2021-06-29
Gli eletti sconvolti dal golpetto «Si crede ancora a Palazzo Chigi»
Alessandro Di Battista (Ansa)
Onorevoli avvelenati: «L'avvocato si è mosso per paura di Dibba». Trema pure Enrico Letta«Che fai, mi cacci?»: la conferenza stampa di Giuseppe Conte, una vera e propria Opa sul M5s, ricorda a chi lo ha vissuto quel drammatico 20 aprile del 2010, quando Gianfranco Fini, il delfino, tentò di far fuori (politicamente) il caimano, Silvio Berlusconi. Risultato: Fini se ne andò, sbattendo la porta, fondò il suo partito e naufragò, scomparendo dalla scena per sempre. Le reazioni tra i parlamentari al discorso di Conte di ieri sono un fulgido esempio di disinteresse per le vicende personali dei protagonisti: ognuno pensa solo al suo futuro, ovvero alla poltrona. I deputati e senatori al primo mandato stanno con Beppe; quelli al secondo, con Giuseppi, e non è certo un caso che un senatore come Sergio Puglia, già eletto due volte, rilanci via chat il video della conferenza stampa dell'ex premier subito dopo la conclusione. Proprio i senatori, considerati in linea di massima più vicini a Conte, si sono riuniti dopo la conferenza stampa per fare il punto della situazione.«Abbiamo assistito», dice alla Verità un deputato al primo mandato, «al delirio di un uomo che pensa ancora di essere presidente del Consiglio. Che significa che vuole una ampia maggioranza? Chiede l'acclamazione?». Su quante truppe può contare l'ex premier tra di voi? «Solo su chi è al secondo mandato», aggiunge la nostra fonte, «perché Conte ha promesso di abolire la regola, mentre Beppe non la vuole toccare». «Beppe», spiega un altro giovane deputato, «a questo punto dovrebbe fare solo una cosa: la pace con Casaleggio. Bisogna ripartire dalle basi, da chi eravamo, rifiutare la logica partitica di Conte e rimetterci in cammino riabbracciando i nostri temi storici, a partire dall'ambientalismo». L'atmosfera, tra i seguaci di Giuseppi, è di panico generalizzato: nessuno si aspettava una rottura così traumatica, e le speranze di una ricomposizione ora sono ridotte davvero al lumicino. «Conte», spiega uno dei senatori vicini all'ex premier, «vuole che la votazione sulla sua proposta si faccia al più presto perché ha il sospetto che Grillo stia già cercando un altro capo politico. Chi? Magari Di Battista, ma è una ipotesi». Non manca una cattiveria: «Quel riferimento di Conte al genitore generoso», sospira un parlamentare solitamente moderato, «è sembrata una vera e propria coltellata a Beppe». Comunque vada a finire questa soap opera, il M5s è devastato, ma il Pd non sta certamente messo meglio: Enrico Letta, in particolare, aveva puntato tutto sulla leadership di Giuseppi e adesso si ritrova, potenzialmente, con un concorrente pericoloso. Se Conte infatti dovesse fondare un suo movimento politico, finirebbe per contendere lo spazio elettorale proprio ai dem, che incautamente lo avevano designato come leader della gioiosa macchina da guerra progressista. Non solo: anche per le amministrative, la mina vagante rappresentata dall'ex premier ciuffato ora rischia di esplodere nel campo del Pd. «Il lavoro fatto sin qui», minaccia Conte durante la conferenza stampa, «anche per queste amministrative si basa su progetti forti, come il patto per Napoli, dove con Letta e Speranza abbiamo convenuto su Manfredi. Quel progetto andrà avanti, adesso mi sono cimentato lavorando con lealtà per creare un campo largo in Calabria, comunque ci sarò, anche da semplice cittadino», aggiunge Conte, «cercherò di andare nei territori e parlare alle persone chiamate alle urne». Parole che fanno tremare le vene ai polsi ai fedelissimi di Letta: se Grillo e Conte arriveranno alla rottura traumatica, la presenza dell'ex premier a Napoli e in Calabria, ovvero le uniche due realtà dove Pd e M5s hanno raggiunto un accordo politico e elettorale, diventerebbe un boomerang per i candidati a sindaco, Gaetano Manfredi, e a presidente della Regione, Maria Ventura. Manfredi, in particolare, deve già fare i conti con una frangia consistente di attivisti, consiglieri comunali e regionali pentastellati che non riconoscono l'accordo con il Pd e Leu e stanno lavorando alla presentazione di proprie liste autonome. Tra l'altro, il simbolo è nelle mani dei «contestatori», e senza un nuovo capo politico l'unico che potrebbe impedire la scissione è proprio Grillo.Infine, non si può non registrare un'altra vittoria, seppure tra le macerie di un M5s ridotto ai minimi termini, di Luigi Di Maio. Ieri il ministro degli Esteri si è tenuto bene alla larga da qualunque commento, ma Conte ha lanciato un messaggio cifrato che non è sfuggito agli osservatori più attenti: «Io non posso assumere una decisione», ha detto Conte in conferenza stampa, «solo con il cuore se la mia testa mi suggerisce che il percorso è sbagliato». «Lavoriamo», aveva detto in mattinata Di Maio, «per l'unità, usando testa e cuore. Come sempre troveremo una soluzione». Una stilettata di Conte nei confronti di Di Maio, pronto a riprendere il timone della nave pentastellata, o un segnale di pace verso uno dei suoi più acerrimi avversari interni? Non si sa. Quello che si sa, è che il M5s è prima di ogni altra cosa una creatura di Beppe Grillo, come Forza Italia lo è di Silvio Berlusconi: i tentativi di golpe finiscono sempre male.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 18 settembre con Carlo Cambi
La commemorazione di Charlie Kirk in consiglio comunale a Genova. Nel riquadro, Claudio Chiarotti (Ansa)