2021-02-04
Governatore e segretario: Zinga 2 disastri
Fermi da un anno i rimborsi degli acconti incassati dalla società che non ha mai consegnato le mascherine. L'opposizione va all'attacco. La Procura di Roma accelera sull'inchiesta per frode in pubblica fornitura.Il partito che si considera il più istituzionale ha preso una legnata dopo l'altra senza mai fare una scelta che non fosse contraddittoria. Il segretario-ologramma ha una precisa idea del potere ma nessuna di Paese.Lo speciale contiene due articoli.Le mascherine, in questo Carnevale sottotono, continuano a dare dispiaceri e non solo al commissario straordinario per l'emergenza Covid Domenico Arcuri. Per esempio il governatore del Lazio Nicola Zingaretti non riesce a farsi restituire gli acconti versati per dispositivi mai arrivati. E non parliamo di noccioline, ma di quasi 13 milioni di euro versati sulla fiducia alla Ecotech Srl, ditta specializzata in lampadine che si era spericolatamente lanciata nel business.L'ultimo aggiornamento sulla vicenda è arrivato ieri attraverso la replica a un'«interrogazione a risposta immediata» del 29 ottobre 2020 (sic). Il consigliere della Lega Orlando Tripodi chiedeva «chiarimenti urgenti sulle penali applicate (da 10.000 euro al giorno, ndr) alle ditte inadempienti per la fornitura dei Dpi e sui fondi pubblici anticipati dalla Regione Lazio» e il 3 febbraio, in diretta streaming, ha avuto la soddisfazione di ricevere una risposta. L'assessore al Bilancio Alessandra Sartore ha, infatti, riepilogato che alla Ecotech, «oltre alla richiesta di restituzione degli acconti versati sono state applicate penali per complessivi 320.000 euro e 730.000 euro a titolo di esecuzione in danno», con tanto di ricorso al decreto ingiuntivo. Ma se le sanzioni ammontano a poco più di un milione, che fine ha fatto l'intero tesoretto accreditato a marzo dalla Regione alla Ecotech? Non si sa. «Sono stati a oggi recuperati complessivamente 1.746.000 euro» ha dovuto ammettere la Sartore. Cioè esattamente la stessa cifra che era stata già restituita nel maggio del 2020. Da allora più niente.Sulla carta la Ecotech avrebbe dovuto fornire alla Regione Lazio 7,5 milioni di dispositivi di protezione (Ffp3, Ffp2 e chirurgiche), per un valore complessivo di 35,8 milioni di euro, e in cambio aveva incassato un sontuoso anticipo da 14,6 milioni di euro. Le consegne sarebbero dovute avvenire tra il 23 marzo e il 6 aprile 2020. Ma l'11 aprile era stata consegnata solo la fornitura di mascherine chirurgiche con marchio cinese (mentre tutte le altre dovevano essere prodotti della 3M), costate 1,4 milioni di euro.Per questi ritardi, con due atti del 29 marzo e del 2 aprile, la Protezione civile, nella persona di Carmelo Tulumello, aveva revocato alla Ecotech due affidamenti da 25,2 milioni di euro, confermando solo quello da 10,6 milioni di euro per le mascherine chirurgiche. Ma il 10 aprile, a sorpresa, la Regione aveva rinnovato la fiducia alla Ecotech. I due contratti erano stati confermati perché la Ecotech, a detta della Regione, aveva rilasciato «idonea garanzia fidejussoria» pari al valore dell'acconto, dopo aver dimostrato «l'effettiva realizzabilità della fornitura», anche attraverso la consegna della copia di una certificazione delle mascherine, che si è poi scoperto essere fasulla. In realtà anche le polizze firmate dalla Regione con la Seguros Dhi-Atlas ltd di Andrea Battaglia Monterisi si sono dimostrate carta straccia. La giunta laziale ha provato a escuterle, ma la società di intermediazione finanziaria con base a Londra si sarebbe opposta al risarcimento. «Per questo ci siamo rivolti all'autorità giudiziaria e sono stati emanati decreti ingiuntivi sia nei confronti della Ecotech che della Seguros» spiegano dall'ufficio di Zingaretti.In questa torbida vicenda l'unica buona notizia è che Battaglia Monterisi a novembre è stato assolto in un processo di camorra.Di fronte a una tale débcle gli inquirenti capitolini hanno iscritto sul registro degli indagati i vertici della Ecotech, Sergio