2020-02-28
Gli immigrati della Sea Watch nella caserma delle fughe. E gli attivisti fanno le vittime
Schiaffo del governo alla Sicilia: la nave sbarca 194 persone a Messina dove saranno ospitate in una struttura poco sicura. L'equipaggio della Ong frigna per la quarantena.Scontri a Lesbo e Chio dove il governo vuole costruire altri centri di detenzione.Lo speciale contiene due articoliNonostante il «niet» del governatore siciliano Nello Musumeci la Sea Watch 3 attracca al porto di Messina con i suoi 194 migranti, tra cui 19 donne e 31 minori, tirati a bordo nei giorni scorsi dai volontari della Ong tedesca al largo della Libia. Musumeci aveva comunicato al premier Giuseppe Conte che la caserma individuata per ospitare i migranti in quarantena, la Gasparro di rione Bisconte, non era adeguata. La caserma, trasformata in centro d'accoglienza, presenta diverse vie di fuga e, infatti, in passato gli immigrati si sono volatilizzati a decine. E a dicembre 2018 ci fu addirittura una incontenibile fuga di massa. «In un contesto di allarme come quello attuale», aveva affermato Musumeci riferendosi all'allerta coronavirus «suona come una sfida al popolo siciliano pensare di fare sbarcare altri 194 migranti in Sicilia». E lo schiaffo è arrivato. Per precauzione contro il coronavirus, Musumeci aveva sottolineato le «criticità igienico sanitarie» legate all'accoglienza dei migranti. Il governatore siciliano chiedeva quindi di effettuare la quarantena a bordo della nave o, in alternativa, cercare un altro porto. Nisba. Alle 14.30 di ieri gli immigrati sono sbarcati a Messina. Ai primi controlli nessuno di loro presentava evidenti patologie o febbre. Ma il coronavirus ha un periodo di incubazione e al momento non è certo che tra gli immigrati scaricati dalla Sea Watch 3 non ci siano contagiati. È stata disposta quindi la quarantena nella caserma delle fughe per gli immigrati e a bordo della nave per i membri dell'equipaggio. Gli attivisti dell'Ong tedesca hanno subito inscenato una protesta. E, con una nota, hanno polemizzato: «Le autorità hanno annunciato un periodo di quarantena: a terra per le persone soccorse, a bordo per l'equipaggio. Nel rispetto delle precauzioni sanitarie adottate, riteniamo discriminatoria l'applicazione esclusiva della misura a navi di organizzazioni non governative». Come se per le Ong ci fosse un salvacondotto anche per il coronavirus. Il leader del Carroccio Matteo Salvini è stato molto duro con la maggioranza giallorossa, ricordando lo stop, che era stato deciso proprio dal governo il 24 febbraio, al corridoio umanitario col Niger. E ha evidenziato tutte le contraddizioni: «Lo stesso governo che dall'inizio dell'anno ha spalancato i porti per 2.359 immigrati (contro i 262 dello stesso periodo di un anno fa), ha bloccato un corridoio umanitario che prevedeva l'arrivo di 66 profughi dal Niger». Per le Ong, invece, niente stop: «In Italia, con questo governo», ha affermato Salvini, «le Organizzazioni non governative sono sempre al di sopra della legge. Decidono dove e quando sbarcare, possono speronare i finanzieri senza conseguenze, vengono addirittura invitate al Viminale, pretendono la cancellazione dei Decreti sicurezza e portano centinaia di immigrati senza alcuna restrizione. Il governo è succube delle Ong, è complicità o incapacità?». E addirittura il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che in passato ha concesso la cittadinanza onoraria all'equipaggio della Sea Watch, chiedeva misure maggiori: «Vi è una necessità di isolamento precauzionale di tutte le persone a bordo per la tutela loro o di chi è a terra? Se vi è (e lo dicano gli esperti in materia e all'Usmaf, l'Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera), si valuti se tale isolamento può essere fatto a bordo della nave o no in condizioni di assoluta sicurezza». Ma le autorità sanitarie, come anticipato da Musumeci, hanno dichiarato inadeguata la caserma Gasparro allo scopo. «È una decisione grave», ha commentato Musumeci, «che non rispetta la dignità dei migranti e le preoccupazioni dei siciliani. Sarebbe stato più umano indirizzare la nave in un porto attrezzato e in un territorio lontano dalla emergenza sanitaria. Ne prendiamo atto». Dopo la Ocean Viking, approdata domenica mattina a Pozzallo con 274 migranti subito messi in quarantena nell'hotspot siciliano, e con la stessa misura disposta a bordo per i 32 membri dell'equipaggio della nave gestita da Medici senza frontiere e Sos Mediterranée, la Sicilia è costretta a farsi carico del secondo sbarco. E, così, al molo Norimberga del porto di Messina, i medici, con tute e mascherine, hanno effettuato il primo screening per la misurazione della temperatura. Gli operatori delle forze dell'ordine erano equipaggiati con indumenti protettivi.Le Ong, però, sono sul piede di guerra: Mediterranea, per esempio, sottolinea che a Palermo da una nave da crociera sono scese migliaia di persone di varie nazionalità, senza che sia stata adottata alcuna misura precauzionale. Alle Organizzazioni non governative, insomma, la quarantena sta stretta, perché tiene ferme le due navi umanitarie, la Ocean Viking e la Sea Watch 3, in un momento in cui continuano ad arrivare richieste di soccorso da gommoni e barconi. L'ultimo Sos che richiedeva un taxi del mare, infatti, è arrivato giovedì sera da parte di 44 persone a bordo di un gommone bianco fermo in acque internazionali. