2020-10-17
Gli scatti della Marogna sempre vicina al cardinale nel «paradiso» sardo
Cecilia Marogna e Angelo Becciu (Ansa)
La dama, arrestata, rifiuta l'estradizione: in Vaticano rischia fino a cinque anni di pena. Fu denunciata già nel 2010: era accusata di aver sottratto auto aziendale, pc e cellulare.Sul profilo Facebook di Cecilia Marogna, la sedicente analista geopolitica arrestata su ordine del Vaticano, ha pubblicato foto che paiono realizzate all'interno della Segreteria di Stato, dei giardini vaticani e pure dell'appartamento/ufficio del cardinale Angelo Becciu. Non solo quello dentro alla Santa Sede, ma pure quello di Pattada (Sassari), paese d'origine del prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi.Ma a colpirci è stato soprattutto uno splendido scorcio di Golfo Aranci, a cui la presunta Mata Hari sarda, il 16 agosto 2017, aveva aggiunto un enigmatico commento: «Chi ti vuole bene condivide il suo paradiso con te!». Il riferimento non sembra alla Sardegna, essendo sia Becciu che la Marogna originari dell'isola, ma a quella precisa località del Golfo, conosciuta come Spiaggia bianca. In un'altra foto, scattata nel medesimo luogo l'estate scorsa, si vede Becciu dire messa. Davanti a lui, una donna con vestito a fiori che secondo le nostre fonti sarebbe proprio Ci Emme, come è conosciuta sui social la Marogna. A partecipare alla funzione ci sono almeno altre dieci persone. Una di queste è Antonio Satta, ex deputato ed ex vicesegretario dell'Udeur di Clemente Mastella, oggi sindaco di Padru in rappresentanza dell'Unione popolare cristiana: «Ad agosto il cardinale è solito passare qualche giorno di vacanza in questa zona e la domenica dice messa in uno spazio vicino al mare». Becciu non ha una casa di proprietà, ma soggiorna in un appartamento in un comprensorio costruito da imprenditori di Pattada, suo paese d'origine. «I costruttori non sono parenti del cardinale. Se paga l'affitto? Non lo so. Le posso dire che la sua casa non ha la vista sul mare e dista 500-600 metri dal luogo della messa». Il sindaco tiene a precisare di avere grande stima per Becciu. In attesa di capire se davvero il prelato sia stato truffato dalla sua consulente, ieri la Marogna si è presentata davanti alla quinta sezione penale della Corte d'Appello di Milano per essere identificata dopo la convalida dell'arresto avvenuta mercoledì e ha rifiutato di essere estradata nello Stato del Vaticano per essere processata con l'accusa di appropriazione indebita aggravata e peculato.In passato la Marogna era già stata denunciata per furto a Cagliari nel 2002 e per appropriazione indebita l'8 marzo 2010. A presentare querela presso la stazione dei carabinieri di Stagno (Livorno) era stato Arcangelo Rizzuti, liquidatore della Master Spa, ditta specializzata nella produzione di telefonia fissa per la Telecom e distributore nazionale della Nokia. La Marogna, venditrice esterna della ditta, non aveva reso auto aziendale, pc, cellulare e altro materiale di cui l'azienda le aveva chiesto la restituzione. La donna all'epoca risultava residente a Cagliari ma, in riferimento alla querela, «è risultata irreperibile» e quindi, almeno inizialmente, non c'è stata la nomina di un avvocato. Non sappiamo come sia finito il procedimento penale. Dopo due lustri Rizzuti non ha più memoria del fatto: «Mi chiamarono come liquidatore, ma di quella denuncia non ricordo. L'azienda poi è fallita. Forse per sapere come sia finita la vicenda bisognerebbe contattare il curatore fallimentare». In ogni caso, dieci anni dopo, la Marogna è di nuovo accusata di appropriazione indebita.Per quanto riguarda il peculato, invece, secondo il codice penale vaticano per commettere il reato occorre essere «il pubblico ufficiale, il pubblico ufficiale straniero o il funzionario di un'organizzazione internazionale pubblica, che sottrae, si appropria indebitamente o usa in modo illecito, a vantaggio proprio o di altri, qualsiasi bene, fondo o valore pubblico o privato o qualsiasi altra cosa di valore che sia stata a lui affidata a causa delle sue funzioni». Costui è punito con la reclusione da tre a cinque anni, con la interdizione perpetua dai pubblici uffici e una multa non inferiore a euro 5.000. Se il danno è lieve o interamente risarcito prima dell'inizio del giudizio, la interdizione dai pubblici uffici è temporanea e la reclusione è da uno a tre anni.La donna è considerata un pubblico ufficiale a causa della lettera di accreditamento del 17 novembre 2017, firmata dal cardinale Becciu. Nel documento si legge: «Il sottoscritto, Sua eccellenza monsignor Angelo Becciu, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, dichiara di conoscere la signora Cecilia Marogna e di riporre in Lei fiducia e stima per la serietà della sua vita e della sua professione. La signora Marogna presta servizio professionale come analista geopolitico e consulente relazioni esterne per la Segreteria di Stato-sezione Affari generali». I promotori di giustizia vaticani contestano l'uso dei 575.000 euro trasferiti dalla Segreteria di Stato sul conto della società slovena Logsic d.o.o., aperta dalla signora nel dicembre del 2018. Un testimone ha anche accusato la Marogna di aver consigliato alla Santa Sede di inviare 550.000 euro a una società di sicurezza e intelligence con sede in Inghilterra e a Dusseldorf, il gruppo Inkerman. In passato la Marogna, a quanto risulta alla Verità, avrebbe cercato di farsi accreditare, senza fortuna, presso una società impegnata nello stesso settore, ma con quartier generale in Svizzera, il Brasidas group.Adesso la decisione se consegnare o meno la Marogna alla giustizia della Santa Sede spetta ai giudici della Corte d'Appello e, in caso di ricorso, a quelli della Suprema Corte di Cassazione.
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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Silvia Salis (Imagoeconomica)