Mondin e la moglie Anna Perna, con l'accusa di frode in pubblica fornitura. Gli imprenditori hanno subito scaricato la colpa sui loro subfornitori, la Exor Sa del milanese Paolo Balossi e la Giosar della padovana Stefania Cazzaro.Dalla Procura guidata da Michele Prestipino fanno sapere che, a livello giudiziario, potrebbero esserci presto novità.Cesare Gai, avvocato dei manager della Ecotech, commenta: «Non mi risulta nessuna novità se non la proroga del termine delle indagini preliminari». E la restituzione dei denari a che punto è? «Siamo fermi alla solita cifra perché i mediatori ci prendono in giro da maggio. Abbiamo iniziato una serie di azioni, perché è inaccettabile quello ciò che hanno fatto. Auspico che vengano restituiti i soldi o che almeno arrivino le mascherine, visto il protrarsi della pandemia». Però anche il legale ammette che a marzo di un anno fa i dispositivi erano stati valutati un prezzo oggi impensabile.L'11 maggio scorso la Regione aveva comunicato di aver recuperato, attraverso due distinti bonifici, 1 milione dalla Exor e 746.000 euro dalla Ecotech. Da allora più niente, anche se l'azienda importatrice di lampadine aveva presentato un piano di rientro rapido dei 13.520.000 euro di anticipi. In particolare la Exor avrebbe dovuto restituire 3,5 milioni entro il 22 maggio, la Giosar 4,74 entro la fine dello stesso mese e 3,5 milioni avrebbero dovuto essere ricavati dalla vendita di altri dispositivi di protezione. Niente di tutto questo è successo.Ma la Ecotech non è l'unica azienda alla quale si era rivolta la Regione per acquistare Dpi mai arrivati: «Nei confronti della Internazionale Biolife sono state applicate penali per 2,74 milioni complessivi e si sta procedendo all'accertamento in entrata» ha dichiarato ieri l'assessore Sartore. Mentre alla European Network sono stati contestati ammanchi nelle forniture per un importo complessivo di 320.900 euro, «che la ditta stessa ha riconosciuto, emettendo le relative note di credito».Dopo le dichiarazioni della Sartore è intervenuta anche la consigliera di Fratelli d'Italia Chiara Colosimo, la quale, per prima, aveva denunciato le stranezze dell'affare Ecotech.«Nella casse della Regione di Zingaretti mancano più di 12 milioni di euro, ma tutti i responsabili continuano ad essere saldamente ai loro posti, capo della protezione civile regionale in testa […]. I soldi da qualche parte saranno transitati, i cittadini del Lazio attendono fiduciosi risposte certe almeno dalla Giustizia». Che non dovrebbero tardare.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/governatore-e-segretario-zinga-disastri-2650284418.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="zingaretti-ha-gia-dimenticato-conte-ennesima-giravolta-di-un-pd-sbandato" data-post-id="2650284418" data-published-at="1612397285" data-use-pagination="False"> Zingaretti ha già dimenticato Conte. Ennesima giravolta di un Pd sbandato «A Zingaretti serve un navigator. Può farsene prestare fino a 3000 da Di Maio». La stilettata del peone piddino dà l'idea dello smarrimento della balena rossa davanti alla slavina della crisi che ha travolto Giuseppe Conte e ha fatto comparire, immenso sul limitare del bosco, il salvatore della patria. Come si presumeva, il gallo non ha ancora cantato tre volte che il Pd ha già seppellito l'ex premier con il doppiopetto, la pochette, il ciuffo, Rocco Casalino e «il nuovo umanesimo italiano». Al Nazareno si sono svegliati e si sono ricordati di essere andati tutti a scuola con Mario Draghi. Seduto sulle macerie proprio nell'anno del centenario del Pci, Nicola Zingaretti non ha dubbi: «Con lui si apre una fase nuova, non dobbiamo perdere la forza e la potenzialità di un'alleanza con il Movimento 5 stelle e Leu, basata su proposte comuni per il futuro dell'Italia». Se per Zinga è semplice ripartire da zero, non lo è per i pentastellati e neppure per i postcomunisti che si ritrovano a dover digerire «l'apostolo delle élites» (pennellata di Alessandro Di Battista) e il «campione dell'establishment» sceso