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gli-immigrati-della-sea-watch-nella-caserma-delle-fughe-e-gli-attivisti-fanno-le-vittime-2645320140.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-isole-greche-non-ne-possono-piu-di-accogliere-nuovi-migranti" data-post-id="2645320140" data-published-at="1757786729" data-use-pagination="False"> Le isole greche non ne possono più di accogliere nuovi migranti Oltre 60 feriti, scontri continui tra polizia e manifestanti, tensione alle stelle. È un fine febbraio rovente quello che si sta consumando in Grecia, in particolare nelle isole di Lesbo e Chio, dove da lunedì notte non c'è pace; gli stessi appelli alla calma del premier Kyriakos Mitsotakis, finora, sembrano serviti a poco, con la popolazione letteralmente inferocita alla notizia dell'apertura di nuovi centri di detenzione per migranti. E dire che si tratta di una decisione già annunciata, lo scorso novembre, proprio da Mitsotakis. Tutto ha avuto inizio nei giorni scorsi, quando il governo sostenuto da Nea Dimokratia ha espropriato con procedimenti d'urgenza dei terreni per realizzare gli annunciati centri di detenzione in cui raccogliere i migranti provenienti dalla Turchia. Non solo. Contestualmente sono stati inviati pure i macchinari per l'inizio dei lavori nella speranza la cosa potesse passare un po' sotto silenzio. Piano non riuscito, evidentemente. Da lunedì notte, infatti, a Lesbo e Chio, è esplosa la tensione, già sfociata in scontri diretti tra popolazione e forze dell'ordine. La situazione è degenerata, con 53 feriti solo nella giornata di mercoledì - 43 poliziotti e 10 manifestanti -, soprattutto nell'isola di Lesbo, con il nuovo centro di accoglienza che dovrebbe sorgere vicino al villaggio di Mantamados, famoso per un monastero dedicato all'Arcangelo Michele e la forte presenza del Kke, il partito comunista greco. Non è un caso che là gli scontri abbiano visto e vedano per protagonisti, in aggiunta alla popolazione, esponenti della sinistra antagonista, convinti che un nuovo centro per migranti sarebbe in realtà una piattaforma di tortura più che di accoglienza, coi nuovi arrivati ammassati in condizioni disumane. A Chio, dove invece le mobilitazioni registrano una più forte componente di una sigla politica di segno opposto, Alba Dorata, gli scontri hanno visto finora 8 poliziotti feriti. È tuttavia doveroso precisare che in entrambe le isole, sia pure per motivazioni diverse, l'obbiettivo delle proteste è il medesimo: impedire la costruzione di nuovi centri di accoglienza. Un passaggio sul quale invece il governo greco crede molto, come prova pure un dispiegamento di forze (con l'invio di due navi cariche di 600 agenti, idranti ed escavatori) che da quelle parti non si ricordava dai tempi dei colonnelli. Ad esasperare gli animi della gente è soprattutto il fatto che a Lesbo, Samo, Chio e Cos, le principali isole nei pressi delle coste turche, i migranti non è che oggi scarseggino, anzi: ne sono ospitati già 42.500. Un numero che può apparire relativo se preso in assoluto, ma che diventa enorme se si pensa che le citate isole, tutte assieme, contano poco più di 200.000 residenti complessivi. La quantità dei migranti alloggiati in queste isole è elevata anche se si considerano i posti effettivi messi a disposizione nei centri attualmente operativi, che non arrivano a 8.900. Motivo per il governo greco, tempo addietro, aveva promesso che avrebbe ridotto i richiedenti asilo a 20.000. Una promessa in totale contraddizione con la disposta costruzione dei nuovi centri, alla notizia della quale sono detonate le proteste che dicevamo. Nelle scorse ore, verosimilmente anche per allentare la tensione, si è optato per ritiro delle squadre antisommossa che erano state inviate sulle isole. Una decisione che in televisione il portavoce del governo, Stelios Petsas, ha dichiarato essere maturata alla luce della conclusione della prima fase del lavoro preparatorio per la costruzione dei nuovi centri. La sensazione è però che tale tregua nasconda altro, e cioè la prima vera crisi dell'esecutivo greco. Da parte sua lo stesso Mitsotakis ha deciso di incontrare il governatore della regione in cui si trovano Lesbo e Chio, Kostas Moutzouris, insieme a cinque sindaci delle isole. La versione ufficiale è che ciò serva ad appianare le tensioni e a propiziare un clima più collaborativo; l'impressione di molti è però, appunto, che il governo – nato anche perché quei territori hanno votato conservatore proprio in vista della chiusura delle frontiere e dell'allontanamento dei migranti – si trovi ora in un vicolo cieco. Come se non bastasse, sulla Grecia si sta abbattendo un altro guaio, il coronavirus, con i primi tre casi di contagio, due dei quali riguardano due donne, una di Atene l'altra di Salonicco, entrambe da poco rientrate da Milano. Una notizia che, probabilmente, sta portando il governo a rivalutare la scala delle priorità.
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)