2018-12-01
Gli intrallazzi di Fico per spaccare il M5s
Come un novello Gianfranco Fini, l'attuale presidente della Camera rema contro. Prima rompe con l'Egitto e scatena la reazione del Cairo: «Ingiustificabile». Poi si schiera per il Global compact e attacca il decreto sicurezza. L'obiettivo? Guidare i grillini «di sinistra».Se è vero che tre indizi fanno una prova, è lecito concludere che Roberto Fico - da solo o incoraggiato da altri - stia lavorando alacremente, utilizzando in modo impropriamente politico una funzione che dovrebbe essere super partes, per aprire una crisi nella maggioranza, separare le strade tra 5 stelle e Lega, o, in subordine, spaccare il Movimento 5 stelle. Primo indizio. L'altra sera, intervistona in pompa magna al Tg1, registrata tra gli stucchi e i tendaggi dei suoi uffici, per annunciare che «Montecitorio sospenderà ogni tipo di relazione diplomatica con il Parlamento egiziano, fino a quando non ci sarà una svolta vera nelle indagini e l'avvio di un processo sul sequestro, la tortura e l'uccisione di Giulio Regeni». Ora, fermo restando il cordoglio per l'atroce delitto contro il ricercatore italiano, è una cosa fuori dal mondo che il presidente della Camera annunci una «sua» politica estera, distinta da quella del governo. Di sconfinamenti (da Gianfranco Fini a Laura Boldrini) se ne sono visti tanti, ma l'idea che un presidente d'assemblea indichi una linea autonoma di politica internazionale è una sgrammaticatura senza precedenti. Ieri la presidenza della Camera ha fatto sapere che la decisione sarebbe stata «condivisa» dalla conferenza dei capigruppo. Se fosse vero, ciò confermerebbe la dabbenaggine dei capigruppo che avessero dato il proprio assenso: ma non sanerebbe lo strappo. Anche perché non risulta che il plenum della Camera si sia pronunciato, che ci sia stato il voto di una mozione o di una risoluzione: alla faccia della mitica «centralità dell'Aula», un mantra fichiano.Sbrego di forma, ma anche di sostanza, peraltro. Ma come? C'è un governo che organizza conferenze (Palermo) per rimettere a fuoco un protagonismo italiano in Nord Africa, a partire dalla Libia, e Fico si assume la responsabilità di aprire un fronte con l'Egitto? Peraltro, a peggiorare le cose, anche Di Maio gli è andato dietro («Se non arrivano risposte dall'Egitto ne trarremo le conseguenze»). E infatti, prevedibile e puntuale, è arrivata l'irritata reazione egiziana, con il Parlamento del Cairo che ha espresso «stupore e rammarico» per la posizione di Fico, definita un «atteggiamento ingiustificabile». La controreplica è toccata al ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che ha convocato l'ambasciatore egiziano, Hisham Badr, parlando di «forti inquietudini nel Paese». Secondo indizio. Ieri, nuova entrata a gamba tesa, stavolta sul Global compact, per dire che va votato: «Assolutamente sì. Ritengo che l'Italia dovrebbe dire sì al Global compact e invito tutti a leggersi davvero questo accordo, perché ci consentirebbe di non restare soli nella gestione dell'immigrazione. Serve all'Italia per non isolarsi». Opinione a nostro avviso drammaticamente sbagliata, fino alle virgole: ma, appunto, un'opinione di parte, un'entrata nel merito. Esattamente ciò che un presidente della Camera non dovrebbe fare, essendo semmai tenuto a garantire e rappresentare sia i deputati favorevoli sia quelli contrari. Anche qui non sfugge la volontà di creare un incidente con Matteo Salvini, che ha notoriamente idee opposte e che, a stretto giro di posta, ha risposto a Fico: «Faccia votare, e il Parlamento deciderà». Terzo indizio, sempre ieri. A margine di una conferenza, i giornalisti lo interpellano sul fatto che il giorno prima non abbia partecipato alla votazione sul decreto sicurezza, notoriamente uno degli atti qualificanti del governo, e gli chiedono se la defezione sia da interpretare come una presa di distanza. E lui? «Avete interpretato bene», risponde. «Non ne ho parlato prima perché sono presidente della Camera e rispetto il mio ruolo istituzionale. Ma se parliamo nel merito del provvedimento dopo che è stato approvato, quello è un altro discorso». Autogol clamoroso, avendo fatto un istante prima il contrario sul Global compact, su cui - come abbiamo visto - ha espresso un giudizio di merito ben prima del voto parlamentare. Intervistato da Sky Tg24, Matteo Salvini ha risposto a Fico così: «Non ho capito se lo abbia letto e dove sia il problema, visto che il decreto aumenta la lotta a mafia e racket». Poi la frase chiave del leader del Carroccio, che ha messo il dito nella piaga politica: «Tutto quello che stiamo facendo, lo stiamo facendo insieme a Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, abbiamo fatto un contratto». Eppure a Fico non basta ancora, e replica di nuovo: «L'ho letto, l'ho letto. Ma ci sono tante cose che non avrei voluto leggere al suo interno...». Nel tentativo di salvare capra e cavoli, è intervenuto anche Di Maio, negando l'evidenza della divaricazione e cercando di «coprire» Fico: «Che Fico non fosse d'accordo con il decreto sicurezza lo sapevamo, e da presidente della Camera apprezzo molto il fatto che abbia aspettato l'approvazione definitiva per poi dichiarare la sua contrarietà». Gran silenzio invece al Quirinale, dove - a quanto pare - non suscita preoccupazione il fatto che il presidente di uno dei due rami del Parlamento usi Montecitorio come uno sgabello per fare il capocorrente o direttamente il capogruppo di opposizione. La sensazione è che ci sia stata una fase in cui il gioco delle parti Di Maio-Fico reggeva: l'uno governativo, l'altro pronto a qualche «segnale» per tener buona l'ala movimentista dei 5 stelle. Ma ora si esagera, ed è evidente che, continuando così, la corda finirà per spezzarsi: a maggior ragione se ogni giorno si mettono in causa le scelte più delicate del governo.Anche nel Movimento, non sono pochi quelli che ammettono il reale stato delle cose: c'è chi prepara (per dopo le europee o forse addirittura già prima) una rottura con la Lega, perfino correndo il rischio di spaccare il Movimento o di azzoppare definitivamente la claudicante leadership di Di Maio. Obiettivo? Congiungere una parte consistente del M5s alla sinistra derenzizzata. Il che è complementare con i movimenti renziani (raccontati ieri dalla Verità) per operazioni neonazarene in salsa centrista con Forza Italia. Politicamente, si aprirebbe un'autostrada per Salvini, con il resto del panorama politico diviso tra una sinistra-sinistra (a guida Fico-Pd) e un centrino neonazareno. Ma è evidente che, in uno scenario del genere, la vita del governo Conte e della relativa maggioranza non sarebbe lunga, né facile.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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