
Un chimico sbagliò a scrivere il contenuto di ferro: 35 milligrammi anziché 3,5. Popeye divenne così testimonial del loro potere rinvigorente. Coltivati in Persia 4.000 anni fa, in Italia furono diffusi dalle benedettine. Caterina de' Medici ne andava ghiotta.Nell'immaginario collettivo sono il turbo che esce dalla scatoletta di latta per dare forza a Braccio di ferro, l'eroe dei cartoons nato, nel 1929, dalla fantasia di Elzie Segar. In realtà gli spinaci sono un prodotto della terra che affonda in radici lontane. Tracce della loro coltivazione rimandano in Persia, nel Duemila avanti Cristo. Poi, da lì, sembra si siano diffusi in Cina. Giunsero attorno all'anno Mille in Spagna. Qualcuno sostiene grazie agli arabi. Secondo altre fonti, invece, per mano dei Crociati. Nel XII secolo un autore arabo, Ibn al-Awwan, li considerava il principe degli ortaggi per le loro virtù nutritive, anche se non godevano di particolari considerazioni alle tavole borghesi e aristocratiche. Spinaci molto utilizzati, invece, dalle classi subalterne per farne zuppe e minestroni. Poco dopo ne scrisse Abul al-Arbuli, valorizzandone le proprietà lassative ed emollienti. Giunsero in Italia attorno al Quattrocento e si diffusero in Toscana grazie alla coltivazione negli orti delle suore benedettine. Loro prima testimonial fu Caterina de' Medici. Quando prese la via di Parigi per sposare il futuro re di Francia, Enrico II, si portò al seguito cuochi capaci di trattare proprio gli spinaci. Da lì la nascita di una preparazione in uso ancora oggi, ovvero gli spinaci «à la florentine». Un letto di spinaci su cui si dispongono uova o filetti di pesce, lessati e poi ricoperti di salsa Mornay (una sorta di besciamella), fiocchetti di burro e parmigiano passati poi al forno. Il boom arrivò attorno all'Ottocento. Diversi i fattori favorenti. Sono un prodotto che cresce senza grandi pretese. Nelle diverse varietali vengono coltivati in tutte le stagioni, con predilezione per quelle fresche (primavera e autunno). Possono tranquillamente sfruttare la fertilità lasciata da altre coltivazioni (ad esempio intercalati al frumento), e sanno intrattenere rapporti di buon vicinato con diverse altre coltivazioni, dalla cicoria al radicchio. Oltre a essere molto versatili in cucina, il loro consumo si è sviluppato grazie anche alla notevole capacità, una volta surgelati, di essere cucinati senza perdere il sapore. Un tempo, nella farmacopea rurale, venivano utilizzati come impacco in caso di scottature o per stimolare la cicatrizzazione di piccole ferite cutanee. È vero che Braccio di ferro ha fatto bucare loro lo schermo per le proprietà legate al ferro e quindi alla potenza muscolare anche se, in realtà, la storia è un po' diversa. Correvano i tempi della grande depressione e, in qualche modo, bisognava trovare un escamotage per dare vigore all'alimentazione delle tavole sempre più impoverite degli americani. Complice un errore di trascrizione verificatosi alcuni decenni prima, si immaginò che gli spinaci fossero una miniera di ferro, addirittura 35 milligrammi per 100 grammi. Nel 1870, infatti, un chimico tedesco, Erik von Volf, sbagliò a porre una virgola trascrivendo i suoi dati, e così 3.5 divenne 35. La verità venne ristabilita nel 1937, ma oramai le performance di Braccio di ferro avevano fatto schizzare le vendite degli spinaci alle stelle anche se, in realtà, vi erano altri prodotti che, da sempre, di ferro ne contenevano dosi ben maggiori, come ad esempio le lenticchie, 9 milligrammi, o i ceci, 6.7 milligrammi. Ferro utile sotto diversi aspetti, principalmente quello di favorire il trasporto di ossigeno nel sangue. Sono a bassissimo tasso calorico. Contengono molte vitamine, in particolare la C che aiuta il fegato a ripulire l'organismo dalle sostanze tossiche. L'acido folico stimola la produzione di globuli rossi ed è utile nella prevenzione di alcune forme neoplastiche, in particolar modo a livello di seno e prostata, oltre a essere una barriera contro i processi ossidativi legati all'invecchiamento. Consigliatissimi nella dieta delle puerpere e poi in corso di allattamento. Spinaci dalle mille