2023-07-28
Gli ideatori della Shoah si ispirarono allo sterminio del popolo d’Armenia
Il memoriale del genocidio armeno (iStock)
Nel libro di Stephan Ihrig i legami tra l’Olocausto e il Metz Yeghern, che emergono anche nei tentativi di «giustificazionismo» da parte tedesca. Tanto che gli armeni vennero definiti «ebrei d’Oriente».Un giorno dell’inverno del 1941, mentre «camminava per le strade del ghetto di Varsavia», Hermann Wygoda, «contrabbandiere del ghetto», cercava di dare un senso a ciò che stava accadendo a lui e alle persone intorno a lui: «Mi chiedevo se Dio sapesse cosa stesse accadendo sotto di Lui, su questa terra tormentata. L’unica analogia che riuscii a trovare nella storia era forse il pogrom degli ebrei ad Alessandria, al tempo del governatore romano Flacco, riportato da Filone l’Ebreo, o il massacro degli armeni da parte dei turchi durante la Prima Guerra Mondiale».Non fu l’unico a rintracciare questa similitudine. I socialdemocratici in esilio (SOPADE) riferivano continuamente sulla situazione in Germania nei loro «rapporti sulla Germania» (Deutschlandberichte). Nel febbraio 1939 ammonirono: «In questo momento in Germania è in atto l’inarrestabile sterminio di una minoranza; esso viene condotto con i mezzi brutali dell’omicidio, del supplizio fino all’assurdo, del saccheggio, dell’aggressione e della fame. Ciò che è accaduto agli armeni durante la guerra mondiale in Turchia, accade ora ai danni degli ebrei, ma in modo più lento e sistematico».Se un detenuto di un ghetto nazista usava l’esempio del Genocidio armeno come prisma per comprendere quel che stava accadendo a lui e ai suoi compagni, e se anche i socialdemocratici tedeschi in esilio usavano questo prisma per capire quel che succedeva in Germania, per quale motivo dovremmo aspettarci che gli autori ne fossero meno consapevoli, se non addirittura ispirati?Non c’è dubbio, in base alle prove presentate nei capitoli precedenti, che i nazisti avevano contezza e tratto ispirazione (almeno in parte) dal Genocidio armeno. Nondimeno, chiunque abbia familiarità con le complessità della ricerca sulla «soluzione finale» nazista e con la ricerca di documenti che contengano e quindi datino l’ordine di esecuzione dell’Olocausto, resterebbe sicuramente non poco stupito se io fossi in grado di presentare, in questa sede, la fonte o la citazione certamente capace di dimostrare che i nazisti si ispirarono direttamente al Genocidio armeno nella loro determinazione di Olocausto.Proprio perché il dibattito sul genocidio all’inizio degli anni Venti era stato così ampio e di portata vasta, e perché aveva statuito una reale consapevolezza del genocidio, un documento che indicasse il Genocidio armeno come modello operativo potrebbe potenzialmente risolvere qualsiasi dubbio sulle origini della «soluzione finale», e persino assegnarle un chiaro marchio temporale. Infatti, data la comprensione cristallina, da parte della società tedesca, del Genocidio armeno come «genocidio», la ricerca di una «pistola fumante armena» non farebbe altro che replicare la ricerca del genocidio da parte dell’ordine nazista.Con le fonti a disposizione, sarebbe tempo perso. Non esiste una pistola fumante armena. Tuttavia, esistono prove cumulative - e un gran numero di esse - che, nel loro insieme, dimostrano come i nazisti avessero chiara consapevolezza del Genocidio armeno, e come quest’ultimo abbia avuto un ruolo importante. Abbiamo esaminato la tradizione dell’anti-armenismo tedesco e il modo in cui la Germania aveva tradizionalmente inteso la violenza contro gli armeni, a partire dagli anni Novanta del XIX secolo e fino allo stesso Genocidio armeno e oltre. Abbiamo visto come la violenza contro questi soggetti, considerati equivalenti agli ebrei, sia stata scusata e persino giustificata per decenni in (gran parte del) discorso tedesco. Abbiamo ricostruito il grande dibattito tedesco sul genocidio, e la sua progressione, dall’indignazione alla negazione, fino all’accettazione e poi al giustificazionismo del genocidio. Inoltre, gli armeni certamente ebbero un ruolo nei discorsi razziali e nelle definizioni di «ariani» ed «ebrei» - discorsi che peraltro riaffermarono lo status parallelo degli armeni come «ebrei d’Oriente» o addirittura «über-ebrei», «peggiori degli ebrei», e come razza-genitrice responsabile di tutti i tratti negativi che gli anti-semiti avrebbero poi identificato negli ebrei. Il dibattito tedesco dei primi anni Venti relativo al genocidio si era concluso con una nota di giustificazione: gli armeni dovevano essere annientati a causa del loro carattere infido e parassitario; e questa era stata presentata come una necessità militare, statale, nazionale e persino razziale. Nei discorsi nazisti sulla Nuova Turchia, che a sua volta veniva dipinta come un modello per un nuovo Stato völkisch, anche l’annientamento degli armeni giocò un ruolo centrale e venne rappresentato come una necessità völkisch.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.