Piombino. Lo stesso ministro ha poi chiarito che e che il governo metterà a disposizione della Regione Puglia un miliardo di euro per sostenere i lavoratori dell’indotto e che verrà nominato un solo commissario che conosce bene l’azienda. Un lungo ritratto assai critico di Urso è, intanto, comparso proprio ieri sulle pagine del Foglio. E c’è chi scommette che nelle prossime settimane a cavalcare la battaglia sull’Ilva contro governo e Mimit saranno anche Carlo Calenda e Matteo Renzi.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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