dal Britannia. Per l'ex Disobbediente leonka Nicola Fratoianni votare il numero uno dei banchieri sarà dura. Il primo confronto sul tema arriva subito, con esito interlocutorio anche per il niet di Beppe Grillo («Restiamo fedeli a Conte»). Si teme il voto su Rousseau. Mai una gioia, ci sarà da lavorare. Il Pd non può permettersi di perdere pezzi di alleanza, e pur di tenerla in piedi promette un ministero a Conte, che per ora declina. Non è ancora la sera del giorno zero che Dario Franceschini, il gran tessitore di sacrestia, ha già dato la linea in un'intervista a Huffington Post: «L'appello del capo dello Stato va ascoltato, il Pd non si è mai sottratto alla responsabilità di fronte al Paese. Ora la sfida è salvare il rapporto fra noi e i 5 stelle dentro il nuovo quadro. L'alleanza strategica deve rimanere, agli amici pentastellati dico: attenti a non rovesciare le parti. Attenti, di fronte a un richiamo come quello di Sergio Mattarella, a non produrre un esito paradossale: la maggioranza che si spacca e la destra disponibile per senso di responsabilità». Il rischio è che proprio l'ex premier stia terremotando il campo pentastellato, ma Franceschini non ha dubbi: «Sono convinto che Conte sarà il primo e più convinto sostenitore di Draghi». Come passare in una notte da una disfatta a un nuovo luna park. A rimorchio ecco Giorgio Gori, ala riformista: «La differenza fra Monti e Draghi è che il primo arrivò per frenare lo spread e tagliare la spesa mentre il secondo avrebbe 209 miliardi da investire per modernizzare il Paese. Il Pd deve giocarsela da protagonista». E poi Andrea Marcucci, capogruppo dei senatori: «Assicuriamo da ora una collaborazione fattiva, chiediamo un confronto a tutto campo su Recovery, vaccini ed economia». E infine Roberto Gualtieri, ministro silurando: «Dobbiamo creare le condizioni perché Draghi sciolga positivamente la riserva». La subalternità è la cifra di un centrosinistra fragile, contraddittorio, guidato da quello che gli stessi commentatori di area definiscono «un tappo di sughero, un ologramma». Fin qui l'unico obiettivo raggiunto da Zingaretti non è merito suo ma di Matteo Renzi: rimettere nel sarcofago il segretario ombra Goffredo Bettini e rimandarlo idealmente in Thailandia a osservare dalla sua pagoda la politica italiana «per capirla meglio». Il resto è un disastro, macerie di un partito che ha una precisa idea del potere ma nessuna idea di Paese. E che nell'ultimo anno e mezzo ha avuto un solo obiettivo: galleggiare sulla palude digerendo tutto e il suo contrario. La filosofia del numero uno è racchiusa in una serie di contraddizioni da romanzo distopico: «Mai con il Movimento 5 stelle», «Sempre con il Movimento 5 stelle». «Mai più con Renzi», «Nessun veto su Renzi». «O si rifà lo stesso governo o si vota», «Come dice Sergio Mattarella, votare non ha senso». Fino alla gag delle ultime 24 ore: «O Conte o le elezioni», «Pronti a sostenere Draghi». E questa è coerenza. La linea del partito è qualcosa che sta fra il tracciato di uno slalom speciale, il rapporto di un sismografo in una zona vulcanica e la riga tratteggiata da Giuseppe Sala a Milano sulle mappe delle fermate per mostrare la M4 che non esiste. Ipotesi, suggestioni, pericoli fascisti. Ora Zinga ha anche un incubo nascosto: gli effetti che Mario Monti nel 2011 ebbe sul partito allora guidato da Pier Luigi Bersani, uscito a pezzi da quel sostegno acritico in nome dell'Europa mentre il Paese soffriva. Un arrocco dopo l'altro, Zingaretti è all'ultima partita di scacchi. Ormai è come l'intendenza per Charles De Gaulle: «Seguirà». Stile cocker. La smania di portare con sé la banda grillina potrebbe diventare il capolinea di un segretario così impalpabile da sembrare trasparente. «L'unica volta che ha vinto ha dovuto nascondersi», gli ricordano al comitato centrale. Fu quando, alle elezioni in Emilia Romagna, Stefano Bonaccini lo pregò in ginocchio di togliere dai manifesti il suo volto e il simbolo del partito.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)