
Mentre l'ormai incontinente Pierre Moscovici ci dà degli xenofobi, l'ambasciatore americano definisce il nostro Paese «la quintessenza della democrazia in azione». Una frustata agli economisti da salotto (tv) che vanno raccontando balle sulla tenuta dei nostri conti.Allora, vediamo di fare chiarezza su un po' di balle che vengono propagandate in questi giorni a proposito della manovra del governo. Cominciamo dallo spread. Fa ridere e anche un po' di pena leggere e ascoltare alcuni commentatori che si sbracciano a spiegarci gli effetti nefasti dello spread. I suddetti ci intrattengono sostenendo l'inesistenza di complotti contro il nostro Paese, insistendo sulla normale reazione dei mercati i quali, spaventati di fronte alle decisioni della maggioranza pentaleghista, avrebbero deciso di voltare le spalle ai nostri titoli di Stato. Peccato che a negare il complotto siano gli stessi che per anni ci hanno riempito la testa con il complotto dello spread, ovvero con il golpe contro il governo Berlusconi. Per difendere il Cavaliere hanno scritto alcune enciclopedie allo scopo di sostenere che il differenziale fra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi fosse un falso problema. Anzi, un artifizio malvagio escogitato da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, che avrebbero ordinato alle loro banche di non comprare più titoli di stato italiani per fare fuori il beneamato Cav. Come da strumento del diavolo lo spread si sia all'improvviso trasformato in un messaggio benedetto da Dio, che dovrebbe indurre Luigi Di Maio e Matteo Salvini a rinsavire, non è ben chiaro. Se lo spread era brutto, sporco e cattivo perché aveva indotto Berlusconi alle dimissioni, com'è che all'improvviso è diventato invece bello e buono, e dovrebbe indurre i gialloblù a fare le valigie, o per lo meno a fare marcia indietro? La spiegazione resta un mistero, affidata alle capriole politiche oltre che a quelle giornalistiche.E ora veniamo ai miliardi bruciati in Borsa, che secondo alcuni sarebbero 30. In realtà non è successo nulla di tutto ciò e chi scrive queste cose dimostra di non capire nulla di come funzioni il mercato. A Piazza Affari non c'è stato nessun falò, semplicemente le azioni hanno perso valore. Se tutti i detentori dei titoli oggetto di flessione avessero venduto, certamente l'investimento avrebbe registrato una perdita di 30 miliardi e dunque si potrebbe parlare di soldi bruciati. Però così non è stato, perché al momento del calo non tutti, ma solo una piccola parte dei possessori di azioni ha deciso di vendere. Gli altri hanno tenuto le azioni nel loro portafogli e per loro non è cambiato nulla. Fra un giorno o fra un anno la quotazione potrebbe essere tornata dove stava oppure addirittura salita. E in questo caso che diremmo? Che i miliardi, da bruciati, sono improvvisamente riapparsi come l'Araba Fenice?Lo stesso discorso vale per chi scrive che da venerdì scorso si sono persi 5,7 miliardi per il rialzo dello spread. La verità è che lo Stato non ha perso niente, perché da venerdì a oggi non ci sono state nuove emissioni e dunque non c'è stato rialzo dei tassi d'interesse sui titoli di stato. Lo spread registra l'andamento sul mercato, non quello che lo Stato deve pagare. I 6 miliardi sono semmai il costo che l'Italia dovrebbe sopportare se per tutto l'anno prossimo fosse costretta a finanziarsi sul mercato con un tasso che tenga conto di uno spread a 300 punti. Ma questa è altra cosa rispetto a dire che in tre giorni si sono persi 5,7 miliardi.E adesso arriviamo al deficit, ossia a quella percentuale che fa tanto agitare l'Europa. Bruxelles era disposta a tollerare un deficit allo 1,9 per cento, ma non può sopportarlo al 2,4 per cento, perché - questo dicono i soloni che pontificano in tv - significa che il nostro Paese rischia la bancarotta. Bene e allora cerchiamo di capire di che cosa si tratti. L'Italia nel 2017 ha fatturato 1.716 miliardi e il deficit al 1,9 significherebbe una spesa oltre le entrate di 32,6 miliardi di euro. Nel caso in cui il deficit salisse al 2,4 per cento la spesa salirebbe a quota 41,2 miliardi. Secondo i soloni da salotto (tv), ciò significa che un Paese che abbia 1.716 miliardi rischia il fallimento perché spende 8,5 miliardi in più. Gli stessi economisti da telecomando, però si sono leggermente distratti, perché non ricordano che da quando è iniziata la stagione dei governi che rispettano le regole e si inginocchiano a Bruxelles, il debito pubblico, quello che preoccupa tanto l'investitore di Detroit che tutela le pensioni americane, è aumentato di 407 miliardi. Già, perché nell'ottobre del 2011, quando salì lo spread e Berlusconi scese dalla poltrona di Palazzo Chigi, il debito era a quota 1.916 miliardi e ad agosto scorso - fonte Banca d'Italia - aveva raggiunto i 2.323 miliardi.Conclusione: ma quante balle ci raccontano in tv e sui giornali?Ps. Ieri il fallito ministro dell'Economia francese che ha trovato una seconda occupazione come commissario europeo, tal Moscovici, ha detto che in Italia c'è un governo xenofobo. L'ambasciatore americano in Italia, ossia la voce di Trump, ha invece dichiarato che il governo Conte è «la quintessenza della democrazia in azione». Giudicate voi chi abbia ragione e chi invece tema di perdere la cadrega alle prossime elezioni europee.
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