virtù anche per il loro contenuto di luteina, protettiva verso cataratta e degenerazione maculare, oltre al fatto che, come tutti i vegetali, essendo ricchi di fibre favoriscono il defluire di sostanze potenzialmente tossiche per l'intestino. In cucina gli spinaci sono molto versatili. Le loro proprietà si possono assimilare al meglio se mangiati crudi, le piccole foglie in insalate che, con succo di limone, permettono di assorbire in maniera ottimale le varie componenti. Un grande classico sono le fettuccine paglia e fieno con piselli e prosciutto. Possono rientrare nella composizione di molte preparazioni, con le relative varianti regionali. Ecco i malfatti, in Lombardia, sorta di gnocchetti con ricotta, uova e parmigiano cugini, per certi versi, dei canederli in uso nel Trentino. Oppure gli spätzle, gnocchetti più piccoli, altoatesini, la cui «morte» è con panna e speck. Spinaci pronti a entrare in impasti diversi, come ad esempio i friulani cialzons, sorta di ravioli con cioccolato, uvetta e cedro, o i veneti tortelli di spinaci e ricotta. Un impasto «nature», cioè non rivestito da alcuna sfoglia, abbinato a ricotta, quello degli gnudi toscani, diffusi tra Maremma e Mugello e ancora i culurgiones, intriganti ravioli sardi. Come contorno possiamo incontrare gli spinaci alla genovese così come alla romana o alla partenopea, con abbinamenti diversi. Nella letteratura gastronomica di loro si sono occupati Nino Bergese e Pellegrino Artusi. Il primo con gli spinaci alla viroflay, sorta di involtini a base di spinaci e parmigiano, e l'altro che ne ha codificato la preparazione classica entrata in ogni casa, spadellati con burro e accompagnati poi in vario modo. Protagonisti di torte salate, dallo strudel alla genovesissima torta pasqualina, le cui prime tracce affondano nel Cinquecento, testimone Ortensio Lando, quando era chiamata ancora gattafura. Oppure l'erbazzone, detto così perché un tempo la sfoglia veniva farcita con quello che offriva il campo, dalle erbe selvatiche alle biete e, infine, dai più disponibili spinaci. Spinaci eclettici, quindi, tanto da trovare cucine d'autore che li hanno saputi valorizzare, come ad esempio nel circuito dei ristoranti del Buon Ricordo. A Cortina d'Ampezzo, da Beppe Sello, si preparano le sfogliatine ai funghi porcini e spinaci, un tributo alla storia locale. Qui sono presenti nella variante detta del buon Enrico, spinaci di montagna quindi, che crescono fino a 2.000 metri. Hanno contribuito a salvare i valligiani dalle devastanti carestie dei secoli passati, anche se il loro uso, un tempo, era più domestico che alimentare, venendo usati come tinture per capelli o per lucidare i paioli di rame. Altro piatto del Buon ricordo guadagnato sul campo dagli spinaci alla Gostilna (Trattoria) Devetak, nel Carso goriziano, con lo strudel di spinaci. Ma anche i mestoli stellati hanno posto gli spinaci nella loro hall of fame. Pietro Leeman che nel suo Joia, a Milano, si è inventato «anima mundi», un omaggio alla terra ispirato da un passaggio di Platone, «Oh, mio caro pianeta», tradotto al piatto con un tortino di patate, spinaci, cialde croccanti farcite di insalata e formaggio. E poi il «divin» Gualtiero Marchesi, pioniere della nuova cucina italiana. Il suo raviolo aperto ha fatto l'epoca, icona fotografica ancor oggi. Due sfoglie di pasta, di cui una verde agli spinaci, a racchiudere, in forma aperta, delle capesante. Da ultimo, al dessert di questa spinaceide golosa, Massimiliano Alajmo, tristellato delle Calandre, nel Padovano, che ha pensato bene di collocare gli spinaci al dessert con il suo After six. Una preparazione a base di crema verde di spinaci, menta e crema di fragole rosse. Una piccola madeleine della memoria di quando, al momento di soffiare la sua sesta candelina, mamma Rita Chimetto (una delle prime cuoche stellate italiane) gli presentò una specie di Topo Gigio con gli stessi ingredienti che lui ha poi rielaborato in forma diversa. Ne han fatta di strada, quindi, gli spinaci da quando sono saltati fuori dai barattoli scolati a man bassa da Braccio di ferro...
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