2024-08-15
Lo sceriffo Usa vuole lo spezzatino di Google
Sundar Pichai, Ceo di Google (Getty Images)
Il colosso californiano ha perso la causa contro l’autorità Antitrust che lo accusa di avere il monopolio sui motori di ricerca. Rischia lo scorporo forzato di Android, Chrome e AdWord. La sentenza mette in allarme le mega aziende di Internet.Dopo che Google la scorsa settimana ha perso la battaglia con l’Antitrust americana sul monopolio quasi incontrastato del suo motore di ricerca, ora per Big G potrebbe mettersi piuttosto male. Il dipartimento di Giustizia a stelle e strisce sta infatti valutando come affrontare la questione e limitare il dominio di Big G nelle ricerche online. È quanto afferma il New York Times secondo cui le opzioni possibili includono la richiesta di scorporare alcune parti delle attività di Google, tra cui Chrome o il suo sistema operativo per smartphone Android oppure Adword che si occupa di pubblicità o rendere i dati disponibili ai concorrenti o costringere l’azienda ad abbandonare i costosi accordi stipulati con aziende come Apple che hanno reso il motore di ricerca l'opzione predefinita.D’altronde, nel 2020 Google è stata citata in giudizio dal Dipartimento di Giustizia per aver monopolizzato il settore della ricerca online, escludendo concorrenti come DuckDuckGo o Bing di Microsoft. Così pochi giorni fa un giudice federale ha dato ragione al dipartimento di Giustizia, concludendo che Google ha monopolizzato il mercato dei motori di ricerca online. Google ha già dichiarato che intende appellarsi.La questione ricorda molto da la prima grande causa antitrust tecnologica tra gli Stati Uniti e Microsoft, dove nel 1998 venne stabilito che la creatura di Bill Gates monopolizzava i sistemi operativi dei computer portando anche alla scomparsa di Internet Explorer.Gli analisti del settore hanno già fatto sapere che una separazione obbligata di alcuni business del colosso di Mountain View sarebbe una ingiusta forzatura e che, poiché Google (guidata dall’ad Sundar Pichai) ricorrerà in appello, il processo potrebbe durare anni. Ad ogni modo, il dipartimento di Giustizia e Google hanno tempo fino al 4 settembre per trovare una soluzione mentre il 6 settembre è prevista l'udienza per pianificare i prossimi passi. Vista l’entità della questione, sono già molti gli esperti secondo cui il dipartimento di Giustizia potrebbe «fare le pulci» ad altri big del settore come Apple, Amazon o Meta. In effetti, c’è da crederci visto che Apple è già stata colpita da una causa federale antitrust con l’accusa di aver creato un monopolio sul mercato degli smartphone. Certo è che il consolidamento nel settore tecnologico è già in aumento e si prevede che continuerà, alimentato dall'ascesa dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie che ne derivano. Appare quindi improbabile che, nonostante l’intensificarsi dei controlli antitrust, si possa arrivare a una significativa disgregazione dei principali operatori. Anche se le modifiche dei modelli di business e un controllo minuzioso delle fusioni e acquisizioni saranno a lungo al centro dell’attenzione degli organi di vigilanza.Va ricordato che la prassi di dividere i business delle grandi aziende americane appare come una pratica piuttosto usuale da parte del dipartimento di Giustizia. Senza considerare che l’Antitrust americana è nata nel 1890 con l’obiettivo di smantellare qualunque forma di monopolio che possa nuocere al mercato. A maggio gli sceriffi del mercato hanno fatto causa a Ticketmaster accusandola di aver instaurato un regime di monopolio nel campo della vendita di biglietti per eventi sportivi e musicali. Anche in questo caso, si starebbe considerando di separare Ticketmaster dal suo proprietario Live Nation Entertainment perché questo monopolio potrebbe «soffocare la concorrenza» controllando praticamente ogni aspetto dell’intrattenimento, dalla promozione dei concerti alla vendita dei biglietti. Il risultato è una «lista infinita di costi a carico dei fan» ha dichiarato il procuratore generale coinvolto nel caso. Divenne molto famoso il caso del colosso delle telecomunicazioni AT&T a cui nel 1982 venne ordinato di scorporare le Bell Operating Companies, che fino a quel momento avevano fornito il servizio telefonico locale negli Stati Uniti e Canada. Anche in quel caso, l’obiettivo della sentenza era rompere il monopolio del colosso delle tlc, l’unico fornitore di servizi telefonici in gran parte degli Stati Uniti. Non molto diverso il caso di Amazon, accusata dalla Federal Trade Commission a settembre dell’anno scorso di aver abusato di una posizione monopolista nel campo del commercio online. Il procedimento, iniziato dalla Ftc insieme a 17 Stati, potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui gli americani fanno acquisti sul web. Secondo le accuse, la società fondata da Jeff Bezos porterebbe avanti illegalmente un monopolio su settori della vendita al dettaglio online schiacciando i commercianti e favorendo i propri servizi. «La causa punta a chiedere ad Amazon di rendere conto di queste pratiche monopolistiche e di ripristinare la promessa perduta di una concorrenza libera ed equa», ha affermato Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission. Anche in questo caso si starebbe valutando l’ipotesi di uno scorporo di alcuni business del gruppo di Seattle.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)