2021-07-18
Gli immigrati servono solo se li scegliamo
Il territorio è invaso da migliaia di sbandati senza documenti, che dopo lo sbarco non trovano un sistema che realmente li inglobi quindi finiscono ai margini o nel crimine. Con un censimento e delle strutture educative, potrebbero essere risorse per davveroBisognerebbe dare più attenzione al degrado della società italiana. I settori critici sono molteplici: aumentano i numeri di chi è in povertà assoluta e dei giovani senza istruzione entro una tendenza di invecchiamento medio generale che non è contrastata da sufficienti sia nuove nascite, sia immigrazione di forza lavoro ad alta propensione di attivismo ed integrazione. Inoltre, sull’8,1% di popolazione straniera residente in Italia (misurato nel 2019) c’è una parte - che i miei collaboratori di ricerca hanno stimato attorno alle 200.000 unità - che vive in condizioni di estrema marginalità, incertezza documentale, di cui una parte alimenta reti criminali. Nella stima ci sono anche migliaia di immigrati dalla Cina gestiti dalle triadi o comunque allocati in condizioni bestiali di lavoro e residenza. In attesa che la politica si accorga che bisognerebbe passare da un «welfare redistributivo/assistenziale» inefficace perché lascia deboli i deboli, oltre ad essere scusa per apparati abnormi che rendono improduttiva molta spesa pubblica, ad un «welfare di investimento» che trasformi i deboli in forti, questi 200.000 soggetti vanno schedati, eventualmente istruiti o espulsi sul serio, nonché liberati dalla schiavitù imposta dalle organizzazioni che ne hanno favorito l’immigrazione. Capire per agire. Sono riuscito a parlare con alcuni giovani di colore che spacciavano cocaina: disperati, ricattati dal capobanda, ma con certa istruzione di base e disponibili ad una vita normale se qualcuno gliene desse la possibilità. Due su tre (il terzo stava preparando la fuga dalla banda per raggiungere il fratello in Germania) li ho indirizzati a famiglie di amici illuminati e facoltosi perché ne prendessero tutela. Ho aspettato alcuni mesi per scrivere questo pezzo perché volevo vedere nei fatti se l’investimento su questi giovanotti avesse funzionato. Ha funzionato. È irrilevante sul piano statistico? Certo, ma è rilevante per chiedere un censimento specialistico su questo tipo di immigrati allo scopo di capire chi potrà e vorrà essere qualificato e chi no. Ci sono tanti dati di censimento continuo, ma non una ricerca mirata alla qualificazione. È noto, infatti, che molti immigrati, ricevuto il foglio di via o una «punzonatura», poi vagano sbandati nel nostro territorio. Tale ricerca dovrebbe essere condotta dalle forze di polizia per motivi di sicurezza. La logica. Io seguo i principi dell’utilitarismo economico anche perché ho notato che alla fine producono effetti etici e di valorizzazione umana più degli approcci solidaristici e moralistici, per esempio dai un vestito al povero immigrato, ma senza lo sforzo di dargli una prospettiva. Ma devono essere trasformati. Dove e come? In luoghi di formazione differenziata per età. Evidentemente l’attribuzione di tratti negativi ad un breve periodo di confinamento può essere evitata con investimenti e metodi adeguati, cosa ora inesistente. Pericoloso offrire agli immigrati un periodo di istruzione ed un percorso di qualificazione perché ciò attirerebbe più ondate di immigrazione? C’è un rischio, ma quello maggiore è lasciar circolare sul nostro territorio degli sbandati. Inoltre, i flussi migratori - situazioni di fuga dalla guerra a parte - sono guidati da bande di traffico umano che anche distribuiscono una visione mitica e illusoria della migrazione, purtroppo esaltata da alcune organizzazioni sedicenti umanitarie che si accordano con tali bande per ricevere e portare i flussi in Europa invece di denunciarli in modo che le forze di polizia o militari possano distruggerle con raid fuori area. Ho in mente uno schema generale di gestione delle immigrazioni? Certo, prendere dal mondo il capitale umano migliore predisponendo un’organizzazione di qualificazione rapida degli individui affinché possano essere produttivi sul nostro territorio. Ma scelti attraverso un programma competitivo nelle Americhe, Europa, Asia e Oceania e meno in Africa. Per l’Africa l’Ue dovrebbe fare investimenti che creino opportunità in loco nonché investimenti militari per rovesciare i regimi autoritari più scandalosi che bloccano lo sviluppo. La logica è competitiva sul piano della qualità del capitale umano. Infatti suggerisco di andare in concorrenza con Londra per attirare i giovani a rischio di repressione a Hong Kong, offrire ai giovani ingegneri indiani e russi una prospettiva in Italia, eccetera. Ma prima di tutto dobbiamo bonificare l’Italia dall’immigrazione dequalificata e ci vuole un censimento selettivo, finora mai tentato, per capire come debba essere trattata, realisticamente. www.carlopelanda.com
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)